Nodi e snodi geopolitici e il futuro dell’Italia

02/05/2023

Quando si parla di nodi geopolitici si tende a non distinguere fra due realtà diverse, che hanno evoluzioni diverse nel tempo:

-          territori costantemente a rischio, in cui sono sempre presenti conflitti locali a bassa intensità, i quali periodicamente s’infiammano per le interferenze e le pressioni di potenze esterne;

-          stretti e bracci di mare necessariamente stabili e aperti, perché qualunque seria intromissione alimenterebbe un immediato conflitto fra grandi potenze, capaci di coinvolgere il mondo intero.

Appartengono al primo tipo le aree di confine fra più popolazioni che per secoli o millenni hanno vissuto storie culture e interessi divergenti. L'importanza di queste regioni è grande, perché fungono da crogiolo per lotte politiche e militari, intricate trattative e manovre diplomatiche internazionali che interferiscono costantemente nelle dinamiche interne ai singoli stati, condizionandone le evoluzioni. Sono anche snodi geopolitici, cioè aree di interazione di diversi sistemi economici e sociali, che danno vita a culture e identità ibride, diventando così sia ponti di collegamento fra i diversi sistemi, sia facili punti di attrito e di accensione di conflitti devastanti ma circoscritti, proprio perché per ognuno dei sistemi che interagiscono si tratta di zone periferiche di importanza secondaria, che possono anche essere devastate e distrutte senza intaccare la resilienza o la sopravvivenza dei grandi protagonisti.

Così è stata l’Asia Centrale negli ultimi 500 anni: area sonnolenta e arretrata, ambita dalla Russia, dalla Cina, dalla Persia e dalla Turchia, ma soltanto per evitare che cadesse nelle mani dei rivali. Un garbuglio geopolitico, perché i territori che la compongono sono stati aperti a molteplici influenze esterne per decine o centinaia di anni, senza che ne sgorgassero eventi di rilievo storico, per poi accendersi in lunghe deflagrazioni devastanti - come in Afghanistan da oltre 40 anni.

Appartengono al secondo tipo i bracci di mare di primaria importanza per il transito internazionale delle risorse e dei manufatti, possibili punti di rapido strangolamento dell’economia e della potenza di più stati appartenenti a sistemi economici e politici diversi. Sono cappi sempre pronti al collo del sistema globale, come gli accessi al Mar Cinese meridionale (in particolar modo lo stretto di Malacca) e gli accessi al Mar Rosso (in particolar modo lo stretto di Gibuti). Sulle sponde di questi chokepoints si accendono spesso lunghissime guerre civili con pesanti interferenze internazionali (pensiamo allo Yemen, all’Eritrea e al Sudan), ma il flusso del traffico internazionale sulle acque non ne viene toccato: se lo fosse, interverrebbero subito in modo massiccio e diretto le grandi potenze, col rischio di guerra mondiale.

Ora l’ascesa economica, tecnologica, politica (e presto anche militare) della Cina sta cambiando radicalmente gli equilibri globali di potere, con forti ripercussioni non soltanto sui territori dell’Asia Centrale dall’Afghanistan al Mar Caspio, ma anche sul Caucaso e sul Mar Nero – e la guerra d’Ucraina ne è il primo forte segno. Il rischio che l’instabilità e la guerra si estendano fino al Mar Mediterraneo e allo stretto di Suez è tutt’altro che trascurabile. I paesi arabi ne sono consapevoli e stanno cercando di raggiungere un’intesa con l’Iran per spegnere i focolai di guerra in Siria e in Yemen, mentre si riaccende la guerra in Sudan, sull’altra sponda del chokepoint del Mar Rosso.

Noi italiani siamo nel mezzo del Mediterraneo e l’estensione del fronte di rivolte, guerriglie e guerre civili alle sponde del Mediterraneo ci coinvolgerebbe inevitabilmente. USA, Russia e Cina interverrebbero non a spegnere ma ad alimentare a proprio favore ogni focolaio, anche sul nostro territorio, muovendo tutte le loro pedine di intelligence e di influenza politica ed economica. Se non riusciamo a far sì che l’Unione Europea (e la NATO) considerino la protezione delle acque e delle sponde del Mediterraneo una assoluta priorità strategica, potremmo tornare a vedere la guerriglia sul nostro territorio nazionale nell’arco di un paio di anni. Possiamo soltanto sperare che tutte le classi dirigenti italiane ne siano consapevoli e collaborino per evitare ogni ulteriore forma di instabilità nel paese e per far pressione sull’UE per rendere il Mediterraneo una priorità strategica per l’intera Europa.

Non sarà facile: i paesi dell’Est europeo non avvertono i pericoli sul Mediterraneo, ma sono sempre coinvolti in modo totale dai pericoli che vengono da est, dalla Russia. Occorre che la Russia sia fermata rapidamente in Ucraina per convincere l’Europa a concentrarsi sul Mediterraneo orientale, che sarà il prossimo punto di probabile grave instabilità. Come già nella guerra di Crimea del 1853-56, è interesse dell’Italia fermare l’avanzata russa e chiedere che l’Europa di occupi della stabilità del Mediterraneo: Cavour lo comprese allora, riuscì a farlo comprendere agli altri paesi europei e ad unificare l’Italia. Lo capiranno oggi le nostre classi dirigenti, per salvare la stabilità dell’Italia?

La differenza di interessi strategici prioritari fra i paesi del Mediterraneo e i paesi dell’est Europa potrebbe anche portare alla lacerazione dell’UE in due blocchi diversi e porre fine al nostro sogno di una grande Europa. Tutte le teste, tutti i cuori, tutte le capacità degli Europei vanno mobilitate per trovar soluzioni. 

Noi italiani siamo nel mezzo del Mediterraneo e l’estensione del fronte di rivolte, guerriglie e guerre civili alle sponde del Mediterraneo ci coinvolgerebbe inevitabilmente. USA, Russia e Cina interverrebbero non a spegnere ma ad alimentare a proprio favore ogni focolaio, anche sul nostro territorio, muovendo tutte le loro pedine di intelligence e di influenza politica ed economica. Se non riusciamo a far sì che l’Unione Europea (e la NATO) considerino la protezione delle acque e delle sponde del Mediterraneo una assoluta priorità strategica, potremmo tornare a vedere la guerriglia sul nostro territorio nazionale nell’arco di un paio di anni

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