La Cina e la sua periferia

09/07/2009

La plurimillenaria storia cinese è caratterizzata da alcuni elementi costanti:  

-  la  prevalenza culturale dell'etnia Han, alla quale le altre etnie, anche se politicamente dominanti, finirono sempre con l'assimilarsi,

-  le frequenti invasioni da parte di popolazioni provenienti dalla steppe e dai deserti dell'Asia centrale e settentrionale (Mongoli, Manciù, Tangut),

-  l'estrema difficoltà di mantenere unito in un unico stato un  paese molto vasto, composto di tante etnie diverse.

 

La storia della Cina è costellata di secessioni e guerre fra dinastie diverse. Tutti i governanti della Cina attraverso la storia hanno dovuto perseguire due obiettivi strategici costanti: 

-  la solida difesa dei confini a nord e a ovest per impedire invasioni barbariche (la Grande Muraglia fu costruita a questo scopo);

-  l' unificazione culturale ed etnica fra i tanti popoli del paese, per agevolarne l’unificazione politica.

La Repubblica Popolare Cinese (fondata nel 1949 dal vittorioso Partito Comunista Cinese con a capo Mao Tse-tung) ha perseguito le stesse politiche dei suoi predecessori, ed ha utilizzato   l'ideologia comunista per assimilare culturalmente tutte le etnie. 

Nel 1949 la Cina di Mao Tse-tung incorporò nel proprio territorio - ‘liberò’ - lo Xingjiang, nel 1950 ‘liberò’ il Tibet. Entrambe le regioni hanno statuti speciali in quanto regioni autonome.

 

Si tratta di due vastissime regioni scarsamente abitate:

·         il Tibet è grande quattro volte l'Italia ed ha una popolazione di circa 2,7 milioni di persone,

·         lo Xinjiang è grande cinque volte e mezza l'Italia ed ha una popolazione di 19 milioni di abitanti.

Per la Cina Tibet e Xinjiang rappresentano regioni-cuscinetto, la cui estensione e la cui  inospitalità (il Tibet è tutto alta montagna, lo Xinjiang è quasi tutto montagne e steppe aride) rappresentano un baluardo naturale contro i pericoli di invasione. 

Entrambe le regioni hanno anche  una storia di sottomissione secolare alle stesse dinastie che dominavano la Cina. Entrambe le regioni hanno però popolazioni locali con culture, lingue, religioni diverse da quella dei Cinesi delle regioni orientali, popolazioni che oppongono molta resistenza alle politiche di assimilazione e al dominio politico cinese.

Ora che la Cina ha allentato il ferreo controllo politico e militare dell'epoca di Mao, ed è venuta meno l'ideologia comunista unificante, Tibet e Xinjiang sono diventati  due focolai di tensioni etniche e politiche che possono non soltanto causare insicurezza alla Cina lungo i confini, ma potrebbero  anche  alimentare desideri  di indipendenza economica o politica in altre regioni,  e incoraggiare altri tentativi di secessione. 

 

Il pericolo maggiore è oggi rappresentato dagli Uiguri dello Xinjiang, per tre motivi:

1) dal 1990 ad oggi si sono susseguiti scontri con la polizia, scontri interetnici (gli scontri di inizio luglio hanno causato 156 morti e 800 feriti per le strade di Urumqi) e recentemente anche attentati terroristici;

2) nello Xingjiang sono attivi  ribelli islamici legati ai movimenti islamisti dei paesi dell'Asia Centrale. Fra i sospetti terroristi islamisti incarcerati a Guantanamo c’erano una ventina  di Uiguri. Il movimento insurrezionale non è dunque soltanto locale, ma ha legami internazionali. C'è anche un movimento di opposizione al dominio cinese a carattere democratico, rappresentato soprattutto dalla scrittrice Rebiya Kadeer, già imprenditrice di successo in  Cina e rappresentante all’Assemblea del Popolo, poi incarcerata e ora in esilio negli Stati Uniti;

3) attraverso lo Xingjiang la Cina sta costruendo oleodotti e gasdotti per trasportare in Cina l'energia dai paesi dell'Asia Centrale. Si tratta di infrastrutture di grande importanza strategica ed economica, che non possono essere messe a rischio da insurrezioni o da attacchi armati.

 

Laura Camis de Fonseca

 

 

Per la Cina Tibet e Xinjiang rappresentano regioni-cuscinetto, la cui estensione e la cui inospitalità rappresentano un baluardo naturale contro i pericoli di invasione.

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