Afghanistan: Trump non sa ancora che fare

08/08/2017

Due diverse delegazioni americane hanno incontrato i governi di Afghanistan e India in un mese, ma a inizio agosto 2017 la politica degli USA sotto il governo Trump non è ancora stata delineata. Il Pentagono (ossia l’esercito) chiede l’invio di 49000 soldati, il Dipartimento di Stato (ossia il Ministero degli esteri) vorrebbe programmare il ritiro totale.

Attualmente le truppe americane operano in Afghanistan nell’ambito di due diverse missioni: la missione NATO per addestrare e sostenere l’esercito afghano (composto di 352000 uomini) e la missione antiterrorismo ‘Sentinella della Libertà’, mirata contro al Qaeda e lo Stato Islamico. Nessuna missione è esplicitamente rivolta contro i Talebani, che continuano nella loro guerra civile contro l’esercito e contro il governo.

Il fatto è che i Talebani stanno vincendo: a oltre quindici anni dall’inizio della guerra promossa per rovesciare il governo talebano che proteggeva e sosteneva Osama Bin Laden, i Talebani sono tornati a controllare il 40% del territorio, in seguito al ritiro delle truppe americane deciso da Obama a dicembre 2014 e attuato nei due anni successivi. Sul terreno sono rimasti soltanto 8400 soldati americani con funzioni di addestramento e di sorveglianza antiterrorismo. Nel 2014 erano più di 100000.

I problemi per stabilizzare l’Afghanistan sono due: la debolezza dell’esercito afghano, che avrebbe ancora bisogno di un lungo periodo di addestramento e affiancamento, e il ruolo del Pakistan, che come sempre aiuta i Talebani, usandoli come strumento di egemonia e di controllo della regione.

Il Pakistan vuole avere il controllo dei valichi e delle valli che collegano l’Asia Centrale con il Pakistan e l’India per motivi di sicurezza. Considera l’India un nemico mortale e vuole circondare e isolare l’area attorno al confine del Kashmir (nella mappa il Kashmir è la regione divisa da una linea tratteggiata nella parte nord di India e Pakistan), per evitare che a farlo siano gli Indiani. L’India risponde a questa strategia cercando di sostenere e sobillare gli autonomisti del Belucistan, al confine fra Pakistan e Iran (in rosso nella mappa) e impedire il funzionamento del corridoio economico che i Cinesi stanno costruendo in Pakistan, fino al porto di Gwandar. La partita è dunque molto complessa.

Cina e India appaiono sempre più rivali in Asia e la possibile saldatura di interessi fra la Cina e il mondo islamico dell’Asia Centrale, del Pakistan e dell’Iran preoccupa quasi tutti gli Occidentali e gli Asiatici per le sue possibili evoluzioni future. Il fatto che la Cina sia pienamente nel gioco in Corea, nell’Asia Centrale, nell’Oceano Indiano, in Pakistan e lungo le coste africane rende la situazione molto complicata: la decisione di che fare in Afghanistan avrà ripercussioni di lunga durata su vaste regioni del globo, non soltanto sulla regione coinvolta. Decidere se gli USA e la NATO rimangono in Afghanistan oppure no significa compiere una mossa rischiosa in una complessa partita a scacchi globale che durerà molti decenni.

Non esistono mosse sicuramente giuste o sicuramente sbagliate. Esiste però una forte pressione da parte dell’opinione pubblica americana ad allontanarsi dalle questioni globali e badare all’interesse nazionale; il punto è che l’interesse nazionale a breve termine potrebbe non coincidere con l’interesse nazionale di lungo periodo.

 

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