Il piano di Erdogan per una ‘Grande Turchia’

19/12/2022

Cliccare sulle immagini per ingrandirle.

L’obiettivo del partito di Erdogan, al potere dal 2002, è far rivivere il pan-turanismo (ideologia nazionalista del primo Novecento che aspira all’unione politica delle popolazioni asiatiche che parlano lingue di ceppo turco) e fonderlo con il neo-ottomanismo (ideologia imperiale che vede nei Turchi i difensori dei diritti di tutte le popolazioni islamiche sunnite).

La Turchia ha già aumentato considerevolmente il proprio soft power nel Caucaso meridionale e in Nordafrica. Il suo intervento militare ha rotto l'assedio di Tripoli da parte dell'esercito di Tobruk, e il governo di Tripoli ne è molto grato. Inoltre il governo turco sta ricucendo i rapporti con l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, proclama di voler risolvere le divergenze con l'Egitto per il diritto di sfruttamento dei giacimenti sottomarini di gas. Intensifica invece le dispute con la Grecia e Cipro, paesi cristiani di lingua greca.

Nel 2016 i media turchi hanno pubblicato una nuova mappa del paese, redatta dal governo, che mostra confini più ampi rispetto a quelli riconosciuti a livello internazionale. Incorpora anche alcune isole greche del Mar Egeo e il territorio nel nord della Siria che si estende da Aleppo a Mosul e Kirkuk. La pubblicazione della mappa ha coinciso con il discorso di Erdogan sulla necessità di modificare l'accordo di Losanna del 1923, che ha fissato i confini della moderna Turchia.

A novembre 2022 un'esplosione in Istiklal Street, nel cuore di Istanbul, ha ucciso otto persone e ne ha ferite decine. Giurando vendetta, Erdogan ha accusato dell'attacco il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) che ha sede a Kobane, in Siria. Il movimento curdo nega la responsabilità dell’attacco, ma il 20 novembre la Turchia ha lanciato una campagna militare contro obiettivi curdi in Iraq e Siria, da Aleppo a Erbil. Erdogan intende creare una ‘cintura di sicurezza’ profonda 30 chilometri e lunga più di 900 chilometri in territorio siriano, dal Mediterraneo al confine iracheno, affermando che servirà sia a proteggere gli interessi nazionali turchi sia a reinsediare 1 milione dei 3,5 milioni di rifugiati siriani che vivono in Turchia.

Né gli Stati Uniti, né la Russia, né l’Iran né l’Unione Europea sostengono il piano di Erdogan, ma l’attuale importanza della Turchia in quanto mediatore fra Russia e Ucraina ha indotto gli altri paesi a fare ampie concessioni o a stringere taciti accordi per lasciare che i Turchi sferrino attacchi ai Curdi per terra e dal cielo, non soltanto in Siria ma anche in Iraq. La posizione ufficiale turca è che i separatisti curdi nel Kurdistan iracheno determinano l'orientamento politico dei curdi siriani. Ci sono più di 20 basi militari turche nel nord dell'Iraq, prevalentemente a Bashiqa vicino a Mosul e nel governatorato di Duhok, nonostante le proteste del governo iracheno. Il governo turco ha già dichiarato di avere il diritto di attaccare le basi dei Curdi in Iraq per proteggere la propria sicurezza.

Erdogan ha dichiarato che la riapertura della moschea di Hagia Sophia a Istanbul nel 2020 simboleggia la resurrezione del popolo turco, la rottura delle catene e il rivivere della sua forza. Ma gli indici di approvazione di Erdogan stanno diminuendo, perché il popolo turco lotta per sbarcare il lunario e lo stato è sempre più indebitato. Forse la Grande Turchia dovrà ancora attendere. 

Lascia un commento

Vuoi partecipare attivamente alla crescita del sito commentando gli articoli e interagendo con gli utenti e con gli autori?
Non devi fare altro che accedere e lasciare il tuo segno.
Ti aspettiamo!

Accedi

Non sei ancora registrato?

Registrati

I vostri commenti

Per questo articolo non sono presenti commenti.