I Romani e i Parti

28/12/2018

L’interesse politico di Roma per l’Asia centrale nacque dalla percezione che il remoto regno dei Parti era divenuto, come sosteneva Strabone, un rivale della stessa Urbe e poteva rappresentare una minaccia. La dinastia dei Parti era sorta all’interno di tribù di stirpe iranica stabilitesi nel Khorasan e aveva costantemente rinsaldato il suo potere sul corridoio utilizzato da trasporti e commerci lungo l’asse est-ovest. La loro prima capitale, Nisa (diciassette chilometri a ovest della moderna Asgabat, in Turkmenistan), sorgeva nel bel mezzo di questa importante via commerciale. Dopo avere conquistato le restanti colonie greche in Afghanistan e nel Khorasan, i Parti iniziarono a spingersi verso ovest, arrivando infine a scontrarsi con le legioni romane più orientali. Roma, intanto, si opponeva vigorosamente al tentativo dei Parti di escludere i mercanti stranieri dal commercio con la Cina e l’India.  Le preoccupazioni di Strabone erano pienamente giustificate. Nel 53 a.C. l’esercito dei Parti travolse le legioni del generale romano Crasso e assunse il controllo della maggior parte del Levante. Marco Antonio mosse al contrattacco, respingendo nuovamente i Parti entro i confini dei loro territori, ma senza riuscire a sconfiggerli. Nel corso di quel confronto, i Parti fecero prigionieri diecimila soldati romani, per lo più germanici della Renania, e li mandarono come ostaggi a Merv. Fu così che ben duemila anni fa, in quello che oggi è il Turkmenistan, i soldati germanici, esperti viticoltori, contribuirono a creare un’industria vinicola locale. Un secolo più tardi, altri legionari romani fatti prigionieri finirono nel villaggio di Kara Mamar, poco a nord dell’Amu Darya, nell’attuale Uzbekistan, dove iniziarono la costruzione di una cappella rupestre consacrata al culto romano di Mitra.

 

S. F. Starr, L’illuminismo perduto. L’età d'oro dell’Asia centrale dalla conquista araba a Tamerlano, Einaudi, Torino, 2017.

 

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