Eppur si muove…

03/04/2021

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Continuiamo a esser concentrati sull’impossibilità di condurre normalmente la nostra vita, inseguiamo quotidianamente i numeri della pandemia, cerchiamo di capire le possibilità per l’immediato futuro, ma nel frattempo gli avvenimenti globali evolvono, gli scenari assumono contorni più netti, i rapporti di forza sono messi a nuova prova. Tutto è in movimento. Proviamo a riassumere l’evoluzione delle situazioni più importanti.

Gli Stati Uniti di Biden proseguono la politica internazionale dell’amministrazione Trump, pur variando la retorica dei discorsi: occorre rafforzare economicamente, tecnologicamente e militarmente il Paese per metterlo in grado di sfidare con successo la Cina, potenza rivale di lungo periodo. In quest’ottica vanno rivisti e rinforzati i rapporti degli USA con i paesi che circondano la Cina e/o si affacciano sullo stesso mare, cioè i paesi in cui le due potenze giocheranno la nuova guerra fredda. Anche gli eventi in Myanmar rientrano in questi nuovi scenari. 

Le alleanze strategiche degli USA oggi sono con il Giappone, l'India, l'Australia, la Corea. L'Europa e il Medio oriente sono diventate aree di interesse secondario, perciò questi popoli verranno sempre più invitati a cavarsela da soli nella gestione delle crisi regionali. Gli USA manterranno il ruolo di equilibratori, interverranno cioè per evitare che cambino troppo gli equilibri fra e potenze regionali, ad esempio fra Turchia, Russia e Iran, o fra Russia e Unione Europea. Più debole e frammentato è il potere in Europa e in Medio oriente, meglio è per una grande potenza globale come gli USA, perché mantiene la possibilità di giocare su molti tavoli, senza che la posta diventi alta.

La Turchia ha approfittato dell’attuale assenza degli USA, dell’inesistenza militare e politica dell’Europa e delle difficoltà interne sia della Russia sia dell’Iran, per conquistare rapidamente prestigio, contratti e collaborazioni militari con i paesi del Nord Africa e i paesi turcomanni dell’Asia centrale. I Turchi hanno scacciato in 15 giorni noi Italiani dalla Libia, dove eravamo paese egemone da un secolo. 

Nel cuore dell’Africa subsahariana evolvono lotte tribali e jihadiste che provocano sempre nuove ondate di migrazioni verso la costa del Mediterraneo e quindi verso l’Europa. Presto questo diventerà un problema importante, che non potremo non affrontare e per il quale saremo costretti a sollecitare o esigere la partecipazione dell’Europa. Chissà come andrà a finire. Sarà una prova di forza importante all’interno dell’Unione Europea, che non potremo rimandare a lungo e per la quale dobbiamo trovare alleati.

Ognuno degli argomenti sopra elencati meriterebbe approfondimenti, ma per fortuna oggi in Italia l’informazione sugli eventi internazionali è migliorata molto.

Noi abbiamo iniziato a scrivere articoli che invitavano a capire gli eventi internazionali in ottica geopolitica e strategica nel 2006, a partire da uno stimolante seminario della John Hopkins University. L’informazione italiana su questi argomenti allora era vergognosa, così come lo era stata nei 20 anni precedenti: i seminari e le pubblicazioni dei centri di ricerca erano vuote e pompose iniziative basate sulla retorica, che parevano messe in piedi per fornire stipendi o gettoni di presenza a una piccola casta, purchè non dicesse o facesse nulla che potesse ‘disturbare il manovratore’. Limes, la rivista italiana considerata più prestigiosa in questo campo, era un illeggibile lungo blah blah mensile. L’unica informazione giornalistica seria sugli eventi globali la facevano (e continuano a farla) Radio Radicale e Avvenire (oggi Settimana news).

Oggi gli articoli di base su Limes sono chiari, rispecchiano le complessità e le contraddizioni sul terreno e presentano chiaramente gli interessi in gioco. Oggi anche alcuni grandi quotidiani italiani hanno ottimi articoli sulle situazioni e sugli eventi internazionali, a partire da Rampini, Pagliara e Maurizio Molinari a Repubblica, fino a Domenico Quirico per La Stampa, a Francesco Sisci e a un piccolo numero di competenti giornalisti televisivi. Il cambiamento è avvenuto fra il 2008 e il 2016, negli anni in cui la crisi finanziaria ed economica, i diktat della Germania all’interno dell’UE per accettare di salvare i Greci e noi Italiani dalla bancarotta, lo scoppio e l’evoluzione delle rivoluzioni arabe e delle guerre civili jihadiste, con attentati terroristici anche in Europa, ci hanno costretti ad aprire gli occhi e cercar di capire la realtà in cui eravamo immersi, vissuta fino ad allora ad occhi beatamente chiusi. Forse anche noi abbiamo contribuito a stimolare alcuni giornalisti a fornire una migliore informazione sugli aventi globali e sulla politica internazionale, o per lo meno così ci piace pensare.

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