La geopolitica dell’Iran oggi

26/06/2017

L’Iran è il diciassettesimo paese al mondo per popolazione e per superficie, è ricco di petrolio e gas naturale ed è la ventinovesima maggior economia del globo. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ha una storia millenaria di impero e di egemonia sul Medio Oriente e sull’Asia Centrale, che ha lasciato un’impronta culturale profonda su tutta la regione, paragonabile soltanto a quella lasciata dall’Impero Romano sull’Europa. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

È un paese arroccato fra le montagne e nelle sue vallate vivono molte minoranze, che però parlano tutte il farsi, vera lingua nazionale. Però Azeri, Curdi, Arabi, Baluchi e Turcomanni, nonostante la base culturale e linguistica comune, rivendicano con determinazione l’autonomia, come è tipico delle popolazioni di montagna, abituate a gestire in isolamento la propria vita comunitaria. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I governi che si sono succeduti dopo la presa del potere da parte degli Ayatollah nel 1979 utilizzano la religione sciita come principale agente di compattezza sociale, il che ovviamente rende difficili i rapporti con le minoranze religiose. Inoltre l’assoluto predominio politico del clero contrasta con le istituzioni repubblicane, creando forti tensioni all’interno della società. Tutto questo dice che l’Iran è un paese ad alto rischio di fratture politiche o etniche interne. 

 

 

 

 

 

 

D’altra parte l’Iran degli Ayatollah esercita una forte egemonia culturale e religiosa sulle consistenti minoranze sciite che vivono nei paesi circostanti, le quali sono spesso più leali alle autorità sciite che governano l’Iran che ai governi dei propri paesi. Alcuni casi sono particolari: l’Azerbaigian è a maggioranza sciita ma ha istituzioni e tradizioni laiche, il Bahrein ha maggioranza sciita ma accetta una monarchia sunnita, l’Iraq ha una maggioranza sciita che governa in modo inefficiente e non riesce a ottenere il consenso dalla consistente minoranza sunnita.

 

 

 

 

 

 

Per estendere la propria influenza economica, culturale e politica nella regione oggi l’Iran non può guardare a est, dove infuria da decenni la guerra civile, sia in Afghanistan sia ai confini con il Pakistan. Non può cercare espansione a nord perché entrerebbe in conflitto diretto con gli interessi russi. Può soltanto espandersi in Medio Oriente, verso l’Iraq e la Siria, tanto più che larga parte dell’Iraq è già di fatto sotto il suo predominio e il regime di Assad in Siria è suo alleato. L’attuale prevalere di ideologie islamiste in tutte le culture islamiche fa sì che gli islamisti sciiti dell’intero Medio Oriente guardino al governo teocratico dell’Iran come loro sostegno e guida e siano pronti a combattere sotto bandiere sciite, come fanno da decenni gli Hezbollah in Libano e Siria. Anche gli sciiti dello Yemen sono sostenuti dall’Iran nella loro ribellione contro il governo. Ma dalla Siria e dall’Iraq possono anche arrivare attacchi nemici sostenuti sia dagli Arabi sunniti (la lunga e sanguinosa guerra con l’Iraq di Saddam Hussein negli anni ’80 è ancora ben viva nei ricordi), sia da potenze occidentali. 

 

È probabile che l’Iran continuerà a utilizzare le milizie sciite perché si ribellino e indeboliscano i paesi sunniti del Medio Oriente, soprattutto l’Arabia Saudita, grande nemica storica dell’Iran in quanto guida e ispiratrice degli islamisti sunniti e paese che contende all’Iran il controllo del Golfo Persico e dello stretto di Hormuz, attraverso il quale transitano quasi tutte le esportazioni iraniane. L’Iran alimenta ribellioni e guerre civili in punti strategici per il controllo delle rotte di esportazione dell’Arabia Saudita e dei grandi commerci intercontinentali. 

Il suo scopo è mantenere saldamente il controllo sull’Iraq, riuscire a sconfiggere i gruppi jihadisti sunniti (fra cui l’ISIS in Iraq e Siria) e riuscire ad aprirsi un varco sul Mediterraneo per avere un altro sbocco al mare, perché in caso di guerra sarebbe facilissimo per i nemici dell’Iran bloccare la sua economia bloccando lo stretto di Hormuz. Non a caso le milizie sciite al comando dell’Iran sono attive in Libano e Siria, sul Mediterraneo. L’altra ribellione alimentata dall’Iran è in Yemen, regione che non soltanto minaccia direttamente l’Arabia Saudita, ma controlla anche lo stretto di Bab el Mandel attraverso il quale passa una delle più importanti rotte marittime globali. L’Iran si pone così in posizione di grande forza contrattuale in vista del negoziato sul futuro assetto del Medio Oriente, che prima o poi dovrà porre fine a decenni di guerre civili e settarie ancora in corso. 

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