Regolamentare le banche
dopo la crisi: il TLAC

25/11/2014

In seguito alla crisi del 2008 le autorità mondiali stanno correndo ai ripari e cercano il modo di regolare le banche in modo da evitare che si ripeta la catastrofe. 

Era già accaduto dopo il crollo di Wall Street nel 1929: nel 1933 venne approvato il Glass-Steagall Act, che impediva alle banche di credito, cioè alle banche che raccolgono il risparmio e lo impiegano sotto la propria responsabilità, di essere anche banche di affari, cioè acquirenti e venditrici di titoli finanziari di cui le banche stesse non sono responsabili. Ma con il tempo il ricordo si è perso, la paura si è affievolita, le regole sono state lentamente rilassate e poi abolite del tutto. A coronamento di questo processo di de-regulation anche il Glass-Steagall Act venne abrogato nel 1999, aprendo la via alla deregolamentazione totale anche nel resto del mondo occidentale.

Dopo un ventennio siamo giunti ad un nuovo crollo, e il ciclo si ripete.

Prima della crisi le banche non solo si erano caricate di rischi enormi, ma erano diventate nodi di un sistema di crediti/debiti interbancari così interconnessi che il crollo di una banca avrebbe potuto trascinare nel caos l’intero sistema. Questo atteggiamento è stato in parte responsabilità dei vari governi americani, che hanno costantemente esercitato pressioni sulle banche spingendole a concedere mutui a chiunque – anche a clienti ad “alto rischio” – impegnandosi a salvare l’intero sistema finanziario in caso di crollo – un classico caso di “rischio morale”.

Da oltre due secoli le autorità monetarie sanno che soltanto se si lasciano fallire le banche è possibile porre un freno all’eccesso di rischio finanziario. Ma sanno anche che il fallimento di una banca erode la fiducia nell’intero sistema e provoca crisi di ampia portata, dunque occorre evitare il fallimento di qualunque banca “sistemica”. ‘Too big to fail’ , troppo grande per fallire, è la motivazione con cui vengono salvate le banche, ed è anche la motivazione con cui banchieri e finanzieri si avventurano in operazioni rischiose, che non costano nulla né alle loro tasche né alla loro carriera, perché dei rischi e delle perdite si faranno carico i risparmiatori e gli stati.

Ora i paesi membri del G20 stanno studiando ed adottando nuove regole per le banche. Le misure sino ad ora adottate hanno lo scopo di limitare i rischi che una banca può assumere. Ora però il Financial Stability Board (FSB) ha proposto al recente G20 di adottare misure per ridurre il livello di interconnessione fra i vari istituti di credito. La proposta è indicata brevemente come TLAC, total loss-absorbing capacity. Ogni banca dovrebbe essere proprietà di un insieme di istituzioni e finanziatori abbastanza diversi, perché in caso di fallimento porti in rovina soltanto quel gruppo di istituzioni e di finanziatori, non tutto il sistema. Questo introdurrebbe nel sistema bancario un forte principio di responsabilità. Ci sono forti reazioni contrarie a tali proposte, soprattutto da parte delle banche europee.

Il Financial Stability Board è un organismo internazionale di recente istituzione, che ha il compito di monitorare il sistema finanziario mondiale, in cui sono rappresentati tutti i paesi del G20, la Spagna e la Commissione Europea. Ha sede a Basilea. Mario Draghi ne fu presidente fino al 2011. Ora ne è presidente Mark Carney, governatore della banca d’Inghilterra ed ex presidente della banca del Canada. (www.bancaditalia.it/studiricerche/coop_intern/partecipa_org_int/FSB)

 

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