Il lungo inverno russo

28/04/2020

Liberamente tratto da un articolo di George Friedman per Geopolitical Futures

 

 

Prima che i prezzi dell’energia cominciassero il loro lento declino, ci sono stati periodi in cui petrolio e gas naturale rappresentavano circa il 60% delle esportazioni della Russia e il 30% del suo PIL. Secondo il pensiero dello stesso Lenin, la Russia era da considerarsi un paese del Terzo mondo, dato che così definiva i paesi che sopravvivevano vendendo materie prime alle economie più avanzate. Il problema era che la sopravvivenza di questi paesi dipendeva da prezzi che non avevano il potere di controllare e la rivoluzione bolscevica doveva servire proprio a emancipare la Russia dalla dipendenza dalla vendita di materie prime. Stalin perseguì il sogno di Lenin attraverso la spietata confisca per acquisire capitali con cui procedere all’industrializzazione del paese. Ma entrambi fallirono nel tentativo di costruire una Russia moderna, indipendente dalle esportazioni di materie prime.

C’è stato un tempo in cui la Russia poteva sfruttare la fornitura – o la non fornitura, a seconda dei casi – di energia per far tremare l’Europa. Ma ora il mondo è pieno d’energia e, malgrado il recente tentativo di raggiungere un’intesa con i Sauditi, Mosca non è riuscita a mantenere alti i prezzi perché la disponibilità di energia è aumentata molto, soprattutto per la nuova produzione americana, e la domanda non ha tenuto il passo. Negli ultimi anni il prezzo del petrolio è diminuito costantemente, ma a causa della pandemia ora è precipitato. La contrazione dell’economia globale determina immancabilmente la riduzione della richiesta di energia. I tentativi di far salire i prezzi da parte dell’OPEC non hanno avuto alcun esito. Negli anni ’70 la domanda di petrolio era in continua crescita e l’OPEC poteva sfruttarla scegliendo di chiudere i rubinetti delle forniture. Molti ricorderanno l’embargo arabo che fu tra i tratti distintivi della politica degli anni ’70 e permise a paesi come la Russia e l’Iran di costruire economie moderne. Ma l’OPEC ormai ha perso ogni rilevanza. I produttori si sono comportati come se il loro potere e il profitto che ne deriva fossero eterni. Invece i prezzi elevati hanno moltiplicato la ricerca di nuove fonti di petrolio e gas e di sistemi più efficienti nell’uso dell’energia; così, a partire dagli anni ’80, i prezzi hanno cominciato a scendere drasticamente.

L’URSS era una potenza zoppa mascherata da grande potenza. Torna alla mente la storia del villaggio Potemkin, che dice molto di questo paese: per impressionare Caterina II di Russia e i diplomatici  che l’accompagnavano in un viaggio in Crimea e celare la reale povertà della regione, il principe fece costruire villaggi fittizi, con case di cartapesta che avevano solo la facciata. Queste diedero all’imperatrice l’illusione di una Russia prospera, dietro la quale si celava però una realtà molto più cupa. Il crollo dell’URSS ebbe molte matrici – l’inefficienza e la corruzione su cui si basò per decenni il sistema, per esempio – ma fu determinante quanto avvenne negli anni ’80: da un lato le spese militari lievitarono man mano che Mosca cercava di stare al passo dei progressi americani, dall’altro lato i prezzi dell’energia crollarono. Mosca fu così stretta in una morsa tra la spesa per la difesa e la discesa dei prezzi dell’energia, e fu questa morsa a dare il colpo di grazia all’URSS. Dopo il crollo dell’URSS la Russia dovette nuovamente affrontare l’annosa sfida di costruire un’economia moderna. Il primo decennio fu estremamente caotico, con banchieri e oligarchi che si appropriarono della ricchezza nazionale grazie alle privatizzazioni. Ma i prezzi dell’energia erano tornati a essere abbastanza alti ed era teoricamente possibile creare capitali d’investimento per modernizzare l’economia. Il punto è che i capitali furono deviati per investimenti al di fuori dalla Russia e Putin, il cui potere dipendeva dall’appoggio degli oligarchi, non poté fare quel che sarebbe stato necessario fare. Quando il suo potere aumentò e gli investimenti divennero possibili, i prezzi dell’energia iniziarono a scendere e con loro i fondi a disposizione per gli investimenti (che negli ultimi giorni sono completamente svaniti).

Il problema della Russia ora non è quello di costruire una nuova generazione di missili ipersonici, né di investire in tecnologie super avanzate. Ora deve cercare di evitare il collasso, considerando che al momento ha ben poche leve per far aumentare i prezzi dell’energia. Putin è un leader potente, certo più di quanto lo fossero Gorbaciov o Eltsin, ma non ha molte carte da giocare e deve rapidamente riconsiderare la sua strategia. L’idea di costruire il Nordstream 2 che doveva portare il gas naturale dalla Russia alla Germania, per esempio, ormai appartiene al passato: tra il virus e il crollo dei prezzi nessuno lo ritiene più un progetto da perseguire.

I Russi sono capaci di sopportare le difficoltà e resistere fino a livelli che gli stranieri hanno difficoltà a comprendere. Sopportano molto e si ribellano raramente, ma quando lo fanno −come nel 1917 o contro la Germania nazista durante la Seconda guerra mondiale o nel 1991 − sono in grado di distruggere realtà che sembravano immutabili ed eterne. I Russi dicono di sapere come sopravvivere a un lungo e rigido inverno. Ma con il prezzo dell’energia ridotto a una minima frazione di quel che servirebbe non per prosperare ma anche soltanto per sopravvivere, è difficile immaginare come resisteranno a questo inverno. 

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