Troppo ovvio
per accorgercene?

01/12/2009

Il 23 novembre  la giornalista Joan Z. Shore ha pubblicato sull’Huffington Post un articolo sulla eccessiva 'prudenza' mostrata dai mezzi di comunicazione nel dar notizia della strage di  commilitoni commessa da Nidal Hasan - e su come invece nessun mezzo di informazione in Europa osi far sapere l’esistenza di una ‘fabbrica’ di false  accuse contro Israele, come quella dell'uccisione del dodicenne Mohammed al Dura. Eccone una traduzione riassuntiva.   Il livello della paura: alibi e bugie di Joan Z. Shore   Se a maciullare tredici persone in un momento di pazzia fosse stato un Cristiano o un Ebreo, dubito che qualcuno avrebbe iniziato a fare la psicoanalisi dell’omicida e dei suoi motivi. Si sarebbe detto  senza esitazione che si trattava di un atto criminale, punto e basta.   Ma l’assassino è un Musulmano, così alcuni fra i nostri più noti guru hanno preferito passare al setaccio la personalità di Nidal Hasan (a lato nella foto) dicendo che era infelice, solo, arrabbiato e impaurito – come se l’infelicità desse a qualcuno il diritto di uccidere. Ora invece scopriamo che tanta  « tristezza »   in Hasan era frutto delle sue convinzioni islamiche.   In questo periodo – e specialmente in America – sempre più di frequente si evita di parlare di questioni etniche o razziali per voler essere “politically correct”. Soltanto pochi decenni fa le minoranze (i “Negri” e gli Ebrei soprattutto) venivano segregate e perseguitate. Ora siamo passati all’estremo opposto, e facciamo attenzione a non insultare oirritare i Musulmani. È davvero tolleranza questa, o si tratta di paura?   I Musulmani che vivono in America (così come in Europa) non sono stati portati con la forza come schiavi o come prigionieri di guerra. Hanno deciso liberamente di venire e di fermarsi, sono quindi tenuti a rispettare le leggi americane, senza alibi. Un Musulmano che uccide è pur sempre un omicida: la razza e la religione non sono attenuanti.   […] Se – come pare appurato - Hasan ha veramente commesso un crimine così mostruoso a causa delle sue convinzioni islamiste,  non serve negare l’evidenza. Se così è, l’America dovrà  prendere atto di un problema grave, cioè  della presenza dell’Islam radicale all’interno dei propri confini.  Non è un problema risolvibile da parte di qualche saccente di un talk show.   Novi anni fa è accaduto un fatto molto diverso ma altrettanto significativo riguardante l’Islam e i mezzi di informazione in Francia. Un giornalista israelo-francese, Charles Enderlin, dichiarò che a Gaza un soldato israeliano aveva sparato per sbaglio a un Palestinese e a suo figlio - uccidendo il ragazzo di 12 anni (Mohamed al Dura) e ferendo il padre (foto in alto). La storia, trasmessa per la prima volta su France 2 (TV pubblica), fece il giro del mondo senza che nessuno si curasse di verificarne la veridicità. Le nazioni arabe stamparono poster e francobolli e innalzarono anche memoriali per commemorare la morte del ragazzo…ma quella morte non fu mai appurata. Un altro francese, Philippe Karsenty, si mise a indagare sul presunto incidente: chiese ai medici e agli esperti balistici di esaminare i filmati e le foto, e infine dichiarò senza esitazione che si trattava di un falso. La risposta non si fece attendere: Karsenty venne denunciato per diffamazione, ma non si diede per vinto. Dopo molti anni di battaglia legale, riuscì a vincere la causa e fu così scagionato. France 2 però non si è mai scusata. Enderlin l’estate scorsa ha addirittura ricevuto la Légion d’Honneur! E l’opinione pubblica non ha saputo la verità.   Si tratta di due casi diversi, che dimostrano un trend piuttosto evidente: l’Occidente sta cadendo in un abisso di paura, confusione e disinformazione […] e si lascia manipolare e terrorizzare in maniera subdola e costante.   Dopo l’11 settembre sono senz’altro successe molte cose che possono far vacillare la  fiducia nella nostra nazione. La democrazia americana durante la presidenza Bush si è macchiata di ingiustizie e inganni, ed è stata più volte preda di corruzione e avarizia. Ma non possiamo che riappropriarci dei nostri valori, dei nostri principi, dei nostri ideali e dei nostri obiettivi, altrimenti cadremo nell’ambivalenza e nell’equivoco. O, peggio ancora, saremo schiacciati da una devastante e debilitante paura.      

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