Geopolitica, utile più che mai nei periodi di crisi

24/09/2019

La geopolitica non è, come i più pensano, una disciplina per militari, una questione di numeri e di logistica. È una visione della storia umana e dei comportamenti politici e sociali che parte da quattro assunti chiave, collegati fra di loro a formare una griglia interpretativa costante. Ecco i quattro assunti:

-          che le società umane si formano e si forgiano nel lavorare insieme e nel proteggere insieme i frutti del lavoro, il territorio e la famiglia;

-          che i modi di lavorare insieme e di proteggersi insieme variano a seconda delle caratteristiche geografiche e demografiche del territorio in cui si vive, dando origine a culture diverse;

-          che le persone tendono ad amare l’ambiente e la cultura in cui crescono e vivono, che considerano proprie (non tutte le persone e non sempre, ma le società e le culture sopravvivono nella storia soltanto se hanno questo amore di sé, altrimenti scompaiono);

-          che l’innovazione tecnologica cambia costantemente il modo il cui viviamo, lavoriamo e ci proteggiamo insieme e cambia anche la geografia, rendendo vicino quello che è lontano, possibile qualche cosa che era precedentemente impossibile, necessarie cose prima inutili, sovrabbondanti e di basso valore cose un tempo rare e preziose.

Ed è questo cambiamento, innescato dall’innovazione tecnologica e scientifica, il principale motore della storia, perché obbliga a ripensare e ristrutturare i sistemi di produzione, dunque anche la struttura dei gruppi sociali, le alleanze o rivalità con altri gruppi vicini e lontani, i sistemi di difesa. Il fattore umano è sempre l’attore primario anche nell’interpretazione geopolitica della storia, ma privilegia il ruolo delle necessità e delle paure di gruppo rispetto a quello delle ideologie e dei singoli personaggi.

In questo periodo gli equilibri globali e le ideologie politiche e sociali mostrano segni di stress e di crisi. Perché? La geopolitica indica come motore primo degli squilibri il diffondersi delle tecnologie digitali che permettono:

-          la comunicazione immediata con qualunque parte del globo;

-          la possibilità di inviare comandi immediati da qualunque distanza a sistemi di produzione e sistemi di difesa e di attacco;

-          la sostituzione su vasta scala della manodopera umana con robot;

-          la dematerializzazione dei prodotti dell’ingegno, della moneta e di larga parte dei servizi che compongono l’economia.

La prima conseguenza immediatamente visibile delle tecnologie digitali è che il mondo è diventato un unico grande mercato e potenzialmente anche un unico campo di battaglia, mentre tutte le istituzioni regolatrici (politiche e sociali) hanno potere territorialmente limitato. Le prime evidenti reazioni a tale situazione di crisi generalizzata sono la guerra dei dazi, le limitazioni agli scambi globali di nuove tecnologie di valore strategico (5G) e il dibattito sull’immigrazione: gli stati cercano di frenare e di riconquistare il controllo, mentre si tenta di re-immaginare e ridefinire i blocchi di amici e rivali, si ipotizzano regole per gestire la nuova realtà e le sue future conseguenze, in parte ancora non immaginabili. All’interno di questo quadro emergono altri temi specifici a singole aree geografiche ed economiche (ad esempio in Medio Oriente, o nell’Africa subsahariana), ma la cornice di cui occorre tener conto per iniziare a capire la realtà in cui viviamo è la rivoluzione digitale, che soltanto adesso sta mostrando i suoi effetti sull’ordine globale e sulle singole aree del globo.

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