La strategia globale di Trump e quella di Obama

11/04/2017

Il disimpegno di Obama dal Medio Oriente avvenne in parallelo a due altri importanti fenomeni che condizioneranno la strategia degli USA per i prossimi decenni, chiunque sia presidente:

-          il raggiungimento della piena autonomia energetica da parte del Nord America;

-          la concentrazione dell’attenzione economica e militare degli USA sul bacino del Pacifico e sull’Asia (‘pivot Asia’), in previsione dell’inevitabile confronto economico, culturale politico con la Cina, l’altra grande potenza globale in         fieri.

In che cosa differisce la politica di Trump rispetto a quella di Obama? Nella valutazione di come costruire gli schieramenti globali per un possibile futuro confronto con la Cina. In particolar modo i due Presidenti hanno opinioni divergenti per quanto riguarda la Russia e l’Iran.

Per riequilibrare il Medio Oriente Obama favorì la Fratellanza Musulmana (al potere in Turchia e per breve tempo nell’Egitto di Morsi) e l’Iran sciita, entrambi in forte contrapposizione con i sunniti iracheni e sauditi, fomentatori di gruppi jihadisti internazionali. In Europa Obama ostacolò con un certo vigore la nuova assertività della Russia di Putin, anche con sanzioni internazionali che danneggiano gravemente l’economia russa. Così mentre all’Iran si offriva la possibilità di riprendere le esportazioni di petrolio e gas, alla Russia si bloccava la possibilità di stipulare nuovi contratti con l’Europa. Questo ha contato nella decisione di Putin di entrare direttamente in gioco nella guerra in Siria, con gran sfoggio di potenza missilistica, finendo di scompaginare del tutto il gioco di Obama, che già aveva perso la carta dell’Egitto con la deposizione di Morsi da parte di al Sisi, aveva irritato Israele e preoccupato molto i Sauditi (che ora stanno costruendo una alleanza con il Pakistan in funzione anti-Iran).

Trump sembra invece disponibile a capire le necessità della Russia e, pur non rinunciando a dare dimostrazioni della potenza missilistica americana se l’occasione si presenta, sembra incline a favorire la sospensione delle sanzioni alla Russia e tornare a una politica più dura verso l’Iran e i suoi alleati. Guardando oltre il Medio Oriente e oltre gli avvenimenti attuali, Trump e i suoi consiglieri considerano probabilmente necessario che l’Europa e la Russia costituiscano un blocco economico e politico solidale, legato all’America da molti legami. La Russia condivide con la Cina un lungo confine e sarebbe una calamità se in un possibile futuro scontro fra Occidente e Cina la Russia si ponesse dalla parte della Cina.

Quanto al Medio Oriente, visto che il mondo non ha più necessità assoluta del suo petrolio e visto che nessun paese del Medio Oriente ha la possibilità di intralciare le grandi rotte oceaniche che interessano le Americhe, per gli USA è diventato un’area di interesse secondario. Trump potrebbe essere disponibile ad accomodare gli interessi russi nella regione, nell’ambito della definizione dei nuovi stati e delle sfere di influenza future, per avere rapporti più distesi con la Russia.

Quanto alla politica verso la Cina e l’Asia, Trump ha bloccato l’accordo multilaterale del TTP non perché abbandoni la politica del ‘pivot Asia’, ma perché ritiene che gli accordi sovranazionali multilaterali siano strumenti inadeguati e troppo rigidi, perché necessariamente gestiti da corpose burocrazie che non rispondono a nessun potere statale ma applicano soltanto i trattati, i quali a loro volta sono quasi impossibili da adattare al mutare delle circostanze, perché richiedono l’approvazione concorde di tanti governi di tanti stati diversi. Conosciamo tutti l’incapacità delle organizzazioni sovranazionali, dall’ONU all’Unione Europea, di affrontare e risolvere tempestivamente i problemi nuovi e imprevisti. 

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