Ashraf
un'offerta ai mullah?

31/07/2009

Il 28 luglio 2009 le forze di sicurezza irachene hanno scagliato un violento attacco contro Ashraf. Il bilancio dell’operazione è tragico: dodici persone hanno perso la vita, più di quattrocento sono state ferite e quaranta sono state arrestate e portate via.  Si teme che le autorità irachene intendano mandarle in Iran. Persino Reza Pahlavi, figlio dell’ultimo scià, ha la scritto una lettera aperta alle autorità irachene per ricordare loro il dovere di dare protezione ai rifugiati politici e non re-inviarli nel paese da cui sono fuggiti.   Ashraf ospita i Mojahedin del Popolo (MeK/PMOI), che rappresentano una pericolosa minaccia per i mullah al potere in Iran. I Mojahedin sono nati intorno al 1965 con l’intento di scalzare lo scià Mohammed Reza Pahlavi, allora al potere in Iran, e a all’indomani della Rivoluzione Islamica del 1979 hanno iniziato a battersi contro il regime teocratico di Teheran. Fuggiti all’estero per scampare alla morte, i Mojahedin si sono rifugiati nel vicino Iraq alleandosi con l’allora leader Saddam Hussein durante la guerra fra Iran e Iraq (1980-1988).    Al momento dell’attacco americano nel 2003, i Mojahedin stavano per lanciare una violenta offensiva contro l’Iran denominata “la fase nera”. A quell’epoca però gli Stati Uniti, che necessitavano della collaborazione della Repubblica Islamica dell’Iran per invadere l’Iraq, acconsentirono a disarmare i residenti di Ashraf - che passarono sotto la protezione delle forze della coalizione. I Mojahedin sono un’importante merce di scambio nei negoziati con l’Iran, dato che Washington potrebbe decidere di servirsene per scagliare un attacco contro la Repubblica Islamica.   A settembre 2008 però gli Stati Uniti e l’Iran hanno raggiunto un accordo dietro le quinte, che prevedeva la consegna di Ashraf alle autorità irachene entro sei mesi. Quindi il destino dei Mojahedin è totalmente nelle mani del governo di Baghdad: estradarli in Iran significherebbe mandarli inesorabilmente al patibolo, ma il governo iracheno vuole comunque sbarazzarsene. Una parte degli Sciiti iracheni e una parte dei Curdi non vedono di buon occhio i MeK perché si erano alleati con Saddam Hussein. Come se non bastasse il Ministero degli Interni iracheno pullula di alleati dell’Iran desiderosi di annientare i Mojahedin del Popolo.    L’attacco è stato scagliato con un tempismo preciso. Il raid infatti è avvenuto lo stesso giorno in cui il Segretario alla Difesa Robert Gates era in visita in Iraq per discutere delle future tappe del ritiro statunitense e per ribadire ancora una volta l’appoggio degli Stati Uniti al governo iracheno. Poco dopo il portavoce del parlamento iraniano Ali Larijani, figura estremamente potente dell’establishment iraniano, ha dichiarato di essere “pienamente soddisfatto del raid lanciato contro i ‘terroristi’ di Ashraf, anche se l’attacco è avvenuto con un po’ di ritardo”.     Non è escluso che gli Americani abbiano chiuso un occhio sull’attuale attacco per influenzare la politica interna iraniana. Larijani appartiene alla fazione di Rafsanjani, uno dei più potenti membri del clero iraniano nonché il principale rivale del presidente Ahmadinejad, che recentemente sembra essere orientato verso un’alleanza con la Russia. Rafsanjani si oppone a questa alleanza perché ritiene che gli Stati Uniti possano opporsi con forza – anche con le armi – ad una simile opzione.   Forse gli Stati Uniti sperano di aiutare indirettamente la fazione di Rafsanjani, più propensa ad avviare una trattativa con Washington.   A cura di Davide Meinero

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