Il regime iraniano
mostra i muscoli

26/11/2009

24 novembre 2009   Il 22 novembre 2009 l’esercito e le Guardie della Rivoluzione hanno iniziato le esercitazioni di difesa aerea che dovrebbero durare sino al 27 novembre. La tempistica è significativa: proprio ora che le trattative fra P-5+1 (Stati Uniti, Regno Unito, Russia, Cina, Francia e Germania) e Iran sono in fase di stallo, Teheran vuole dimostrare ai suoi nemici di essere perfettamente in grado di proteggere i propri impianti nucleari.   La Repubblica Islamica ha recentemente rifiutato la proposta del P-5+1 di trasferire il 75% dell’uranio all’estero – probabilmente in Turchia – per essere arricchito ulteriormente. Per ora i negoziati sono rimandati a una data non meglio specificata a dicembre – intorno a Natale.   A Teheran c’è preoccupazione la preoccupazione ora che l’alleanza con la Russia inizia a scricchiolare. Mosca ha bisogno degli aiuti occidentali per modernizzare la sua malconcia economia ed ha quindi cambiato la sua politica nei confronti della Repubblica Islamica. Lo confermano le costanti lamentele del regime iraniano, che accusa i Russi di aver interrotto la costruzione dell’impianto nucleare di Busher e di non aver ancora consegnato i sistemi di difesa anti-aerea S-300, fondamentali in caso di attacco contro i siti nucleari iraniani. Il più recente sistema di difesa anti-aerea di cui dispone Teheran è il Tor-M1, di fabbricazione russa, relativamente recente (2006) ma non sufficientemente efficace, perché è in grado di sparare soltanto missili a corto raggio.   L’aviazione israeliana e statunitense sono probabilmente le migliori al mondo e sono capaci di penetrare i migliori sistemi difensivi – nel 2007 l’aviazione israeliana ha colpito un impianto nucleare siriano eludendo i sistemi difensivi della Siria, decisamente più efficienti di quelli iraniani. In caso di attacco quindi l’unica arma che resta al regime iraniano è quella bloccare lo stretto di Hormuz e interrompere il flusso di petrolio verso l’Occidente.   Soffocare l’opposizione   Anche sul fronte interno il regime si trova in estrema difficoltà, dato che non riesce ad arginare la rivolta dei movimenti di opposizione, sempre più motivati a porre fine alla dittatura religiosa.   Accanto all’uso indiscriminato della violenza, della tortura e delle impiccagioni pubbliche, il regime ha recentemente lanciato un’offensiva ideologica: le Guardie della Rivoluzione  (Pasdaran)  stanno reclutando 6.000 studenti delle scuole elementari per farne dei Basij (una milizia fedele al regime), cioè educarli secondo i principi della Rivoluzione Islamica. Inoltre i Pasdaran hanno indirettamente acquistato – tramite una compagnia sotto il loro controllo – la maggioranza delle reti di telecomunicazione del paese, mettendo così le mani su tutte le linee terrestri, sui provider di Internet e su due aziende di telefoni cellulari.   Secondo i leader del regime infatti i mali del paese – cioè le proteste di massa - sarebbero  causati “dall’influenza culturale dell’Occidente”. Vogliono dunque eliminare ogni interferenza estera – e con ogni mezzo. Di fronte a un dissenso che sta raggiungendo i livelli del 1979, il leader supremo Ali Khamenei ha deciso di ricorrere all’arma ideologica per re-islamizzare il sistema scolastico, purgandolo dalle influenze laiche e dai professori ribelli, e per “ripulire” i media dalle “idee sovversive”.   La protesta però non accenna a fermarsi, e non è escluso che la battaglia ideologica sortisca l’effetto opposto. Dato che l’unica arma che Khamenei ha a disposizione per compattare le fazioni politiche in seno all’establishment della Repubblica Islamica è l’istigazione all’odio nei confronti di un nemico comune – l’Occidente – è probabile che continui la sfida sul nucleare fino al fondo, nella speranza di salvaguardare il regime.   Infatti il rifiuto di ogni proposta da parte dell’Iran spingerà le potenze del gruppo 5+1 ad applicare sanzioni economiche. Ma l’Iran non teme le sanzioni, e Ahmadinejad lo ripete costantemente. Le sanzioni non funzionano, a meno che non siano rispettate da tutto il mondo in modo compatto. Cosa che non succede quasi mai, e non succederà sicuramente nel caso dell’Iran.   Le sanzioni economiche hanno spesso un lato negativo: permettono ai regimi sotto sanzione un ulteriore giro di vite contro gli oppositori interni. Le sanzioni potrebbero addirittura aumentare il consenso domestico al regime (successe anche con le sanzioni imposte all’Italia in epoca fascista). Le sanzioni hanno concretamente un unico scopo nella politica internazionale: dare l’impressione di agire, senza dover arrivare alla guerra. Danno alla comunità internazionale un buon motivo per non muovere guerra, in attesa di vedere l’effetto delle sanzioni, senza però apparire arrendevole e imbelle.   A cura di Laura Camis de Fonseca e Davide Meinero      

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