La messa in scena dell’accordo di Parigi

10/06/2017

I giornalisti del globo hanno versato fiumi di parole preoccupate sul rifiuto dell’Accordo di Parigi da parte del presidente Trump. Perché? A questa domanda daremo risposta soltanto alla fine dell’articolo.

Che cosa succederà ora? Nulla di diverso da prima. A Parigi gli stati firmatari avevano dichiarato l’intenzione di ridurre le emissioni di diossido di carbonio. Di quanto ed entro quali scadenze? Ogni paese avrebbe deciso per sé.

E che cosa potrebbe succedere ai paesi che, dopo aver firmato l’Accordo, non lo implementeranno, per scelta o per inefficienza? Nulla, non esistono sanzioni internazionali a fronte di questi accordi firmati sotto l’egida dell’ONU, che sono soltanto espressioni di generica buona volontà. Il sistema internazionale non riesce a sanzionare in modo efficace comportamenti ben più offensivi, immaginiamoci se riesce a sanzionare il mancato rispetto di una generica espressione di buona volontà.

Nel caso degli USA, il presidente Obama aveva firmato l’Accordo a fine 2015 senza neppure chiedere l’opinione del Senato, il che rende automaticamente non valido l’accordo per la legge degli USA. Ma nessuno se ne è preoccupato, anche perché già nel 2005 il governo USA aveva lanciato a livello nazionale l’iniziativa di ridurre le emissioni dei gas serra del 26-28% entro il 2015. A fronte di tale iniziativa sono stati effettivamente approvate norme e regolamenti in un certo numero di stati, che mirano a ridurre le emissioni. Nulla vieta che la riduzione delle emissioni continui, se i cittadini americani e le loro amministrazioni locali vorranno.

Tutto questo significa che la firma dell’Accordo di Parigi è stato un gesto retorico o pubblicitario, che però non ha il potere di cambiare la realtà? Sì, come quasi tutti gli accordi internazionali: servono soltanto se i singoli stati li incorporano nella loro legislazione, se hanno la volontà di applicarli, se hanno la necessità di applicarli per poter commerciare e lavorare con il resto del globo.

Perché Trump ha annunciato con tanto clamore di ‘uscire’ da un trattato che non costituiva affatto un impegno? Per dar ai suoi elettori l’impressione di prendere decisioni coraggiose, che in realtà sono di nessuna importanza. Inoltre ha deciso di sottolineare l’inutilità e l’assurdità ormai evidente dell’ONU e delle ‘decisioni’ internazionali raggiunte sotto l’egida dell’ONU, che poi nessuno rispetta.

Perché i giornalisti hanno versato fiumi di parole preoccupate su di una ‘decisione’ che non modifica nulla? Perché alimentare di pettegolezzi e di belle parole l’opinione pubblica è il loro lavoro quotidiano, per creare una narrativa emotiva, culturale e politica del mondo di cui ci sentiamo parte, anche indipendentemente dai fatti. Di solito le decisioni, quasi sempre tecniche e ‘noiose’, che cambiano davvero la realtà della nostra vita e degli equilibri globali sfuggono alle discussioni giornalistiche. Arrivano sui giornali soltanto alcuni anni più tardi, quando se ne vedono e se ne capiscono le conseguenze − quando è troppo tardi perché gli elettori possano capire e valutare in tempo le decisioni davvero importanti.

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