Gli USA e la difesa europea

28/06/2019

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Negli ultimi anni gli Stati Uniti hanno chiesto a più riprese agli alleati europei di accrescere il loro budget per la difesa, sottolineando la necessità di creare un’alleanza militare occidentale più forte. L’Unione Europea ha fatto qualche passo avanti, lanciando la PESCO (Permanent Structured Cooperation) e l’EDF (European Defense Fund, un fondo per la difesa da svariati miliardi), che però non hanno affatto risposto alle aspettative americane.

La PESCO crea uno spazio nel quale i partner europei possono lavorare congiuntamente nell’ambito della sicurezza, mentre l’EDF garantisce un budget di circa 13 miliardi di dollari per ricerca, sviluppo e produzione di sistemi di difesa. Ma Bruxelles ha stabilito regole molto stringenti, specie per quanto riguarda il coinvolgimento di terzi nei progetti di difesa finanziati dall’EDF, che deve essere approvato all’unanimità dai membri della PESCO. E se una parte terza – un’azienda americana, per esempio – venisse accettata, le norme europee impedirebbero il trasferimento di qualsiasi tecnologia sviluppata all’interno della PESCO fuori dal blocco di paesi europei. Washington ha fatto presente che, in questo modo, le restrizioni impediscono all’industria della difesa statunitense di accedere al budget dell’EDF, ma questo era proprio l’intento di Bruxelles.

L’Europa considera l’EDF e la PESCO strumenti per emanciparsi dagli USA nell’ambito della difesa. L’idea che l’Europa debba avere una maggiore autonomia strategica è ormai molto diffusa e il raggiungimento di questo obiettivo passa certamente anche da una maggiore autonomia delle proprie industrie per la difesa. Alle accuse degli USA − che sostengono che così l’Europa sta minando la NATO − Bruxelles risponde che in realtà tutte queste misure saranno complementari alla missione della NATO, poiché renderanno più efficaci ed efficienti le difese dei paesi europei che ne fanno parte.

I paesi che spingono più apertamente per una maggiore integrazione europea nell’ambito della difesa sono, non a caso, quelli che hanno già sviluppato una forte autonomia dall’industria della difesa americana, ossia Germania e Francia. La Francia, in particolare, è molto gelosa della sua autonomia strategica in ambito difensivo, dato che ha una storia di isolamento rispetto alle alleanze globali (è rimasta a lungo fuori dalla NATO); offre all’industria della difesa americana un accesso molto scarso al proprio mercato e nell’ultimo decennio è riuscita ad avere una bilancia commerciale in attivo nei confronti degli USA, così come la Germania.

Subito dopo la Seconda guerra mondiale la maggior parte delle strutture del Vecchio continente, incluse le sue industrie per la difesa, erano in frantumi e nelle fasi iniziali della Guerra fredda gli alleati europei di Washington (con l’eccezione del Regno Unito) dipendevano pesantemente dalle importazioni americane in ambito militare. Man mano che le economie europee e le industrie della difesa iniziarono a riprendersi, si rafforzarono anche le varie identità politiche e le ambizioni dei vari stati di essere più autosufficienti. Le importazioni dagli USA presero a diminuire in maniera significativa.

Germania e Francia hanno cercato di emanciparsi dall’industria della difesa statunitense sia per rafforzare le rispettive economie che per avere accesso autonomo agli armamenti. Un altro fattore importante è stata la volontà di aggirare le ITAR (International Traffic in Arms Regulations), cioè le norme che limitano la possibilità di reimpiego e di esportazione a terzi di prodotti americani per la difesa, limitando notevolmente l’autonomia strategica di chi li impiega.

Negli ultimi anni la volontà di Washington di arginare l’influenza di Cina e Russia ha aumentato la pressione americana sull’Europa. Oltre a chiedere agli Europei di accrescere la loro spesa per la difesa e il loro ruolo nella NATO, gli Stati Uniti cercano anche di dissuaderli dal dipendere dal gas russo o dal collaborare con la cinese Huawei per lo sviluppo del 5G. Ma potenze europee come Germania e Francia sono sempre meno disponibili ad allinearsi agli interessi americani.

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