La società signorile di massa
di Luca Ricolfi

25/11/2019

 

Vale la pena leggerlo!

Si tratta di un saggio di lettura veloce e agevole, che non soltanto offre alcuni dati molto significativi di cui non si parla (ad esempio che gli Italiani spendono 107 miliardi l’anno per i giochi d’azzardo, poco meno di quanto ne spendiamo per mangiare e più o meno tanto quanto costa la spesa pubblica annuale per l’intero sistema sanitario nazionale!), ma offre anche una stimolante cornice concettuale all’interno della quale leggere i dati economici dell’Italia di oggi.

Sostiene Ricolfi che oggi gli Italiani costituiscono una società signorile di massa perché:

-          il numero di cittadini italiani che non lavorano ha superato largamente il numero di cittadini che lavorano;

-          ma i cittadini che non lavorano non sono affatto poveri, perché almeno due terzi di essi hanno accesso a tipologie di consumi raffinate e opulente, tipiche delle classi signorili di un tempo (fra cui la droga e il gioco d’azzardo, non soltanto le vacanze ricorrenti o l’alimentazione bio);

-          come nelle società signorili tradizionali, c’è stagnazione economica, il PIL non cresce, la scala sociale è quasi bloccata, sia dall’eccessivo sfruttamento delle forze dei pochi che producono, sia dall’eccesso di norme e di burocrazia;

-          come in tutte le società signorili i ricchi consumi di chi non lavora sono sostenuti dai contributi non soltanto della minoranza di cittadini che lavorano, ma anche dallo sfruttamento del lavoro sottopagato di circa 5 milioni di immigrati che non sono cittadini, secondo un sistema che Ricolfi definisce semi-schiavile (dalle badanti ai fattorini in bici, dalle prostitute ai braccianti agricoli pagati meno di 1 euro l’ora).

Una delle cause di questa situazione secondo Ricolfi è la politica scolastica, cha ha progressivamente abbassato l’asticella per tutti, alimentando nei giovani italiani la convinzione di poter raggiungere posizioni lavorative elevate con la stessa facilità con cui ottengono i titoli di studio. Ma la produttività della scuola è bassissima perché, dice Ricolfi, oggi un laureato raggiunge a malapena le capacità logiche e linguistiche e il livello di conoscenza di chi finiva la terza media nei primi anni ’60. Quando si accorge di non saper far nulla di interessante per il mercato del lavoro, il nostro diplomato o laureato non accetta un lavoro umile, perché lo ritiene inferiore al proprio valore e perché può vivere sufficientemente bene in famiglia senza far quasi niente, in attesa che la morte dei nonni o dei genitori gli metta a disposizione il patrimonio di famiglia. E il patrimonio medio delle famiglie italiane è il più alto d’Europa, accumulato non soltanto attraverso decenni di duro lavoro dei nonni e talora dei genitori, ma anche grazie all’enorme debito pubblico accumulato dall’Italia dagli anni ’70 in poi, che in larga parte ha alimentato il risparmio privato e l’accumulo di patrimonio delle famiglie. 

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