Il Brasile
e i rapporti con l'Iran

02/03/2010

Il 24 febbraio 2010 il presidente brasiliano Luiz Ignacio Lula da Silva ha preso le difese dell’Iran dichiarando che ‘la pace nel mondo non significa isolare qualcuno’, ed ha poi aggiunto che si recherà in visita a Teheran il 15 maggio prossimo nonostante la tensione internazionale sul programma nucleare iraniano si stia facendo sempre più intensa. Lula inoltre ha dichiarato che ‘il Brasile continuerà a negoziare con l’Iran, che a sua volta inizierà ad importare merci dal Brasile’.   Gli Stati Uniti si sono sempre fidati di da Silva, che in passato si è distinto per una linea decisamente  moderata rispetto ad altri leader dell’America Latina – come Hugo Chavez o Fidel Castro – i quali basano la propria politica su una spiccata retorica antimperialista e antagonista. Ultimamente però la situazione è cambiata. A giugno le autorità brasiliane si sono caldamente congratulate con Mahmoud Ahmadinejad per la vittoria – alquanto controversa –  alle elezioni presidenziali e nel novembre del 2009 il governo brasiliano ha accolto con tutti gli onori il presidente iraniano in visita a Brasilia.      Teheran è estremamente contenta del suo nuovo rapporto con il Brasile, il quale detiene un seggio a rotazione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e può quindi votare contro eventuali sanzioni all’Iran – che richiedono l’approvazione di almeno 9 dei 15 membri del consiglio.   La crescita del Brasile   Lula ha diversi motivi per prendere le difese dell’Iran, che hanno poco a vedere con l’Iran stesso. Il Brasile attualmente è stabile sul piano interno e ha iniziato a perseguire una politica estera più assertiva sul piano internazionale. Ha iniziato ad ammodernare il settore militare e, grazie alle recenti scoperte di grandi giacimenti, entro una decina di anni diventerà uno dei principali produttori di energia a livello planetario.   Remando contro gli interessi USA il presidente brasiliano spera di riuscire a ritagliarsi un posto da leader nell’arena internazionale. Recentemente infatti oltre ad  avvicinarsi a Teheran Lula ha preso le difese di Chavez e ha continuato a chiedere la rimozione dell’embargo contro Cuba. Ingraziandosi Teheran e Caracas il governo brasiliano tenta di porsi come mediatore nei conflitti in cui sono coinvolti Stati Uniti, Venezuela e Iran.   Questa politica però presenta dei rischi. All’interno del Brasile infatti molti si oppongono ad un accordo fra Brasile e Iran. Quando il presidente israeliano Shimon Peres si è recato in visita in Brasile subito prima della visita di Ahmadinejad (alla fine del 2009), il governatore di Sao Paulo Joese Serra – leader dell’opposizione – ha colto l’occasione per invitarlo nella sua provincia, dove ha tenuto un discorso pro-Israele in cui criticava l’atteggiamento del presidente brasiliano nei confronti di Ahmadinejad.   Per ora gli imprenditori brasiliani non hanno ancora preso posizione sul rapporto fra Lula e la Repubblica Islamica, ma se il presidente brasiliano continuerà in questa direzione tutte le aziende brasiliane integrate nel mercato occidentale potrebbero andare incontro a numerosi problemi.  Per ora gli Stati Uniti non hanno ancora pensato alle contromisure da mettere in atto, che non si faranno certo attendere. A Washington si è parlato infatti di restringere i finanziamenti al settore energetico (petrolio e gas) del Brasile: se così fosse Brasilia, che non può fare a meno della tecnologia statunitense per sviluppare i propri giacimenti, si troverebbe in difficoltà.   I possibili pericoli dei rapporti Brasile-Iran   Sebbene il Brasile sia il più grande partner dell’Iran in America Latina, gli scambi commerciali – per la maggior parte esportazioni di zucchero - ammontano solo a 1,3 miliardi di dollari. Inoltre il Brasile è autosufficiente sul piano energetico, dunque non ha interesse a importare energia dall’Iran.     Esistono due aree di potenziale cooperazione fra Iran e Brasile: il settore bancario e l’energia nucleare. L’Iran si trova sotto pressione della comunità internazionale per il suo controverso programma nucleare, e  ha creato un complesso sistema di riciclaggio finanziario all’estero per avere un libero flusso di denaro e merci. A Panama e in Venezuela la Repubblica Islamica ha intessuto numerosi legami fra le banche locali e Banco Internacional de Desarollo CA, una filiale della Banca dell’Iran per lo Sviluppo delle Esportazioni (EDBI), in modo da avere indirettamente accesso al mercato finanziario statunitense. Il Dipartimento del Tesoro degli Usa aveva già messo EDBI su una ‘lista nera’ in quanto direttamente legato al programma nucleare iraniano e alle Guardie della Rivoluzione. Washington può sanzionare le banche che fanno affari con gli istituti finanziari ‘canaglia’ presenti sulla ‘lista nera’, ed esercitare pressioni sulle aziende interessate a mantenere buone relazioni con gli USA. Durante la visita di Ahmadinejad in Brasile nel maggio del 2009  la EDBI e le banche iraniane hanno firmato una lettera di intenti per facilitare gli scambi fra i due paesi, per cui le banche iraniane potranno insediare filiali in Brasile per riciclare il denaro e scampare alle sanzioni statunitensi. Con ogni probabilità il Brasile invierà la maggior parte delle esportazioni in Iran attraverso gli Emirati Arabi Uniti per evitare di attrarre troppo l’attenzione statunitense, ma la presenza di banche iraniane su suolo brasiliano difficilmente passerà inosservata – e sicuramente gli Stati Uniti non ignoreranno il problema.   Poi c’è sempre la questione del nucleare. Secondo fonti ufficiali l’Ufficio Brasiliano per la Sicurezza Internazionale, che risponde direttamente al presidente, ha iniziato consultazioni con i tecnici nucleari brasiliani per capire che tipo di offerta Lula potrà proporre all’Iran durante la prossima visita. I tecnici del laboratorio Aramar di Sao Paulo stanno lavorando ad una nuova tecnica per raffinare l’uranio denominata ‘levitazione magnetica’ – all’inizio del 2009 il governo brasiliano ha annunciato che il Brasile sta  producendo uranio arricchito su scala industriale. Il Brasile non solo sta cercando di diventare autosufficiente sul piano nucleare, ma intende anche vendere combustibile nucleare sul mercato internazionale. Brasilia finora ha rifiutato di firmare il protocollo dell’AIEA per il rispetto del Trattato di Non-Proliferazione Nucleare perché ritiene di avere sufficienti meccanismi legali che testimoniano della natura pacifica del suo programma nucleare. È probabile che alla prossima conferenza sul Trattato di Non-Proliferazione l’Iran si servirà della stessa scusa per difendere il proprio programma atomico di fronte alla comunità internazionale.   A cura di Davide Meinero  

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