Le necessità geopolitiche della Cina:
superare le strettoie del mare e controllare i paesi lungo i confini

01/06/2017

Negli ultimi trentacinque anni la Cina è diventata prospera grazie a una straordinaria fioritura commerciale con l’estero. Negli ultimi dieci anni il governo ha avviato una politica di sviluppo dei consumi interni, ma ciò nonostante circa il 60% dell’economia cinese dipende ancora dall’importazione di materie prime (inclusa l’energia) e dall’esportazione di prodotti manufatti. 

Il commercio internazionale cinese passa attraverso rotte marittime facilmente bloccabili, mantenute aperte da settant’anni dall’impegno degli USA, che dalla fine della Seconda guerra mondiale pattugliano con le loro portaerei le rotte marittime internazionali. Basti un esempio: l’80% delle importazioni cinesi di energia passano oggi (2017) attraverso lo stretto di Malacca: chi bloccasse lo stretto metterebbe in gravi difficoltà l’economia cinese. È una situazione di dipendenza che i Cinesi debbono superare.

Il commercio internazionale ha sviluppato e arricchito tutte le regioni costiere della Cina, ma ha lasciato indietro le regioni dell’interno. Lo squilibrio economico fra la costa e l’interno crea tensioni sociali che rischiano di sfociare in instabilità politica, soprattutto nelle regioni di frontiera. È un rischio che il potere cinese ha sempre gestito con mano ferma attraverso i secoli. All’inizio del XV secolo il grande navigatore Zheng He aveva esplorato e creato basi marittime lungo le coste indiane e africane, facendo della Cina la prima grande potenza marittima. Ma nel 1434 l’Imperatore proibì di costruire e allestire grandi navi oceaniche, proibendo in pratica il commercio via mare, perché non voleva che le risorse venissero destinate in via prioritaria a favore delle province costiere e delle regioni centrali fertili. Per la sua sicurezza la Cina doveva rimanere un impero di terra, doveva investire il surplus per sviluppare e difendere le regioni interne di frontiera, se non voleva rischiare ribellioni e invasioni distruttive da occidente.

La soluzione cinese al doppio problema della dipendenza da rotte marittime che non può controllare e della necessità di sviluppare e controllare le aree di frontiera è la strategia ‘One Belt, One Road’, che vuole sviluppare stabili ed efficienti collegamenti via terra non soltanto verso l’Asia Centrale e l’Europa, con ramificazione in Medio Oriente, ma anche attraverso l’Indocina verso l’Oceano Indiano. Sono le stesse rotte dell’antica Via della Seta, che dalla Cina raggiungono l’Oceano Indiano, il Mediterraneo e il Mar Baltico via terra, con l’attivo coinvolgimento economico delle popolazioni lungo il tragitto.

La strategia ‘One Belt One Road’ trova attuazione nella “Belt and road initiative” (BRI), che prevede la realizzazione di sei corridoi economici:

il corridoio Cina-Mongolia-Russia, basato sulla ferrovia transiberiana;

il nuovo Ponte Terrestre Euroasiatico, basato su di un insieme di ferrovie che collegano la Cina centrale (Wuhan, Chongqing and Chengdu) all’Europa via Kazakhistan, Russia e Bielorussia;

il corridoio Cina-Asia Centrale-Asia Occidentale, che dovrebbe passare anche attraverso l’Iran e la Turchia per raggiungere l’Europa;

• il corridoio Cina-Pakistan, basato sull’autostrada del Karakorum e sulle ferrovie e autostrade che attraversano il Pakistan fino al nuovo porto di Gwadar, costruito con capitali cinesi;

il corridoio indocinese, che attraversa tutta la penisola;

il corridoio Bangladesh-Cina-India-Myanmar, la cui proposta crea già grandi preoccupazioni nel governo indiano.

In questi corridoi la Cina propone di creare reti di trasporto integrate e tutte le infrastrutture tecnologiche per la loro gestione e manutenzione, oltre a reti di distribuzione dell’energia e tutti i servizi necessari al commercio e alle comunicazioni, incluse migliaia di chilometri di fibra ottica. Il punto di partenza sono le infrastrutture già esistenti, che verranno collegate fra di loro per creare una rete e un sistema integrato.

Per la realizzazione di questi corridoi Pechino privilegia accordi bilaterali o subregionali. Questa strategia ha destato qualche preoccupazione nell’Unione Europea, che teme di veder scalzata la propria influenza negli stati dell’Europa centrale, orientale e dei Balcani, anche a causa delle spaccature sempre più evidenti all’interno della stessa Europa.

La Cina propone di creare reti di trasporto integrate e tutte le infrastrutture tecnologiche per la loro gestione e manutenzione, oltre a reti di distribuzione dell’energia e tutti i servizi necessari al commercio e alle comunicazioni, incluse migliaia di chilometri di fibra ottica. Il punto di partenza sono le infrastrutture già esistenti, che verranno collegate fra di loro per creare una rete e un sistema integrato

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