Euro, crisi finanziaria
e crisi economica

08/02/2010

Come  previsto nei nostri articoli dello scorso anno, mentre gli USA hanno affrontato subito (bene o male) la grave crisi finanziaria con una straordinaria e generalizzata iniezione di liquidità nel sistema finanziario, e hanno lasciato fallire o ridimensionare le imprese economiche in difficoltà per favorirne la ristrutturazione rapida - anche se socialmente dolorosa - favorendo la ripresa dell'attività economica in tempi brevi, in Europa ci si è preoccupati  di più della salvaguardia dell'economia reale e della stabilità sociale, tramite il pieno uso degli ammortizzatori sociali, occultando in parte la gravità del rischio finanziario assunto dalle banche in molti stati europei.  Non si sono prese decisioni drastiche e/o tempestive all'interno dell'UE, perché non si può:   ·         sia perché i vari stati dell'Unione  sono strutturalmente poco omogenei e si trovano in congiunture di tipo diverso;  ·         sia perché non c'è un centro politico unificato che permetta di prendere e attuare decisioni uniche.     Ora l'Europa è nell'occhio del ciclone finanziario ed economico: abbiamo una moneta unica, ma  realtà economiche e amministrazioni pubbliche molto diverse. Ecco come variano alcuni indicatori chiave nei paesi della zona dell'Euro:   a) Variazione del PIL (prodotto Interno Lordo, cioè economia totale) nella zona  dell'Euro nel 2009 - 4% . All'interno però si va dal -1,1% della Grecia al -7,5% dell'Irlanda, che dunque  sono in congiunture radicalmente diverse (l'Italia è a - 4,7%).   b) Passivo del bilancio statale nel 2009, in rapporto al  PIL dello stato: media degli stati della  zona dell'Euro -6,9 %. All'interno però si va dal - 5,3% dell'Italia al -12,7 % della  Grecia, con alte percentuali per Irlanda (-11,7%), Spagna (-11,4%) e Portogallo (-9,3%).   c) Incidenza percentuale del valore accumulato del debito pubblico rispetto al PIL previsto nel 2010 - media degli stati della zona dell'Euro 84%. All'interno si va dal 124,9% della Grecia  al  66,3% della Spagna (Italia 116,7%) .    d) A fronte del debito pubblico accumulato gli stati della zona dell'Euro dovranno pagare interessi  nel 2010, che incideranno per una percentuale media del 3,4%  sul PIL del 2010. All'interno si va dal  2,9 % della Spagna al 6,1% della Grecia ( Italia 5,1%)  .   e)  L'incidenza del prelievo fiscale degli stati della zona dell'Euro sul PIL del 2010 sarà in media del 43,7%. All'interno le percentuali variano molto: dal 34,4% dell'Irlanda al 48% del Belgio (Italia 45,5%, Francia 46,8%, Austria 47,1%, Spagna 35,6%, Grecia 37,2%).   E' chiaro che ogni paese ha bisogno di seguire una diversa politica di prelievo fiscale e indebitamento per tentare di salvare il PIL (la base di tutto, l'unico attivo cui può attingere sia la società sia lo stato), equilibrare il deficit pubblico e non provocare scossoni sociali dolorosi. Ma tutti i paesi debbono riuscire a rientrare in alcuni parametri vincolanti per non trascinare l'EURO nel vortice dell'inflazione generalizzata, che farebbe pagare il debito dei paesi 'spreconi'  alle popolazioni dei paesi che più lavorano e più producono e più risparmiano.    E' una impresa difficilissima -  che è necessario affrontare. Ma abbiamo anche l'ulteriore minaccia di non aver ancora obbligato le banche a mettere a bilancio le perdite che deriveranno dallo sgonfiarsi della bolla alimentata nei paesi dell'Est Europa da un eccesso di prestiti concessi dalle banche di alcuni paesi europei, soprattutto (ma non solo) dalle banche austriache.     A cura di Laura Camis de Fonseca  

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