Un'opinione
dal Camerun - di Stephane Ebongue Koube

17/08/2009

05 agosto 2009   La presenza cinese in Africa: tra colonizzazione e cooperazione, è stato scritto da Stephane Ebongue Koube (foto in alto), rifugiato per motivi umanitari in Italia (per sottrarsi alla caccia agli albini), giornalista in Camerun, attualmente in cerca di lavoro in Italia. Laureato in letteratura inglese, di lingua madre francese, parla bene l’Italiano.   Ecco il testo:                                 La presenza massiccia della Cina nei paesi africani è sicuramente uno dei fenomeni geopolitici più importanti, dopo la loro indipendenza nel 1960, e la fase semibuia della neocolonizzazione che ha prevalso sino agli inizi degli anni ’90. È importante ricordare che vivono in Africa 300.000 francesi, e 500.000 cinesi (che sono relativamente pochi rispetto ai 100 milioni di cinesi che vivono all’estero), che 48 miliardi di dollari di fondi pubblici cinesi sono stati dati o prestati agli stati africani e che il commercio bilaterale tra le due parti è stato moltiplicato per 50 tra il 1980 ed il 2005 e per sette tra il 2000 e il 2007, superando i 70 miliardi di dollari, una cifra che dovrebbe raddoppiare da adesso al 2012. Con delle cifre così eloquenti, “l’impero di mezzo ha sotterrato la chimera francese della “françafrique” diventando il secondo partner commerciale dell’Africa dopo gli Stati Uniti al posto della Francia.   Ora bisogna porsi qualche domanda precisa che ci permetta di capire meglio la o le motivazioni reali del crescente interesse della Cina in Africa.       Perché la Cina si interessa all’Africa?     Quali sono i vantaggi e gli svantaggi della presenza cinese in Africa?     Ha un piano segreto la Cina sull’Africa?   Perché la Cina si interessa all’Africa ?   Non è casuale l’avvicinamento spettacolare della Cina al ” continente nero”. Tre ragioni tanto politiche, geopolitiche quanto economiche possono ben spiegarlo.   I massacri di piazza TIENANMEN. Per uscire dall’isolamento in cui è stata costretta dalla comunità internazionale In seguito ai massacri di piazza TIENANMEN nel 1989, la Cina ha dovuto rivolgersi ai capi degli stati africani, che di fatto rappresentano ¼ dei voti all’ONU e che temono il contagio democratico promosso dai paesi occidentali.   La ricerca di nuovi mercati. La vertiginosa crescita della produzione industriale cinese ha avuto come conseguenza principale la soddisfazione del mercato interno. Contemporaneamente quello africano, quasi vergine, diventava idoneo per assorbire i prodotti cinesi meno cari ma di qualità discutibile. Nel 1995, JIANG ZEMIN, allora capo del governo, disse alle imprese cinesi “Uscite”.   La ricerca delle materie prime. Essendo indubbiamente le materie prime la benzina di ogni crescita, i cinesi le hanno dovute cercare ovunque fossero disponibili, anche in Africa, giocando molto spesso e fino in fondo la carta del “ donnant donnant”, come dicono i francesi e cioè “io ti do e tu mi dai “. Così giacimenti petroliferi, di uranio, di cobalto, foreste intere e grandi estensioni di terra arabile sono stati scambiati con soldi freschi o infrastrutture chiavi in mano (strade, palazzi, stadi, linee ferroviarie, aeroporti e così via). Grazie a quella “manna gialla “ i paesi del Golfo di GUINEA hanno ricevuto dalla Cina 1000 miliardi di dollari, ben due volte di più di ciò che hanno ricevuto dall’Occidente in 50 anni di cooperazione bilaterale.   La pressione demografica. Anche volendo, il governo cinese non riesce più a gestire i problemi demografici interni. Non è superfluo qui ricordare che la popolazione cinese oggi costituisce più di ¼ della popolazione globale del pianeta.   Quali sono i vantaggi e gli svantaggi della presenza cinese in Africa?   Rispondere in modo perentorio alla domanda iniziale equivale a dare un giudizio, positivo o meno, dell’offensiva politico-economica dell’ “ impero di mezzo” nel continente nero, una cosa molto difficile visto che l’azione dei cinesi ha aspetti tanto positivi quanto negativi.   I vantaggi. Il primo e sicuramente più importante, è il finanziamento e la costruzione di infrastrutture. Tante opere architettoniche sono spuntate dal suolo nell’arco di una decina d’anni. Si può anche notare l’allargamento del mercato negli stati africani dovuto alla presenza massiccia di prodotti a buon prezzo e ad a un piccolo incremento del potere di acquisto.   Gli svantaggi. Sono i più evidenti e sono i seguenti. Sostegno cieco e vendita di armi ai dittatori africani. Distruzione dell’embrionale tessuto industriale africano con l’invasione dei prodotti cinesi. Mancanza assoluta di rispetto delle norme ambientali, della fauna e della flora con conseguenze disastrose nei parchi nazionali in più paesi.   Ha un piano segreto la Cina sull’Africa?   Anche i cinesi hanno posto e magari risolto l’equazione coloniale, cioè importazione di materie prime (petrolio, minerali, legno, cotone ) ed esportazione di prodotti industriali finiti. Allontanandoci da una idea ormai esaurita di qualche occidentale nostalgico che presterebbe volentieri ai cinesi il progetto di ricolonizzare l’Africa c’è bisogno di sottolineare alla luce dei fatti precedenti almeno due aspetti antitetici:    1° La Cina ha avviato un modo diverso di interagire con gli stati africani, basato su un rapporto concreto con lo scopo di risolvere i veri problemi dell’Africa.    2° I cinesi, come gli occidentali, stanno plasmando l’economia africana considerando le proprie necessità e le esigenze del loro posizionamento geopolitico nei confronti degli Stati Uniti ed in minor misura dell’Europa.   Se l’idea di ricolonizzare l’Africa non pare un concetto scientificamente elaborato, come era con la colonizzazione europea, la carta africana nella strategia geopolitica cinese è centrale, se non essenziale.      

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