La tassa sui servizi digitali e il rischio di sanzioni americane

17/06/2020

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Il 2 giugno 2020 il presidente Trump ha annunciato l’avvio di un’indagine sulle proposte di tassazione dei servizi digitali approvate dall’Unione Europea e da 18 stati singoli, fra cui Austria, Brasile, Repubblica Ceca, Francia, Italia, Spagna, Turchia, Regno Unito. L’indagine è avviata sotto il titolo 301 del Trade Act del 1974, cioè con lo scopo di appurare se le proposte danneggiano in modo particolare l’economia americana e perciò possono giustificare l’eventuale applicazione di sanzioni tariffarie da parte degli USA.

Il procedimento richiederà mesi e non potrà che appurare che le misure proposte arrecano danni particolari all’economia americana, visto che e grandi aziende di servizi digitali sono quasi tutte negli USA. La nuova tassa approvata in Francia nel tardo 2019, per esempio, si applicherà soltanto ad aziende che hanno ricavi di almeno 750 milioni di euro l’anno, di cui almeno 25 milioni in Francia. Attualmente tali aziende sono 27, 17 delle quali americane e una sola francese.

Ma c’è consenso in tutto il mondo, Stati Uniti inclusi, che occorre elaborare regole comuni per la tassazione dei servizi digitali. La tassazione ha sempre avuto base territoriale: ogni stato esercita il potere di raccogliere tasse dalle aziende operanti sul suo territorio, in base agli utili sviluppati. I servizi digitali operano attraverso lo spazio, al di là dei confini fisici, possono operare globalmente avendo sede legale e fiscale nello stato che preferiscono. Ma come creano valore i servizi digitali? Di quali ‘materie prime’ hanno bisogno per operare e sviluppare i profitti? I dati, le informazioni codificate, che provengono dagli stessi utenti dei servizi. Di qui l’idea di tassare le aziende che forniscono e gestiscono servizi digitali in base alla localizzazione degli utenti dei servizi, non alla localizzazione dell’azienda. Sono gli utenti dei servizi a fornire la materia prima da cui l’azienda ricava valore, dunque ogni stato può imporre una tassa all’azienda basata sull’uso dei servizi stessi, non sull’utile.

Discussioni e negoziazioni a livello internazionale sono state avviate da qualche anno per definire sia i principi sia il livello di tassazione dei servizi digitali. Discussioni e negoziazioni si svolgono sia a livello del G20, sia all’interno di un comitato di 137 paesi organizzato dall’OCSE, chiamato BEPS, Inclusive Framework on Base Erosion and Profit Shifting. Queste negoziazioni potrebbero protrarsi per molti anni, forse decenni. Nel frattempo il governo americano considera illegittima ogni tassazione imposta unilateralmente dai singoli stati, se va palesemente a svantaggio di aziende americane. Se gli USA applicheranno davvero sanzioni ai paesi UE e all’Inghilterra nei prossimi anni (per ritorsione contro l’introduzione della tassa sui servizi digitali) dipenderà dalle scelte politiche della prossima amministrazione americana.

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