Brexit, democrazia e UE

09/09/2019

Nel parlamento inglese le passioni si sono accese per impedire una hard brexit, senza accordo sull’Irlanda.

L’Irlanda è divisa in due stati diversi: la Repubblica d’Irlanda (capitale Dublino), con popolazione a maggioranza cattolica, e Irlanda del nord (capitale Belfast) che è parte del Regno Unito, con popolazione a maggioranza protestante. Per mezzo secolo gruppi di irredentisti irlandesi compirono dimostrazioni e attentati contro l’Inghilterra perché volevano che l’Irlanda del nord fosse posta sotto la sovranità della Repubblica d’Irlanda. Gli Inglesi e i protestanti irlandesi risposero agli attentati con una dura repressione. Ma nel 1998 fu firmato il Good Friday Agreement, accordo del Venerdì santo, che pose fine alle ostilità. Le due entità rimasero separate politicamente, ma fu abolita ogni restrizione alla mobilità di merci, persone, capitali, visto che entrambi i paesi facevano parte dell’Unione Europea. Da allora molti Irlandesi della Repubblica sono andati a vivere e lavorare o studiare nel Nord, o viceversa. I residenti nel Nord pagano le tasse al Regno Unito e non alla Repubblica d’Irlanda, ma il Regno Unito destina ai servizi per l’Irlanda del Nord più denaro di quanto ne raccolga dalle tasse.

Con l’uscita del Regno Unito dall’UE dovrebbe essere ripristinata la frontiera fra le due parti dell’isola, ma l’Irlanda, che rimane membro dell’UE, sostiene che questo viola gli accordi del Good Friday, riconosciuti anche dall’UE. Per questo l’UE e l’Irlanda hanno chiesto il backstop, l’arretramento della frontiera fisica del Regno Unito dalla terraferma al mare, cioè il ritiro dal territorio, in attesa di quasi impossibili futuri nuovi accordi diretti fra Londra e Dublino, pur senza rinuncia formale alla sovranità, sovranità che però procura al Regno Unito più spese che tasse. Il parlamento inglese ovviamente non ha mai accettato il backstop, pur volendo l’uscita dall’Unione Europea; per questo la brexit è stata rimandata più volte. Ora che Boris Johnson vuole procedere a uscire dall’UE senza nessun accordo sull’Irlanda, il Parlamento si è ribellato, perché riaprire la questione irlandese porterebbe un’ondata di proteste e probabilmente di attentati. Si rischierebbe di giungere a una vera e propria insurrezione in Nord Irlanda, sostenuta dall’UE, da cui l’Inghilterra potrebbe uscire molto mal concia. Si terranno dunque nuove elezioni e a scegliere se procedere o no alla hard brexit saranno gli elettori. Vediamo qui la democrazia inglese – la più vecchia e più solida del mondo − all’opera: su di una decisione cruciale il parlamento vota contro il governo, la maggioranza si spacca e la scelta torna agli elettori, cioè alle persone che alla fine pagano le conseguenze della scelta.

Il caso della brexit illustra bene il dilemma dell’appartenenza degli stati a istituzioni sovranazionali con scopi e poteri limitati, ma abbastanza forti per impedire di fatto agli stati di esercitare la loro sovranità. Come nel Medioevo, quando la sovranità era formalmente dell’Imperatore, ma i vari signori locali facevano quel che volevano, però a parti rovesciate: l’istituzione sovranazionale non ha nessun potere sovrano, ma di fatto impedisce a chi l’ha di esercitare la sovranità. Questo mette in forte imbarazzo i politici degli stati sovrani, che vengono eletti per affrontare e risolvere i problemi degli elettori, ma poi non possono usare efficacemente i poteri sovrani, perché le organizzazioni sovranazionali condannano l’iniziativa politica o pongono il veto su qualche suo elemento fondamentale. Le organizzazioni sovranazionali però non hanno né la responsabilità né il potere di risolvere i problemi degli elettori, non sono politicamente responsabili, esercitano alcuni poteri soltanto per delega ed entro confini definiti dalla delega. Così i problemi degli elettori non si risolvono, tendono a incancrenirsi. Il rischio è che si giunga prima o poi a ribellioni che potrebbero portare alla sospensione non soltanto di qualche trattato internazionale, ma della democrazia stessa in alcuni stati, se gli elettori venissero indotti a pensare che è la democrazia a non funzionare, non lo stallo di poteri fra Unione Europea e governi nazionali. Inoltre i cattivi governanti possono prendere decisioni rovinose e poi attribuire la colpa della rovina all’Europa, ad esempio perché non permette di aumentare il debito pubblico, e salvare la faccia davanti agli elettori. La democrazia non regge a lungo senza responsabilità chiare.

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La pacificazione dell'Irlanda del Nord (che all'epoca sembrava insolubile) é stata resa possibile grazie all'esistenza della UE, che implica anche una serie di necessarie regole tecniche. Nel momento in cui gli uomini politici nazionali spingono il proprio elettorato (ricorrendo a metodi quanto meno discutibili, e cioé la persuasione occulta e mirata, tramite Cambridge Analitica) ad abbandonare ciò che aveva consentito di raggiungere la pace, non possono poi dolersi di non essere forse in grado di mantenere in futuro la pace stessa. Insomma, non si può volere la botte piena e la moglie ubriaca ...