Il fallimento degli arabi sunniti

04/08/2017

Ora che l’ISIS è stato cacciato da Mosul, le élite sunnite dell’Iraq escono dall’ombra e si interrogano sul futuro della loro comunità. Il 15 luglio 2017 si è tenuto a Baghdad un incontro fra capi politici, tribali, ministri e governatori di aree sunnite. L’incontro non ha fatto che evidenziare le differenze di opinione, senza concludere nulla.

Gli arabi sunniti dominarono l’Iraq sin dalla creazione dello stato nel 1920. Dapprima l’Iraq fu una monarchia hashemita, nel 1958 divenne una repubblica governata dai militari bahatisti. Nel 2003 la caduta di Saddam Hussein per mano degli Americani aprì la porta all’islamismo della minoranza sciita sostenuta dall’Iran e al nazionalismo curdo. I sunniti si spaccarono in fazioni lungo linee tribali e ideologiche, aprendo spazi a gruppi sempre più estremisti di jihadisti sunniti, fino all’ISIS. Gli sciiti furono molto abili nell’esacerbare e sfruttare le differenze e alimentare il sogno di un nuovo califfato universale sunnita, che avrebbe distolto i sunniti dalla conquista di un potere regionale limitato ma certo.

Più o meno la stessa cosa successe anche in Siria, qualche anno più tardi, ma qui un notevole numero di sunniti non ha abbandonato Assad, lo sostiene ancora, benché il regime di Assad sia dominato da una minoranza sciita alawita. Perciò lo stato siriano non è crollato del tutto, attorno ad Assad funziona ancora un nucleo di amministrazione, funziona ancora l’esercito

La conseguenza dell’appoggio all’ISIS di larga parte della popolazione araba sunnita irachena è che oggi Mosul, da sempre capitale dei sunniti iracheni, è nelle mani di soldati sciiti che l’hanno liberata. Come reagiranno i sunniti arabi nel tempo? Torneranno a ribellarsi contro gli sciiti, che sono una minoranza sostenuta dall’Iran, paese di storia e cultura non araba? Con chi si coalizzeranno?

L’Arabia Saudita si pone come il centro di gravità del mondo arabo sunnita, ma non riesce a vincere la guerra in Yemen e neppure a farsi seguire dal piccolissimo Qatar! L’Egitto, altro candidato alla guida del mondo arabo sunnita, è uno stato di lunghe e solide tradizioni e ha un buon esercito, ma è debolissimo sul piano economico. Né l’Arabia né l’Egitto possono offrire un modello di sviluppo economico, sociale e politico al resto del mondo arabo, perché entrambi sono stati semi-falliti, anche se su piani diversi e per motivi diversi. Circa il 60% degli arabi sunniti ha meno di venticinque anni: i giovani sono impazienti e tendono a essere radicali, perciò il rischio che l’ISIS risorga in altre forme è alto. 

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