L’Etiopia diventa potenza regionale?

11/07/2018

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Nel Corno d’Africa convergono gli interessi di una lunga lista di potenze, nessuna delle quali appartiene alla regione: Stati Uniti, Iran, Cina, Russia, Turchia e vari stati europei. Ma presto l’Etiopia potrebbe diventare il paese egemone nell’area.

L’Etiopia ha una lunga storia di resistenza all’intervento straniero ed è rimasta libera da dominazioni coloniali. Fu sede in passato di due imperi plurisecolari, l’Impero di Axum (100-940 d.C.) e l’Impero d’Etiopia (1270-1974). Ha dunque una delle storie più antiche del mondo: riferimenti storici egiziani all’Etiopia risalgono al 980 a.C. I gruppi etnici presenti sono ancora gli stessi, che hanno preservato e sviluppato le loro culture per molti secoli.

Nel periodo di massimo splendore l’Impero di Axum (Abissinia) controllava circa 1,25 milioni di chilometri quadrati di territorio in quello che oggi è il nord dell’Etiopia, l’Eritrea, il nord del Sudan, l’Egitto meridionale, Gibuti e lo Yemen occidentale. L’impero prosperò grazie alla sua posizione all’incrocio tra l’Africa, l’Arabia e il mondo greco-romano e l’accesso alle grandi rotte commerciali marittime. Grazie a un abile uso sia dell’esercito di terra che della flotta di mare Aksum governava una moltitudine di gruppi etnici, ognuno di quali occupava una nicchia territoriale ed economica propria. 

Il territorio dall’Impero d’Etiopia ebbe minore estensione, ma ebbe sempre grande capacità di respingere i frequenti tentativi di invasione dall’esterno, anche da parte di confinanti che avevano il sostegno militare dell’Impero Ottomano, come gli Egiziani e i Sultani di Adal. Gli Egiziani furono respinti dopo due anni di combattimenti, mentre il Sultanato di Adal occupò l’Etiopia per 14 anni, ma finì con l’essere cacciato dagli Etiopi con il sostegno dei Portoghesi.

Alla Conferenza di Berlino del 1885, dove le potenze europee si suddivisero l’Africa, soltanto l’Etiopia e la Liberia non vennero destinate a nessuno, perché già saldamente governate. Dieci anni più tardi noi Italiani cercammo di colonizzare l’Etiopia ma fummo sconfitti. Ci riprovammo a metà degli anni ’30 ma l’apparente successo durò soltanto qualche anno.

L’Etiopia ha una popolazione di oltre 100 milioni di persone. Le religioni più diffuse sono l’Islam e il Cristianesimo, ma molti Etiopi si considerano discendenti di re Salomone, cioè degli Ebrei, fin dai tempi della Regina di Saba. Secondo le Nazioni Unite, oltre 80 gruppi etnici risiedono nel paese. Il più grande è l’Oromo, che rappresenta il 32% della popolazione. Gli Amhara sono il secondo gruppo, costituendo il 28% della popolazione. I Tigrini e i Somali rappresentano ciascuno un altro 6,5% della popolazione. Altri nove gruppi etnici hanno 1 milione o più membri. I governi imperiali gestivano la diversità centralizzando il potere e prevenivano le ribellioni con la forza.

Quando l’Impero cadde nel 1974 una dittatura militare prese il potere e anch’essa usò la forza per tenere a bada la popolazione. Nel 1987 il regime militare fu abolito e fu istituito un sistema di governo federale su base etnica. Nel 1994 fu adottata una nuova costituzione che divise il territorio in nove regioni e due città autonome, basate sulla composizione etnolinguistica della popolazione, ma tenendo anche in considerazione un principio territoriale.

Nel 2016 si ebbero proteste diffuse contro il governo centrale, quando gli Oromo respinsero i piani di sviluppo del governo e reclamarono più peso nelle decisioni del governo federale, dominato sino ad allora soprattutto da membri del gruppo etnico del Tigrai, che prevalgono nelle forze armate. Altri gruppi etnici si unirono presto alle proteste, inclusi gli Amara. Il Primo Ministro dovette dimettersi e si avviarono tentativi di formare un governo centrale forte ma più inclusivo.

Il nuovo governo, guidato dal primo ministro Abiy Ahmed, è in carica da aprile 2018 e deve affrontare il pericolo di diffusione della violenza estremista, valutando le possibilità e i rischi nel collaborare con le potenze che cercano una base commerciale e militare nel Corno d’Africa (mappa). L’Etiopia è sempre stata diffidente nei confronti delle interferenze straniere, tanto più dopo le proteste del 2016.

Sulla scia dei disordini del 2016, il governo sta cercando di ripristinare la stabilità interna. Abiy è il primo capo di governo del gruppo etnico Oromo e sotto la sua guida l’Etiopia sembra pronta a sviluppare un autentico sistema federalista rappresentativo di tutta la popolazione. Ha un background familiare misto, sia musulmano che cristiano. Ha già sostituito i capi di varie forze di sicurezza nel paese e ha criticato l’uso della forza bruta da parte dei governi passati. Ha invitato i gruppi di opposizione esiliati a rientrare nel paese e ha chiesto di dimettersi ai leader locali nelle zone di conflitto. La risposta è stata positiva: molti gruppi di opposizione hanno sospeso unilateralmente l’uso delle armi e il presidente del partito al governo nella regione delle Nazioni Meridionali, tuttora in subbuglio, si è dimesso.

L’Etiopia sta anche cercando di costruire un senso di unità e identità condivisa che sostituisca le affiliazioni etniche, in nome della lunga storia di resistenza unitaria alle invasioni egiziane, ottomane e italiane, di cui gli Etiopi sono molto orgogliosi.

Sul fronte economico, il governo vuole riportare il paese alla crescita tramite la sicurezza, perché le condizioni di insicurezza degli scorsi anni hanno provocato la chiusura temporanea delle fabbriche, blocchi stradali, accesso limitato a internet e fuga degli investitori, cui si sono aggiunte la siccità e la carestia. Il paese è in una situazione economica molto difficile, con problemi di liquidità, forte dipendenza dalle importazioni e troppi debiti. Il governo intende privatizzare almeno parzialmente le imprese pubbliche, comprese le grandi aziende come Ethio Telecom, Ethiopian Airlines, Etiopian Electric Power, Etiopia Shipping and Logistics Services Enterprise, nonché le industrie dello zucchero, i progetti di sviluppo di ferrovie e parchi industriali.

L’Etiopia sta anche cercando di migliorare i rapporti con i vicini, cosa non facile. Ha avuto lunghi conflitti con la Somalia e l’Eritrea per dispute di confine, e la Somalia e il Sud Sudan sono ancora coinvolti in guerre civili le cui violenze si riversano anche in territorio etiopico. Il conflitto con l’Eritrea pare ormai in via di soluzione e potrebbe dare all’Etiopia accesso ai porti dell’Eritrea.

L’Etiopia ha avuto cinque scontri armati con la Somalia dall’inizio del XX secolo. Ma i rapporti stanno diventando più cordiali. I leader di entrambi i paesi hanno espresso forte interesse per l’integrazione economica e hanno convenuto di rafforzare ulteriormente la cooperazione in materia di sicurezza.

A giugno l’Etiopia ha annunciato che inizierà i primi test di produzione di petrolio greggio nella regione di Ogaden, ai confini con la Somalia. È in progetto la costruzione di un oleodotto che porti gli idrocarburi dall’Ogaden al porto di Gibuti, con la collaborazione della Somalia.

In Sud Sudan l’Etiopia ha recentemente contribuito a negoziare un accordo per il cessate il fuoco in una guerra civile durata cinque anni, che ha causato la fuga di circa 500.000 rifugiati sud sudanesi nella regione del Gambella in Etiopia. 

Essendo un paese senza sbocco sul mare dal 1991, quando l’Eritrea ha ottenuto l’indipendenza, l’Etiopia ha bisogno di accesso ai porti per accedere al commercio globale. Anche se l’idea di una flotta etiope sembra oggi inverosimile, il Primo Ministro sostiene che occorre prendere in considerazione lo sviluppo di una marina militare, come ai tempi dell’Impero.

Circa il 90-95% delle esportazioni dell’Etiopia oggi avvengono attraverso Gibuti, che ha uno dei pochi terminal portuali di container di acque profonde dell’Africa. Dipendere così pesantemente da un paese così piccolo è un’enorme vulnerabilità, e Addis Abeba è anche molto preoccupata per la presenza di forze navali straniere a Gibuti (mappa). Gibuti ed Etiopia hanno ottimi rapporti e hanno negoziato un accordo per sviluppare e gestire congiuntamente il porto. L’Etiopia acquisirà una quota del porto, in cambio Gibuti otterrà partecipazioni in società etiopi statali.

Inoltre, l’Etiopia ha recentemente acquisito una quota del 19% nel porto di Berbera in Somalia. Nell’ambito dell’accordo l’Etiopia si è impegnata a costruire i 780 chilometri tra il porto e la città di confine di Togochale. Addis Abeba sta discutendo un possibile accordo con il Kenya per acquistare terreni sull’isola di Lamu come parte del progetto Lamu Port-Sud Sudan-Etiopia, così come progetti di investimento congiunto su quattro potenziali porti in Somalia. 

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