La stratificazione di religioni

28/12/2018

Allorché Arabi e musulmani intensificarono i loro attacchi, il centro geografico di gravità del buddhismo si spostò a est dell’Asia centrale, al di fuori della portata degli invasori. Le grandi città carovaniere del Turkestan orientale emersero infine come il nuovo fulcro centroasiatico del buddhismo, come anche del manicheismo. A Kashgar, Khotan, Turfan e altri centri monastici, uiguri, sogdiani e uomini originari di altre parti della regione continuarono a codificare, tradurre e diffondere i principi del buddhismo in tutta l’Asia settentrionale e orientale.

(…) Anche se gli Arabi distrussero le biblioteche preislamiche dell’intera regione, frammenti di libri nestoriani scritti in siriaco sono emersi in molti luoghi, mentre nello Xinjiang, rimasto immune dall’avanzata araba, si sono conservati interi volumi.

(…) I coloni ebrei (…) avevano avuto la medesima Merv come loro punto d’ingresso in Asia centrale. Il Libro di Ester, composto nel II secolo a.C., conferma la presenza di ebrei «in tutte le centoventisette province del re Serse», in cui erano incluse Battriana, Partia, Sogdiana, Margiana e Corasmia.  Nei primi anni del IV secolo, troviamo nel Talmud babilonese il riferimento a rabbi Samuel bar Bisena, famoso esegeta di testi ebraici. Recatosi in visita a Merv dall’accademia religiosa di Pumbedita (oggi Falluja, in Iraq), Bisena lamentò il lassismo con cui in Oriente si rispettavano le norme kosher. Secoli prima della conquista araba, gli ebrei si erano stabiliti in certo numero nella maggior parte delle grandi città dell’Asia centrale, dalla Corasmia all’Afghanistan, avventurandosi talvolta fin nel Turkestan orientale. Un vero e proprio tesoro di antichi manoscritti, scoperti di recente in una grotta afghana, ha confermato l’esistenza – più di un millennio fa – di una comunità ebraica di considerevoli dimensioni e fortemente alfabetizzata. La tradizione dell’apprendimento risalente al periodo di Bisena fiorì a tal punto che un viaggiatore medievale di epoca più tarda, Beniamino di Tudela, confermò la presenza di numerosi ed eminenti studiosi tra i settemila ebrei della lontana Khiva, o tra i cinquantamila che abitavano a Samarcanda.

( …) La stratificazione quasi geologica delle religioni in Asia centrale rese (…) i quesiti esistenziali particolarmente affascinanti. Il fondamento della fede zoroastriana, con la sua drammatica visione della lotta tra il Bene e il Male e la possibilità che uomini e donne potessero esercitare il loro libero arbitrio per prevalere in quella lotta, rese l’intera regione un terreno fertile per le religioni della salvazione. Buddhismo, manicheismo e cristianesimo, pur con le loro differenze, offrivano tutti una guida per affrontare la vita quotidiana, accettata in quanto compatibile con l’ordine divino delle cose (…) Nel corso del millennio che precedette l’invasione araba, i Centroasiatici vennero a contatto con quattro o cinque nuovi sistemi di fede, senza contare le credenze dei popoli nomadi. Essi acquisirono grande abilità nel tracciare confronti e individuare sia gli elementi distintivi di ciascuna fede sia i denominatori comuni. Tali valutazioni li portarono a considerare le sorgenti della conoscenza umana, avviando quell’indagine che la filosofia ufficiale definisce epistemologia. Non sorprende affatto che, durante la successiva era dell’illuminismo centroasiatico, personalità come al-Farabi abbiano primeggiato in questo campo come in quello della logica classica.(…) Non è difficile individuare elementi comuni nel modo in cui gli abitanti dell’Asia centrale accolsero le varie religioni apparse sulla soglia di casa loro tra il 300 a.C. e il 670 d.C. Ogni volta, seppero dimostrarsi straordinariamente aperti e sinceramente indagatori. (…) I Centroasiatici, aperti al mondo e pronti ad affrontare il nuovo senza visibili timori, sapevano impegnarsi nel libero scambio non solo nel commercio, ma anche nella sfera religiosa. Essi accettavano il dinamismo e il cambiamento come fenomeni normali e ritenevano del tutto naturale effettuare una selezione e poi una scelta, combinando gli elementi più graditi delle varie religioni in un inaspettato e originale sincretismo. (…) Nel loro sforzo di dare un senso alle religioni e alle idee che fioccavano su di loro, i Centroasiatici acquisirono un’estrema abilità nel codificare, analizzare, curare e commentare i libri sacri di ogni nuova fede. (…) Tutto questo sembra indicare che la storia religiosa e/o filosofica dell’Asia centrale possa non suddividersi negli ordinati scomparti tematici o cronologici di zoroastrismo, buddhismo, ellenismo, cristianesimo, manicheismo o islam, ma che sia una storia unica, e la sua evoluzione un singolo processo. Vista in questa luce, la codificazione degli hadith del profeta Maometto, in cui i Centroasiatici eccelsero più di tutti gli altri musulmani messi insieme, appare come la continuazione del grande progetto editoriale legato al buddhismo e, in misura minore, al manicheismo e al cristianesimo nestoriano.

(….) Il primo mistico sufi a noi noto fu Abu Yazid al-Bistami (804 circa - 874), originario della città di Bastam nel Khorasan. (…)Mentre il padre si era convertito all’islam dallo zoroastrismo, Bistami aveva cercato invece di arricchire la sua nuova fede con gli insegnamenti mistici e la pratica dello yoga, a cui era stato introdotto da un maestro buddhista del luogo. Quanto possiamo ritenere diversa, in definitiva, la disciplina mentale e spirituale del sufismo centroasiatico – che ricerca l’annichilimento dell’io, l’emancipazione dalla realtà terrena e temporale per abbracciare l’eterno – dalla tradizione buddhista? (…) Mentre la ricca e complessa tradizione musicale della Bukhara del X secolo, in epoca samanide, discendeva direttamente dai musici buddhisti raffigurati mille anni prima nella scultura del fregio di Airtam, nell’Uzbekistan meridionale. Se il misticismo buddhista trovò la sua strada nell’islam attraverso l’Asia centrale, lo stesso vale per il lavoro di cura redazionale delle scritture sacre, che rappresentava un’attività importante di molti centri monastici buddhisti sparsi in tutta la regione. (…) Perfino il dissenso e l’eresia potrebbero esistere in un continuum che unisce l’epoca preislamica e quella islamica. (…) La regione da Balkh a Nishapur avrebbe alimentato una ricca tradizione di scetticismo, non conformismo ed eresia. (…) La caratteristica di gran lunga più evidente della vita spirituale della civiltà sul crocevia asiatico era il suo pluralismo e la diversità. Tutto questo non scomparve con la conquista araba, ma, come vedremo, continuò a prosperare per quasi quattro secoli dopo l’arrivo dell’islam.

 

S. F. Starr, L’illuminismo perduto. L’età d’oro dell’Asia centrale dalla conquista araba a Tamerlano, Einaudi, Torino, 2017.

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