Un nuovo ordine in Medio Oriente?

19/05/2023

Liberamente tratto da un’analisi di Hilal Khashan per Geopolitical Futures del 17 maggio 2023.

 

In Medio oriente il panarabismo non è più l’ideologia regionale dominante, dopo decenni di fallimento da parte degli stati arabi nel risolvere controversie interne di lunga data e perseguire interessi condivisi. Il nuovo ordine – un sistema tripolare con Israele, Turchia e Iran al timone – sta aprendo una nuova era nella politica regionale, previ vari cambiamenti ed accomodamenti ora in atto, che fino ad un anno fa erano impensabili. Nelle ultime settimane Arabia Saudita e Siria hanno ripreso relazioni diplomatiche e il Re saudita ha invitato il presidente siriano Bashar al-Assad al prossimo vertice arabo di Gedda. Anche gli altri governi mediorientali lavorano per la normalizzazione con il regime siriano, che è stato appena riammesso nella Lega Araba dopo 12 anni di isolamento.

L'ex segretario di Stato americano Henry Kissinger una volta disse: "Gli Arabi non possono fare la guerra senza l'Egitto e non possono fare la pace senza la Siria". Questa massima è vera ora più che mai. La Siria è un fulcro della politica di potenza mediorientale. Il riavvicinamento arabo al regime siriano mira non a porre fine al conflitto, ma a garantire che la Siria rimanga un'arena per la risoluzione di questioni regionali, senza coinvolgere direttamente le parti esterne. Gli stati mediorientali hanno interesse a mantenere il conflitto siriano come campo di battaglia controllato sul quale Israele possa sfogarsi per tenere in scacco l’Iran, senza che questo porti a una guerra generale contro l'Iran, che potrebbe coinvolgere gli stati del Golfo. Pertanto, il cambiamento delle prospettive regionali arabe coincide con la ripresa delle relazioni saudite-iraniane.

Ma la recente ondata di riconciliazione non riflette ciò che sta accadendo sul campo in Siria. La Turchia mantiene le sue posizioni nel nord del Paese col pretesto di proteggere i propri interessi nazionali; le forze democratiche siriane a guida curda mantengono il loro controllo a est, protette dalle truppe statunitensi. La Russia e l'Iran, nel frattempo, continuano a sostenere il regime di Assad, che non ha né la volontà né la capacità di ridurre l'influenza iraniana. I governi arabi vogliono cooperare con l'Iran in Siria per proteggere i loro futuri investimenti nella ricostruzione del Paese. L'Iran e i paesi arabi hanno un interesse comune nel ripristinare la sicurezza per gli investitori in un paese pur dilaniato dalla guerriglia fra fazioni. Quanto alla Russia, può beneficiare del riavvicinamento arabo-siriano per rafforzare le relazioni con gli stati arabi. Anche Teheran cerca di trarre vantaggio economico dalla ripresa della Siria. L’Iran ha il completo controllo sui settori immobiliare, elettrico e molitorio in tutta la Siria.

Il giorno prima di annunciare il ritorno di Damasco nella Lega Araba , la Giordania ha lanciato un'operazione militare all'interno del territorio siriano per combattere il traffico di droga. La mossa ha inviato ad Assad il messaggio che il suo ritorno in seno alla Lega non gli dà mano libera. L'Oman, che ha svolto un ruolo importante di mediazione nel riavvicinamento, ha aggiunto persone vicine al regime siriano alla sua lista di terroristi internazionali lo stesso giorno in cui la Lega Araba ha annunciato il rientro della Siria.

L'Iran pare considerare conclusa la guerra in Siria. Ora si concentra su una strategia volta a costruire barriere militari settarie come prima linea di difesa in possibili guerre future. La strategia mira anche a garantire che il regime iraniano possa mantenere rifornimenti e comunicazioni con le milizie legate all'Iran. Teheran deve quindi garantire rotte di trasporto sicure acquistando terreni nella Grande Damasco per costruire un cuscinetto e stabilire un accesso affidabile e permanente al suo alleato più importante, Hezbollah. L'apertura araba al governo di Damasco non ha alcun effetto su questo piano.

Gli Emirati Arabi Uniti hanno riformulato per primi la propria politica regionale e si sono ritirati dai costosi conflitti in Yemen e Libia. L'Arabia Saudita ha tardivamente seguito l'esempio, tirandosi fuori dal disastroso conflitto nello Yemen. L’unica via d'uscita dalla mal calcolata avventura militare saudita in Yemen consisteva nel riavvicinamento a Teheran.

Il nuovo ordine regionale mescolerà diversamente culture, nazionalità, religioni e ideologie. Ciò porterà quasi certamente a conflitti separatisti in futuro e altererà il tessuto culturale e intellettuale della società araba. L'influenza iraniana avrà più peso a causa delle strette relazioni di Teheran con gli sciiti nel mondo arabo. Israele manterrà un'influenza significativa come stato regionale cardine, fungendo da modello per la modernizzazione e un offrendo un collegamento efficace con l'Occidente. L'Egitto, nel frattempo, continuerà a far da paciere nella regione, calmando i conflitti man mano che inevitabilmente sorgeranno.

L'Iran pare considerare conclusa la guerra in Siria. Ora si concentra su una strategia volta a costruire barriere militari settarie come prima linea di difesa in possibili guerre future. La strategia mira anche a garantire che il regime iraniano possa mantenere rifornimenti e comunicazioni con le milizie legate all'Iran

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