Geopolitica della Cina: i pericoli per il futuro

05/12/2018

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Oggi le regioni periferiche sono intatte e in Eurasia nessuno minaccia la Cina. Il governo cinese vede il tentativo occidentale di costringerlo a liberare il Tibet come un attentato alla sicurezza nazionale, ma i Tibetani non possono ribellarsi e vincere e nessuno ha intenzione di invadere la regione. Anche gli Uiguri musulmani rappresentano un irritante problema nello Xinjiang, ma non un vero pericolo. I Russi non hanno né l’interesse né la possibilità di invadere la Cina e la penisola coreana non è un pericolo davvero grave. 

Il maggiore pericolo militare per la Cina è la Marina degli Stati Uniti. I Cinesi sono diventati molto dipendenti dal commercio marittimo e la Marina degli Stati Uniti sarebbe in grado di bloccare i porti cinesi se lo volesse, paralizzando la Cina. Pertanto l’obiettivo militare primario della Cina è rendere impossibile tale opzione.

Ci vorrà più di una generazione perché la Cina arrivi a costruire una marina militare capace di competere con quella americana. Il solo addestramento dei piloti capaci di condurre operazioni dalle portaerei è lungo e occorrono decenni prima che gli allievi diventino ammiragli e capitani. Senza contare il tempo necessario per costruire portaerei e aerei adatti a gestire la complessità delle operazioni aereo-navali.

Perciò per ora la strategia della Cina nei confronti della marina americana può essere soltanto far sì che il prezzo di un blocco navale sia talmente elevato da scoraggiare gli Americani dal tentarlo. Per far ciò la Cina deve costruire una forza missilistica sufficientemente intensa e sufficientemente dispersa da non poter essere distrutta e con un raggio tale da impegnare gli Americani già a grande distanza dalle coste, nel centro del Pacifico. Questa forza missilistica dovrebbe essere in grado di identificare e tracciare i potenziali bersagli, dunque occorre che la Cina sviluppi un sistema di ricognizione marittima con base nello spazio. Queste sono le tecnologie su cui i Cinesi si stanno concentrando: missili anti-nave e sistemi spaziali, compresi sistemi anti-satellite progettati per ‘accecare’ i sistemi americani.

Il maggiore pericolo militare per la Cina è la Marina degli Stati Uniti, che sarebbe in grado di bloccare i porti cinesi. Ciò paralizzerebbe la Cina, che dipende dalla volontà e dalla capacità di altri paesi di acquistare le sue merci

La Cina potrebbe anche usare i missili per bloccare le navi che vanno e vengono dall’isola di Taiwan. Non ha invece abbastanza mezzi navali, anfibi e aerei né per tentare l’invasione dell’isola e sostenere propri combattenti sul terreno, né per imporre la propria superiorità aerea sullo stretto di Taiwan. La Cina potrebbe tormentare Taiwan, ma non invaderla. Missili, satelliti e sottomarini sono i soli mezzi che la Cina potrebbe usare. Taiwan è importante, perché è posizionata in modo tale da poter essere usata come base aerea e navale da cui bloccare il transito delle navi fra il Mar Cinese Meridionale e il Mar Cinese Orientale, chiudendo l’accesso alla costa settentrionale cinese e a Shanghai. Se partecipassero al blocco anche le isole Ryukyu che si estendono da Taiwan al Giappone, da Taiwan si potrebbe bloccare l’intera costa settentrionale cinese. Taiwan ha anche un’importante valore simbolico per la Cina dato che è governata e popolata da nazionalisti cinesi anti-comunisti. Sebbene Taiwan non rappresenti una minaccia immediata, pone potenziali pericoli che la Cina non può ignorare.

L’unica area verso la quale la Cina ha una politica espansionista è l’Asia Centrale, in particolare il Kazakistan, attraversato un tempo dalla Via della seta e oggi grande produttore di energia. I Cinesi, che hanno bisogno di molta energia per l’industria, sono molto attivi nello sviluppo di relazioni commerciali con il Kazakistan e nella costruzione di strade verso il Kazakistan, che consentano il flusso di petrolio in una direzione e di manufatti dall’altra. Così facendo minano la sfera di influenza russa in regioni che furono parte dell’Unione Sovietica, ma i Russi tollerano per ora l’aumento dell’attività economica cinese nella regione perché non la ritengono pericolosa dal punto di vista politico. Ma il Kazakistan è proprio la regione cuscinetto fra la Russia europea e la Cina, perciò i Cinesi debbono muoversi con grande cautela, perché i Russi sarebbero pronti a contrastare militarmente una Cina troppo assertiva.

Le relazioni russo-cinesi sono complesse. I rapporti tra l’Unione Sovietica e la Cina non furono mai buoni come molti pensavano, a volte sfociarono in ostilità aperte, come nel 1968, quando truppe russe e cinesi si scontrarono ripetutamente lungo il fiume Ussuri. I Russi temono il possibile sconfinamento cinese nelle province marittime russe del Pacifico, così come i Cinesi temono lo sconfinamento dei Russi in Manciuria. Ma le possibilità di scontro fra Russia e Cina nelle regioni siberiane o in Manciuria sono piuttosto remote. Dunque oggi la Cina oggi non ha un problema pressante di difesa del territorio e dei confini, ma deve avere una strategia per prevenire la possibilità di averne in futuro. Il problema più grave potrebbe di nuovo sorgere non dall’esterno, ma dall’interno, dalla frattura della popolazione Han per divergenza di interessi fra regioni costiere e regioni interne.

La Cina ha un’economia orientata all’export, ed è in una posizione di dipendenza dalle esportazioni. A prescindere da quanto siano grandi le sue riserve valutarie, avanzata la sua tecnologia e competitiva la sua forza lavoro, la Cina dipende dalla volontà e dalla capacità di altri paesi di acquistare le sue merci e dalla possibilità di spedirle fisicamente (capacità logistica). Qualsiasi interruzione del flusso di export avrebbe un effetto dirompente sull’economia cinese.

Il motivo principale per cui altri paesi acquistano beni cinesi è il prezzo. I prodotti cinesi sono più economici perché i salari cinesi sono bassi: se la Cina dovesse perdere questo vantaggio, la sua capacità di esportare diminuirebbe. La Cina deve perciò controllare l’aumento dei salari e imporre controlli sui prezzi, ma così facendo causa anche scontento e rischio di instabilità interna. La Cina è diventata il complesso industriale del mondo, ma dipende dal mondo per l’acquisto dei suoi prodotti; se perde competitività o se perde la simpatia dei paesi acquirenti, la Cina entra in una crisi disastrosa. Molti sostengono che la Cina oggi potrebbe mettere in difficoltà gli Stati Uniti disinvestendo dal dollaro e imponendo dazi sui prodotti americani. Ma a che prezzo per la propria economia? La Cina dipende dagli Stati Uniti cento volte di più di quanto gli Stati Uniti dipendano dalla Cina.

La Cina è in posizione tale da dover sempre tener contenti i clienti, per tener contenti i suoi cittadini. Combatte quotidianamente contro questa realtà per onorare la scommessa di Deng: aprire la costa al commercio col mondo, senza danneggiare l’unità. Ma proprio come nel XIX secolo la regione costiera, profondamente connessa all’economia globale, è diventata ricca, mentre le regioni interne sono rimaste molto povere. Gli interessi della regione costiera e gli interessi degli importatori e degli investitori sono strettamente legati, mentre l’interesse di Pechino è un altro: mantenere la stabilità interna e ridurre le differenze economiche.

Supponendo che l’economia globale non sia in procinto di entrare in crisi ora, prima o poi succederà. Quando questo succederà e le esportazioni cinesi crolleranno, Pechino dovrà trovare l’equilibrio tra un’area interna, abitata da 900 milioni di abitanti, desiderosa di più investimenti, più sussidi e salari più alti, e una regione costiera duramente ferita dalla crisi, abitata da circa 400 milioni di abitanti. Pechino dovrà bilanciare le richieste dell’una e dell’altra, scontentando entrambe. Le regioni interne saranno una minaccia fisica per il regime, mentre la costa destabilizzerà la distribuzione della ricchezza. L’interno ha la massa dalla sua parte; la costa ha il suo sistema commerciale internazionale.

Pechino mantiene il partito unico e il pugno di ferro nella gestione centralizzata del potere politico e militare, ma non può usare il pugno di ferro e la gestione centralizzata in economia, perché dipende dal resto del mondo. A meno di non tornare a chiudere i confini e far ripiombare la Cina nell’estrema indigenza del periodo maoista… 

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