Siria, il ritorno della poliomielite

03/07/2017

Il 20 giugno 2017 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha detto che nel 2017 si sono già avuti 17 casi certi di paralisi da poliomielite in Siria e che focolari di polio sono attivi nella zona controllata dall’ISIS, dove le vaccinazioni dei bambini non sono state eseguite con regolarità. Il contagio era arrivato anche ad Aleppo nel 2013 e 2014, ma la riconquista della città da parte delle forze regolari ha permesso alle istituzioni sanitarie di intervenire, perciò non ci sono stati nuovi casi nel 2017. Negli stessi anni si ebbero focolai di polio anche in Iraq nelle zone di guerra civile, ma anche in Iraq l’intervento dello stato con una campagna di vaccinazione massiccia è riuscito a bloccare il contagio.

In Yemen è ora in corso una epidemia di colera, perché le strutture sanitarie non sono in grado di agire in modo organizzato e massiccio nelle aree in preda alla guerra civile.

I vaccini sono il simbolo più alto della cultura occidentale, che usa la scienza e la tecnica per risolvere i problemi dell’umanità e vede l’intervento attivo dello stato per proteggere la popolazione da ogni tipo di pericolo. Gli islamisti non si fidano delle istituzioni degli stati che non sono controllati da loro, per questo a volte rifiutano la vaccinazione. In Afghanistan ad esempio l’intelligence americana usò una campagna di vaccinazione per entrare nella casa dove viveva Bin Laden e da allora molte tribù rifiutano di far vaccinare i loro bambini. Ma gli islamisti non rifiutano le vaccinazioni per principio, tutt’altro. Non rifiutano nessuna tecnologia occidentale, usano cellulari, computer, droni, sistemi di comunicazione sofisticati e adottano cure mediche avanzate, se possono. L’ISIS ad esempio ha tentato di organizzare le vaccinazioni dei bambini nelle zone controllate, ma non ci è riuscito.

Nelle guerre civili le strutture sanitarie nella zona in mano nemica vengono colpite per prime, insieme alle strutture di produzione. In Siria è stato proprio l’esercito di Assad a bombardare gli ospedali e i centri sanitari caduti in mano ai ribelli, sia ad Aleppo sia nelle altre zone del paese. Nelle guerre fra stati un accordo internazionale di lunga data prevede che si risparmino le strutture sanitarie del nemico, ma nelle guerre civili le strutture sanitarie si bombardano regolarmente da decenni.

Si dice che le popolazioni abbiano meno paura della fame e dei bombardamenti che della mancanza di cure sanitarie. Sapere che in caso di ferite o di malattia nessuno interverrà per curarci pare che spezzi la volontà di combattere o di resistere più di qualunque altra difficoltà.

 

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