Afghanistan, che succederà ora?

16/08/2021

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Presto riprenderà la guerra civile in Afghanistan. È inevitabile. Gli Afghani di etnia uzbeka e tagica non si arrenderanno ai Talebani e continueranno a combattere nelle loro valli di montagna. Gli Hazara invece, che fino all’inizio del 1900 costituivano la maggioranza della popolazione afghana, sono già stati quasi totalmente sterminati dai Pashtun, sia prima sia dopo il prevalere dei Talebani (gli Hazara sono un gruppo di lingua farsi e di religione sciita, i Talebani sono espressione politico-militare di gruppi sunniti che parlano pashtun).

L’Afghanistan, come tutti i paesi che non hanno vissuto secoli di sviluppo industriale, non ha mai sviluppato un sentimento nazionale unitario, né ha mai sviluppato le strutture di uno stato unitario. È un insieme di tribù e di etnie che abitano valli diverse, parlano lingue diverse, hanno le proprie scuole e le proprie milizie. La monarchia teneva insieme tutte queste componenti mediando costantemente fra i diversi interessi, ma rispettando l’autonoma amministrazione delle risorse e della giustizia da parte di ogni tribù o etnia. Alla fine degli anni ’60 l’autorevolezza della monarchia entrò in crisi e poi crollò sotto la pressione dell’ideologia comunista promossa dall’Unione Sovietica, che aspirava al controllo dell’Asia Centrale. Da allora in Afghanistan c’è stata una lunghissima guerra civile, interrotta da due invasioni dall’esterno, quella russa e quella americana. Sia i Russi sia gli Americani hanno creato e sostenuto governi locali, durati soltanto finché c’è stata la presenza militare degli uni o degli altri.

I Talebani hanno avuto il sostegno ininterrotto di un paese straniero, il Pakistan. Almeno 6000 membri del gruppo islamista pachistano Tarik i Taleban sono costantemente presenti sul territorio afghano e riforniscono i Talebani afghani di armi attraverso la frontiera. Il gioco di equilibrio del governo pachistano è difficile e rischioso. L’esercito non riesce a sottomettere i guerriglieri Tarik i Taleban, che vivono e operano nelle valli che scendono sui due versanti dello Spin Ghar, l’altissima catena montuosa che funge da confine naturale fra i due paesi, perciò il governo pachistano anziché combatterli preferisce spingerli a operare sempre più in profondità in Afghanistan, il che dà al Pakistan più potere sulla regione. Li utilizza per i suoi scopi, anziché combatterli. Il confine fra Pakistan e Afghanistan è soltanto formalmente controllato dai soldati pakistani, in realtà è nelle mani delle tribù di frontiera, la cui espressione militare sono proprio i Tarik i Taliban.

Il Pakistan deve però convincere i Talebani a cooperare per non disturbare il CPEC, il corridoio economico sino-pakistano composto di ferrovie, autostrade, oleodotti e gasdotti che da Kashgar, città dello Xinjiang cinese, abitata dai fieri Uiguri, scende nelle valli al confine fra Pakistan e Afghanistan per raggiungere il porto di Gwandar, sull’Oceano (che gli Arabi preferiscono chiamare Mare arabo).

D’altra parte il Pakistan deve anche evitare di compromettersi troppo con i Talebani per non perdere il tradizionale sostegno militare degli USA, che è una specie di polizza di assicurazione contro il possibile strapotere della Cina e dell’India.

I Tarik i Taleban non sono un gruppo compatto con un comando unitario, sono miliziani di tribù provenienti da valli diverse con comandanti diversi, che hanno simpatie diverse e amici diversi. Alcuni ancora sostengono l’ideologia internazionalista di al Qaeda, altri compiono attentati contro i Cinesi per solidarietà con gli Uiguri. Molti considerano l’esercito pakistano invasore delle loro valli, in cui non vorrebbero interferenza alcuna. Non sarà facile neppure per il Pakistan riuscire a gestirli.

 

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