Dal 1970 al 1990

08/11/2017

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L’irredentismo curdo fu resuscitato e alimentato in Turchia dal Partito Curdo dei Lavoratori (PKK), fondato nel 1978 da Ocalan, di ideologia marxista e sostenuto dai Sovietici − gli stessi Sovietici che avevano abbandonato la causa dei Curdi in Iraq nel 1970, quando il governo dell’Iraq era diventato loro alleato. 

Il PKK organizzò gruppi armati che per 30 anni compirono frequenti attentati contro l’esercito turco. La Turchia represse duramente i ribelli, arrivando a schierare 200000 soldati nella regione curda e distrusse migliaia di villaggi curdi. I morti sui due fronti furono 37000. La guerriglia dei Curdi del PKK in Turchia durò fino alla fine degli anni ’90, quando Ocalan fu catturato.

Mentre reprimeva le ribellioni dei propri Curdi, la Turchia filo-americana aveva invece buoni rapporti con i Curdi del vicino Iraq, che si ribellavano in continuazione contro il governo filo-russo di Saddam Hussein. I Curdi dell’Iraq erano sobillati e aiutati nelle loro ribellioni anche dall’Iran, dove nel 1979 erano andati al potere gli Ayatollah (islamisti sciiti).

 

Saddam Hussein, dittatore dell’Iraq, nel 1980 mosse guerra all’Iran pensando che dopo la rivoluzione avesse un esercito indebolito e disorganizzato. Saddam voleva strappare agli Iraniani le aree petrolifere del sud, ma l’Iran resistette. Fu una guerra tremenda, sanguinosissima, che durò 8 anni. L’Iran per indebolire Saddam sostenne le milizie dei Curdi iracheni che cercavano di rendersi indipendenti e di avere il controllo delle risorse petrolifere del Kurdistan. Saddam a sua volta sobillò e armò i gruppi di Curdi iraniani che volevano l’autonomia. 

Ogni regime sobillava la ribellione dei Curdi nello stato confinante e reprimeva le rivolte dei Curdi all’interno del proprio stato. Ovviamente questo creava inimicizie e sospetti anche fra i gruppi Curdi dei diversi paesi, che si trovavano a sostenere regimi nemici fra di loro.

L’Iran ricorse non soltanto alla repressione dei suoi Curdi tramite arresti di massa, ma anche a una lunga serie di assassini mirati sia in Iran sia all’estero contro i capi e gli attivisti delle organizzazioni curde iraniane (partito KDPI) che tentavano di mettersi d’accordo con i Curdi Iracheni del partito fratello KDP.

Riusciva invece a mantenere rapporti più distesi con l’Iran e anche con i Curdi Iraniani il partito PUK di Talabani nella regione di Sulamanya. Ci fu in quegli anni una grande emigrazione di Curdi dall’Iran in Occidente.

 

In Iraq Saddam Hussein dal 1985 iniziò una spietata campagna (campagna al-Anfal) di repressione dell’insurrezione dei Curdi iracheni, che durò fino alla fine del 1988, distrusse interi villaggi con bombardamenti mirati e culminò con il lancio di armi chimiche sulla città di Halabja, che ne sterminarono la popolazione (immagine a lato). Fu un dramma immane, che turbò il mondo intero.

In Siria il governo di Assad sosteneva i militanti del PKK e dei gruppi armati curdi in Turchia, che dopo gli attentati attraversavano il confine e si rifugiavano nella regione curda della Siria, il Rojava, dove erano protetti. Lo stesso Ocalan viveva nella parte curda della Siria per sfuggire alla caccia dell’esercito turco. Il governo siriano e il governo turco non erano amici, non avevano quasi scambi, nonostante la comune storia passata. Negli schieramenti della Guerra fredda la Turchia era filo-occidentale, la Siria filo-russa.

Così la Turchia reprimeva e uccideva i suoi Curdi ribelli, ma aiutava i Curdi iracheni che si ribellavano contro Saddam, i quali erano istigati alla rivolta anche dall’Iran, che però dava la caccia in patria e all’estero ai propri Curdi ribelli, mentre l’alleato di Saddam, Assad di Siria, accoglieva i Curdi Turchi e li sosteneva, a patto che anche i Curdi siriani gliene fossero grati e lo sostenessero.

Complicato? Sì, ma non strano: questa è la storia abituale dei popoli senza un proprio stato, che vengono usati e manovrati dagli stati vicini, ma non aiutati a raggiungere davvero l’indipendenza, a meno che non la raggiungono con le proprie forze e in pieno accordo fra loro. Anzi, il sostegno variabile ora dell’uno ora dell’altro stato crea divisioni all’interno del gruppo etnico che vorrebbe l’indipendenza, portandolo talora a guerre interne.

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