Afrin, Rojava e questione curda

20/03/2018

L’esercito turco è entrato nella città di Afrin, dopo aver fatto da 1000 a 1500 morti, per lo più civili, nella loro avanzata. Né Russi né Americani hanno offerto protezione contro i Turchi ai Curdi che con la loro milizia armata YPG (Unità di protezione popolare) hanno protetto il nord della Siria dall’ISIS fin dal 2012, cioè da quando l’esercito del governo siriano di Assad abbandonò il terreno. Nel 2016 lo YPG proclamò l’autonomia del Rojava, la regione a maggioranza curda delle provincie di Afrin, Jazira e Kobane nel nord della Siria, al confine con la Turchia. Avevano l’aiuto sia degli USA sia dei Russi per combattere contro l’ISIS, ma la Turchia era loro acerrima nemica, perché lo YPG è ideologicamente schierato con il PKK, il partito dei Curdi in Turchia, di antica militanza marxista-leninista, che tutto il mondo occidentale considera organizzazione terroristica.

Che sorte attende ora le altre regioni curde della Siria? Ad Afrin non c’erano soldati americani, mentre nelle altre provincie del Rojava sono presenti piccoli contingenti dei reparti speciali degli USA. Gli Americani hanno dichiarato che non permetteranno all’esercito turco di attaccare lo YPG nelle altre provincie curde, ma provvederanno loro stessi a togliere allo YPG le armi pesanti che hanno usato per combattere contro l’lSIS, che in futuro potrebbero esser cedute al PKK per alimentare una rivolta armata dei Curdi in Turchia. Ma che avverrà nella realtà, al di là delle dichiarazioni?

Né la Russia né gli USA hanno interesse a favorire l’indipendenza curda del Rojava (Siria), benché lo YPG sia stato il loro principale alleato nella guerra contro l’ISIS in territorio siriano. Hanno invece molto interesse a mantenere buoni rapporti con la Turchia, veder l’ordine ristabilito in Siria e riportare a casa la maggioranza dei propri soldati. La Turchia invece ha tempo: rimarrà sempre lì sul confine, pronta a intervenire contro i Curdi. Lo YPG ha poche speranze, la popolazione curda siriana a questo punto ha convenienza a trovare un accordo con il governo siriano e mettersi sotto la protezione dell’esercito. In pratica questo è già avvenuto: di fronte all’avanzata turca, lo YPG ha permesso all’esercito siriano di entrare nella regione per reclamare la sovranità della Siria sul territorio. Ma l’esercito siriano è debole, è ancora impegnato in aspre guerre contro i ribelli in altre aree del paese, non potrà respingere i Turchi, a meno che per farlo non accetti una alleanza con i Curdi stessi.

Forse questa è ora la sola speranza dello YPG: anziché proseguire la ribellione contro Assad, cercare un accordo per respingere i Turchi fuori dai confini siriani, ottenendo in cambio maggiori diritti per i Curdi siriani, a molti dei quali è persino stato tolto il diritto alla cittadinanza siriana.

Ma può invece accadere che Assad, presidente-dittatore di Siria, ed Erdogan, presidente-dittatore di Turchia, si mettano d’accordo per schiacciare le popolazioni curde in entrambi i paesi, togliendo loro ogni possibilità di rivolta, e così costruire la pace fra Siria e Turchia sulla pelle dei Curdi. 

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