Organizzazioni sovranazionali, strumento dello stato-nazione

20/11/2017

Da un saggio di Jacob L. Shapiro per Geopolitical Futures

 

Oggi i rapporti internazionali sono gestiti su due livelli: quello bilaterale e quello sovranazionale. La Cina e gli Usa, ad esempio, hanno opinioni radicalmente diverse rispetto a Taiwan e discutono fra di loro la questione, alla ricerca non di una soluzione ma di un compromesso che permetta a entrambi di mantenere buoni rapporti sulle altre questioni. A livello sovranazionale invece i paesi non cercano un compromesso operativo, ma si comportano in ottemperanza alle risoluzioni votate dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu (per esempio), indipendentemente dalle loro opinioni e persino dai loro interessi. Se l’ONU delibera sanzioni contro la Corea del Nord, la grande maggioranza dei paesi del mondo applica le sanzioni, o almeno sostiene di applicarle. Se qualcuno infrange il divieto, lo fa di nascosto, non violando dichiaratamente regole dell’organizzazione di cui fa parte, anche se questa organizzazione non ha poteri coercitivi, non può imporre niente allo stato.

Alcuni governi stanno tentando di riportare alcune discussioni a livello bilaterale, rifiutano alcuni trattati multilaterali vincolanti a tempo indefinito, ma questo non significa affatto che si riduca l’utilizzo e l’importanza delle organizzazioni sovranazionali. Tutti i capi di stato e i ministri del mondo (salvo la Corea del Nord) partecipano a getto continuo a una molteplicità di summit di organizzazioni multilaterali e sovranazionali per discutere questioni diverse. In questi summit lo scopo non è prendere decisioni − nessuna decisione viene davvero presa in questi incontri − quanto essere presenti per far prevalere, o per lo meno mettere bene in evidenza, le proprie posizioni agli occhi degli altri, e cercar seguito fra gli altri.

La partecipazione a enti sovranazionali non è affatto contraria al nazionalismo. Il nazionalismo è nato nel XVII secolo, si è sviluppato nel secolo successivo ed è diventato ideale politico dominante nel XIX e XX secolo, basandosi su tre principi: che esistono differenze fra le nazioni, che la legittimità del potere deriva dal consenso dei governati − cioè della nazione, che tutte le persone nascono con alcuni diritti inalienabili, fra cui il diritto all’autodeterminazione. In altre parole, il nazionalismo si è sviluppato insieme al liberalismo classico e ne è intriso. Lo stato di diritto deve difendere la libertà delle persone che vivono in un certo territorio e le persone che vivono sul territorio costituiscono una nazione, cioè un gruppo di persone con molti interessi in comune.

Lo stato nazionale si è sviluppato in un periodo in cui nuove tecnologie portarono in contatto masse di persone che prima vivevano in separatezza, rendendo membri di una stessa ‘nazione’ persone i cui antenati non si sentivano affatto appartenenti a un unico gruppo. Il nazionalismo nacque dunque come allargamento del gruppo, come strumento di inclusione, non di esclusione: l’esclusione si ebbe molto tardi nella storia del nazionalismo, quando i conflitti fra nazioni assunsero toni razzisti e al concetto di nazione si mescolò il concetto di razza, che è tutt’altra cosa. È necessario rivalutare il nazionalismo liberale distinguendolo dal razzismo. Non dobbiamo lasciare la bandiera della nazione ai razzisti.

Il nazionalismo politico vuole la libertà e il benessere della propria nazione, ma riconosce a tutte le altre nazioni il diritto di volere altrettanto, è un’ideologia a carattere universale, non razzista, perciò accetta il confronto con le altre nazioni, da pari a pari. Per questo le organizzazioni sovranazionali sono nate insieme agli stati-nazione.

Il primo organismo sovranazionale al mondo fu creato nel 1815 al Congresso di Vienna, quello che risistemò l’Europa dopo la sconfitta di Napoleone, ed è la Commissione Centrale per la Navigazione sul Reno (CCNR), che esiste ancora oggi e regola la navigazione delle acque del Reno in tutto il suo corso, anche se appartenenti a stati diversi. La Lega delle Nazioni fu creata alla fine della Prima guerra mondiale e fu sostituita dall’ ONU alla fine della Seconda guerra mondiale. Entrambi furono il tentativo delle nazioni vincitrici di stabilire regole comuni, che permettessero ai vincitori di mantenere l’ordine globale e prevenire altre guerre. Le organizzazioni sovranazionali nascono dagli stessi impulsi che hanno portato alla formazione degli stati nazionali, cioè dal credere che la nazione possa allargarsi, che le stesse regole e gli stessi valori possano plasmare gruppi più vasti di persone in modo che confluiscano prima o poi in una nazione più vasta. L’ideologia che sta alla base delle organizzazioni sovranazionali non è diversa da quella che ha creato gli stati nazionali, diversa è la priorità che viene data alle diverse componenti di quella ideologia: mentre gli stati nazionali enfatizzano le responsabilità verso la nazione, le organizzazioni sovranazionali enfatizzano i diritti della persona.

Gli stati nazionali creano e usano le organizzazioni sovranazionali per perseguire i propri scopi, ne fanno luoghi di discussione e di affermazione dei diritti delle nazioni, strumenti di egemonia esercitata in modo pacifico. Quando lo strumento non è adeguato alle necessità degli stati nazionali, viene abbandonato, ma poi è sostituito da altri organismi sovranazionali, forgiati in modo da essere più utili alle nazioni dominanti e alle mutate condizioni del mondo. Ma finché esisteranno stati nazionali le organizzazioni sovranazionali non soltanto non spariranno, ma si moltiplicheranno, perché nazioni ed enti sovranazionali nascono dalle stesse radici. 

È necessario rivalutare il nazionalismo liberale distinguendolo dal razzismo. Non dobbiamo lasciare la bandiera della nazione ai razzisti. Il nazionalismo politico vuole la libertà e il benessere della propria nazione, ma riconosce a tutte le altre nazioni il diritto di volere altrettanto, è un’ideologia a carattere universale, non razzista

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