La morte di Mohammadi
e i negoziati sul nucleare iraniano

14/01/2010

14 gennaio 2010   Il 12 gennaio 2010 lo scienziato nucleare iraniano Massoud Ali Mohammadi, che lavorava presso l’università di Teheran, è morto in un attentato dinamitardo di fronte a casa sua. Un alone di mistero circonda la sua morte: chi era in verità Mohammadi e perché è stato ucciso? Il regime iraniano si è subito prodigato nel lanciare accuse contro il nemico “americano e sionista” che sarebbe “responsabile dell’attentato”, ma questa versione appare poco convincente.   Mohammadi sin dal 1993 ha scritto una serie di saggi di  fisica teorica - che non ha molta attinenza con il programma nucleare per scopi bellici - il che fa supporre che non si occupasse di armi nucleari.  Per questa ragione non sembra quindi verosimile l’idea di un omicidio architettato dal Mossad o dalla CIA.   In passato Mohammadi aveva militato nei Pasdaran, ma negli ultimi anni aveva preso le distanze dal governo Ahmadinejad e si era schierato a favore dei “riformisti”. Secondo alcuni gruppi dissidenti, Mohammadi potrebbe essere stato ucciso dagli stessi agenti iraniani, desiderosi di trovare un pretesto per accusare le “ingerenze straniere” e aumentare la repressione. Quasi certamente l’omicidio di Mohammadi farà ulteriormente deragliare i negoziati sul nucleare fra Repubblica Islamica e comunità internazionale e irrigidirà ulteriormente la posizione di Teheran.     Israele dal canto suo teme la minaccia nucleare iraniana e non vede di buon occhio la strategia del dialogo avviata dall’amministrazione Obama - che finora non ha sortito risultato alcuno.  Gerusalemme potrebbe quindi sfruttare l’occasione per convincere gli Stati Uniti a prendere una posizione più intransigente nei confronti della Repubblica Islamica, che appare ogni giorno più decisa a non scendere a patti con la comunità internazionale.    A cura di Davide Meinero

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