I Balcani, la crisi energetica e le paure incrociate

03/09/2022

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La guerra in Ucraina ha aperto un teatro di guerra economica nei Balcani. La regione dipende fortemente dall’energia russa, quindi è vulnerabile all’influenza politica russa, ma fa affidamento sull’Unione Europea per tutti gli altri aspetti del suo benessere politico ed economico.

La maggior parte degli stati balcanici sono già membri dell’UE e della NATO, quelli che non lo stanno cercando di esserlo. Hanno economie cronicamente fragili e la crisi energetica creata dalla guerra li rende molto preoccupati per il loro futuro. La preoccupazione li ha spinti a riconsiderare gli allineamenti politici ed economici.

 

In Bulgaria il Ministro dell’Energia Rosen Hristov ha affermato che il governo rinnoverà inevitabilmente i negoziati con la Russia sulle forniture di gas, che Mosca ha interrotto unilateralmente alla fine di aprile, quando la Bulgaria si è rifiutata di pagare il gas in rubli per non violare le sanzioni occidentali. Il governo bulgaro ha deciso di lavorare alla costruzione di un interconnettore con la Romania che porti gas rumeno in Bulgaria e uno con la Grecia che porti gas naturale liquefatto americano. Ora il governo ha calcolato che il GNL dirottato dalla Grecia è circa il 50% più costoso del gas proveniente dalla Russia. Questo può essere vero o meno – i capricci di un mercato energetico instabile e l’esistenza di sanzioni rendono difficile la verifica – ma anche se lo fosse, la Bulgaria sta chiaramente segnalando che sarebbe disposta a violare le sanzioni per proteggere i propri interessi economici. La decisione della Bulgaria minerebbe l’unità politica dell’UE, che è essenziale se Bruxelles vuole ridurre la dipendenza complessiva dell’Europa dall’energia russa.

Quando la Russia ha tagliato le forniture alla Bulgaria ad aprile, Serbia e Ungheria, che condividono i gasdotti con la Bulgaria, hanno temuto di essere coinvolte nei tagli di fornitura. Belgrado è corsa a cercar di diversificare le opzioni di fornitura. Il 22 agosto, dopo una telefonata tra il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev e il presidente serbo Aleksandar Vucic, è stato confermato che la Serbia riceverà energia dall’Azerbaigian a “condizioni favorevoli”, secondo il memorandum d’intesa firmato a giugno. È però necessario costruire un interconnettore tra Serbia e Bulgaria. Il progetto è già in corso ma non sarà pronto fino al prossimo anno. Belgrado ha anche cercato di garantirsi consegne di GNL dai terminali in Grecia e Croazia, la maggior parte dei quali proviene dagli Stati Uniti. Inoltre ha annunciato la formazione di un gruppo di lavoro (foto in testata) sulla crisi energetica e su progetti strategici congiunti con la Macedonia del Nord e l’Albania e cerca di accelerare la costruzione di un interconnettore con la Romania. La creazione di interconnettori richiede tempo, ma è una soluzione di lungo termine che avvicinerà Belgrado all’Occidente in generale e all’UE in particolare.

I progressi nella diversificazione degli approvvigionamenti hanno spinto il governo serbo a dichiarare che smetterà di importare greggio russo il 1° novembre, aderendo di fatto alle sanzioni occidentali. La dichiarazione è arrivata dopo un commento fatto all’inizio del mese dall’ambasciatore russo secondo cui Mosca è interessata ad aprire una base militare in Serbia. Questo ha creato molta ansia in Serbia, il Presidente è arrivato a dire che la Serbia non ha bisogno di “basi militari di nessuno”. Il 23 agosto il vice primo ministro serbo ha affermato che, sebbene a febbraio la Serbia abbia deciso di non aderire alle sanzioni, è decisamente contraria alla guerra in Ucraina, e ha invitato il Ministro degli Esteri russo a non descrivere più la Serbia come sostenitrice del conflitto. Le dichiarazioni sono state ampiamente diffuse dai media serbi. È la prima volta che il governo serbo critica apertamente le posizioni della Russia. La politica estera della Serbia mantiene tradizionalmente una posizione di equilibrio tra le grandi potenze. Belgrado ha mantenuto buone relazioni sia con la Russia sia con l’UE e con la Cina. Nutre invece sospetti verso la politica degli USA, dopo l’intervento NATO del 1990. Ma, vedendo scemare il potere economico di Russia, Cina e Unione Europea, la Serbia cerca un avvicinamento agli Stati Uniti.

La Serbia scommette sull’Occidente perché le sue relazioni con la Russia diventano tossiche. Non può sostenere la Russia nel chiedere l’indipendenza di Donetsk e Luhansk – ci sono troppe somiglianze tra il destino di quel territorio e il Kosovo. Sostenere la Russia in Ucraina equivarrebbe a sostenere il diritto all’indipendenza del Kosovo. Inoltre l’economia della Serbia dipende ormai in gran parte dall’UE, non più dalla Russia. Ma ancor più importante è che la Serbia capisce bene come i Balcani potrebbero divenire un’altra linea di attacco contro l’Occidente da parte della Russia, destabilizzando l’Europa per lungo periodo.

 

La maggior parte degli stati hanno economie cronicamente fragili e la crisi energetica creata dalla guerra li rende molto preoccupati per il loro futuro. La preoccupazione li ha spinti a riconsiderare gli allineamenti politici ed economici

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