Il dominio come capacità di imporre tributi

22/12/2018

Nell’antico Oriente esercitare un dominio non significava avere il pieno controllo e il governo di un determinato territorio, né tantomeno insediarvi un sistema di leggi, come fecero per esempio i Romani. Il dominio implicava piuttosto la capacità di imporre tributi, con i quali si stabiliva una chiara gerarchia di potere che si estendeva dalle piccole città o territori fino all’eventuale capitale di un impero conquistato. Perfino la Cina era costretta a versare tributi come mezzo per tenere lontani i feroci Unni. L’esazione di tributi non implicava tuttavia un controllo quotidiano. In realtà, il tributo non era che una forma organizzata di quello che gli economisti chiamano rent seeking, imposto però con la forza.

Nel caso dei Persiani, i territori conquistati erano chiamati satrapie, dotate in gran parte di forme di autogoverno, a condizione che ottemperassero alle richieste di tributi, sempre piuttosto alte. L’Asia Centrale, per esempio, era costretta a pagare l’equivalente di venticinquemila chilogrammi di argento – un tributo leggermente inferiore a quello richiesto in Mesopotamia o in Asia Minore. Sarebbe risultato senza dubbio più alto se la regione non fosse stata così lontana rispetto agli altri territori. Grazie alla distanza, i governatori o satrapi nominati a governare la regione cedevano facilmente alla tentazione di intascare i pagamenti destinati a Persepoli, arrivando persino a minacciare la secessione. Tale tendenza dei governatori imperiali a «naturalizzarsi» in Asia Centrale e farsi paladini dell’autonomia locale si sarebbe manifestata più volte, prima con i Greci, poi con gli Arabi conquistatori e in seguito con i Mongoli. Lo stato persiano-achemenide rivendicò, come faceva sempre, il monopolio sul conio delle monete d’oro, senza riuscire tuttavia a organizzarne la circolazione in Asia Centrale. Gli uomini d’affari di Balkh e altre città della regione, in compenso, sembrarono gradire l’innovazione del conio in metallo e riuscirono a imporre ai governanti achemenidi di battere e usare moneta propria, ed essa rimase a lungo la valuta preferita dalle popolazioni locali.

 

S. F. Starr, L’illuminismo perduto. L’età d'oro dell’Asia Centrale dalla conquista araba a Tamerlano, Einaudi, Torino, 2017. 

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