La realtà
del Medio Oriente

21/08/2014

La realtà è dura da accettare, se cozza con le nostre convinzioni profonde e con le nostre speranze. Dodici anni fa iniziava la guerra contro ‘l’asse del male’, per cancellare dal Medio Oriente non soltanto le barbare dittature islamiste, come quella dei Talebani in Afghanistan, alleata dei terroristi internazionali di al Qaeda, ma anche la feroce dittatura laica di Saddam in Iraq. 

Credevamo allora che fosse possibile sostenere l’opposizione anche in Siria e in Egitto, per rovesciare le vecchie dittature e instaurare stati democratici o semi-autoritari, ad imitazione del modello che Ozal aveva plasmato in Turchia, che molti consideravano una versione di democrazia islamica politicamente paragonabile alla democrazia cristiana degli anni ’50 in Italia. Ora, dopo alcuni milioni di morti, siamo costretti ad allearci con l’Iran degli ayatollah e con Assad in Siria se vogliamo sconfiggere forze ancora più repressive e più barbare, come lo Stato Islamico.

Lo Stato Islamico è frutto del caos, del vuoto di potere lasciato in Siria e in Iraq dal crollo delle dittature. È duro riconoscere che l’ordine – anche se oppressivo - è comunque preferibile al caos, perché nel caos è sempre il più feroce a vincere, non il più democratico o il più saggio. In Egitto ci troviamo costretti a considerare una fortuna che il caos sia stato fermato dalla nuova dittatura militare di al-Sisi, attualmente più repressiva di quella di Mubarak. D’altra parte in Europa fu la dittatura di Napoleone a fermare il Terrore giacobino, divenuto ormai pura ferocia assassina, al di là di qualunque valore sociale. Dobbiamo ammettere che a volte le dittature possono sostenere valori più positivi delle democrazie?

Forse sì, forse dobbiamo concludere che sono importanti i valori sostenuti dai diversi regimi, più che il modo in cui i regimi conquistano e mantengono il potere. Hitler divenne Cancelliere a seguito di elezioni democratiche. 

Oggi per cercar di portare la pace fra Gaza e Israele è molto più utile il dittatore al Sisi piuttosto che la democratica Turchia, che invece incita i Palestinesi a non arrendersi, a continuare a combattere. E le autocrazie monarchiche in Oman, Arabia Saudita, Giordania e Marocco – per quanto illiberali - sono i migliori alleati dell’Occidente per contenere il caos e prevenire maggiori violenze in tutta la regione, mentre difendono la pace e l’ordine al proprio interno. In questi paesi il rovesciamento delle monarchie avrebbe un’alta probabilità di portare il caos e lo scatenamento di orribile violenza, piuttosto che la costituzione di un governo più liberale e più democratico. Chissà quanta violenza verrà ancora perpetrata in Libia, prima di trovare un ordine stabile in cui le popolazioni possano vivere in pace. L’eccezione è oggi la Tunisia, e tutti speriamo che duri.

L’opinione pubblica europea fatica ad accettare questa realtà. Decenni di pace e di prosperità ci hanno convinti che la violenza sia conseguenza dell’ingiustizia e dell’oppressione, che basta eliminare l’oppressore e quasi per magia l’ordine e l’armonia si ristabiliscono. E’ il mito russoviano del ‘buon selvaggio’, radicato nell’Europa dell’epoca romantica, ritornato in auge insieme a tante altre sciocchezze ‘new age’ meno pericolose. Non sappiamo più riconoscere la potenza devastatrice di ideologie assassine, che si pongono come religione dello sterminio in nome di Dio. Abbiamo mistificato la nostra storia, che di ideologie assassine e devastatrici è stata piena. Condannando Hitler - o Mussolini - come mostri tirannici abbiamo assolto tutto il resto della popolazione che li ha sostenuti, votati, seguiti con entusiasmo in guerre e massacri, pieni di fede nell’ideologia propugnata. I popoli erano tutti ‘buoni’, ma vittime del tiranno. Sparito il tiranno, sono tornati a regnare la pace e il bene.

Gli Israeliani sanno che non è così, che la pace e la libertà si difendono ogni giorno dalle ideologie assassine. Lo sanno perché le hanno vissute sulla propria pelle, giorno dopo giorno, i loro antenati in Europa, e le vivono da 70 anni sulla loro pelle in Medio Oriente e nel mondo islamico. Sanno che si può fermare la guerra tramite accordi con un paese autocratico ma ordinato e ideologicamente non aggressivo, come l’Egitto di Sadat o la Giordania di re Abdallah, ma non con un coacervo di cosiddetti ‘combattenti per la libertà’ animati da una forte ideologia, come quella ipernazionalista di Arafat o quella islamista di Hamas. Con milizie armate non soltanto di razzi o bombe, ma anche e soprattutto di una ideologia che considera meritoria opera di religione l’ eliminazione delle altre identità, non c’è modo di raggiungere accordi che vengano rispettati. La storia del nazismo e della seconda guerra mondiale dovrebbero avercelo chiaramente insegnato, se non l’avessimo edulcorata e travisata per calmare i sensi di colpa. 

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