Gibuti, la Singapore del Mar Rosso?

20/06/2017

Gibuti è indipendente da quarant’anni, dal 27 giugno 1987. Prima si chiamava Somalia francese, o territorio francese di Afars e Issas. Tensioni etniche resero difficili i primi anni, ma ora Gibuti sembra avviato verso il pieno sfruttamento della sua posizione strategica sullo stretto di Bab el-Mandeb, un canale di soli 32 chilometri di mare che separa l’Africa dallo Yemen, attraverso il quale transitano almeno 20000 navi l’anno e il 10% di tutto il commercio petrolifero del mondo.

Gibuti ha meno di un milione di abitanti, 23 000 chilometri quadrati di superficie, ma ha tre aeroporti, tre porti e grandi basi militari. A Camp Lemonnier stazionano 4000 militari americani, 1700 francesi e 600 giapponesi. Si stanno costruendo basi militari per i Cinesi e per i Sauditi. Sarà la prima base militare all’estero per i Cinesi. Anche noi Italiani abbiamo una piccola base militare a Gibuti per i soldati impegnati in missioni di peacekeeping nella regione. Infatti attorno a Gibuti, dalla Somalia allo Yemen all’Eritrea, infuriano da decenni guerre civili etniche e/o islamiste, il cui obiettivo è proprio il controllo dello stretto e dei suoi lucrativi commerci.

Gibuti è anche il porto dell’Etiopia (ex Abissinia), che non ha accesso diretto al mare, grazie a un collegamento ferroviario aperto dai Francesi sin dal 1901 e diventato nel 2016 una moderna ferrovia ad alta velocità lunga 756 chilometri, grazie a tecnologia e finanziamenti cinesi. L’Etiopia ha oltre 100 milioni di abitanti e il 90% del suo commercio internazionale passa attraverso i porti di Gibuti.

Gli Emirati Arabi Uniti invece hanno un accordo con il vicino Somaliland per costruire una base navale a Berbera e un nuovo porto a Bosaso, cosa che ha indispettito Gibuti. Gibuti e gli Emirati hanno addirittura interrotto i rapporti diplomatici nel 2015. Gli Emirati hanno anche basi in Eritrea, ad Aden e in Yemen.

Gibuti può attirare molti investimenti dall’estero se sa gestire bene la propria posizione, garantire stabilità al proprio interno e stringere accordi con i paesi circostanti.

 

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