Libia: a che punto siamo?

21/03/2017

Dopo la caduta di Gheddafi la Libia è sprofondata nella guerra civile e si è frantumata, così come le altre repubbliche arabe di recente costituzione: il Libano, la Siria, l’Iraq, il Kuwait. Non si sono frantumati gli stati arabi che, come la Giordania e l’Arabia Saudita, hanno mantenuto una struttura semitribale in cui la monarchia ha funzione mediatrice ed equilibratrice. Né si sono frantumati gli stati di lunghissima tradizione unitaria, come l’Egitto e il Marocco. Reggono per ora, pur con difficoltà, anche Tunisia e Algeria, dove i Francesi hanno lasciato stati fortemente centralizzati e ben organizzati, che hanno permesso il superamento del tribalismo.

In Libia, dopo anni di trattative, il paese è di fatto ancora diviso fra:

-       il Governo di Accordo Nazionale (GNA), con sede a Tripoli, guidato dal premier Fayez al-Sarraj, riconosciuto dalla comunità internazionale come governo legittimo;

-       il Congresso Generale Nazionale (GNC), parlamento eletto nel 2012, controllato in maggioranza dai Fratelli Musulmani, successivamente superato da un nuovo parlamento eletto nel 2014, in cui i Fratelli Musulmani hanno perso la maggioranza. I membri del GNC non hanno accettato il risultato delle elezioni del 2014 e, sostenuti dall’Esercito Nazionale al comando del generale Haftar, hanno mantenuto il controllo dei giacimenti e dei terminali petroliferi nell’est della Libia, da As Sidra a Ras Lanuf, combattendo ripetutamente contro le milizie islamiste che cercano di impadronirsene.

Varie milizie costituite su base tribale e/o religiosa nella zona di Misurata (le milizie tribali laiche sono raggruppate in Libya Dawn (Alba Libica), quelle islamiste sono affiliate ad al Qaeda) e altre milizie costituitesi attorno a Tripoli si affrontano e si scontrano in formazioni variabili, alleandosi ora pro ora contro il governo, per ottenere il controllo delle risorse. A marzo 2017 Tripoli ha visto ripetuti scontri con i carri armati per le strade, anche se i nostri media e il nostro governo preferiscono non dar rilievo a queste notizie.

Una certa unità d’intenti è stata raggiunta fra le fazioni soltanto contro le milizie affiliate all’ISIS, guidate da un ex generale dell’esercito iracheno di Saddam Hussein. Nel 2016 l’ISIS conquistò i campi petroliferi libici partendo da Sirte e attaccando sia le milizie di Misurata sia quelle di Tripoli. Le fazioni tribali dimenticarono per alcuni mesi le rispettive rivalità e le diverse affiliazioni islamiste per combattere contro l’ISIS. In quei mesi le diplomazie internazionali riuscirono ad avviare un dialogo fra le parti che portò alla creazione del GNA. Ma, cessato il pericolo, le milizie di diverse tribù e/o fazioni islamiste di diversa affiliazione (pro Fratelli Musulmani o pro al Qaeda) hanno ripreso a scontrasi per il controllo delle risorse.

In quanto ex paese coloniale e paese particolarmente interessato al petrolio e soprattutto al gas libico (mappa a lato), noi Italiani siamo profondamente coinvolti nella politica libica, anche se non ne parliamo. Sosteniamo il GNA, costituito fondamentalmente grazie all’attivissimo lavoro diplomatico italiano. Il GNA è riconosciuto dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU e dall’Unione Europea. Sostengono il GNA anche le milizie islamiste della zona di Misurata schierate con al Qaeda.

Ma Francia, Egitto, Emirati Arabi e Arabia Saudita sostengono invece l’esercito del generale Haftar. Il generale Haftar è disposto a riconoscere la legittimità del GNA, ma non vuole lasciare il comando dell’esercito ai vertici militari di nomina governativa: vuole essere lui il Ministro della Difesa e il capo dell’esercito nazionale del GNA. Pur avendo accettato il sostegno di milizie islamiste, Haftar è un laico che comanda centralmente il suo esercito con molta efficacia.

Il Qatar e la Turchia sostengono le milizie tribali di Misurata e le milizie islamiste affiliate ai Fratelli Musulmani. Qatar e Turchia sono i grandi sostenitori della Fratellanza Musulmana in tutto il mondo islamico per motivi politici, ma non forniscono né molte armi, né ingenti finanziamenti, poiché non hanno diretti interessi geostrategici in Libia.

La Russia, dopo un periodo di neutralità, ora propende a favore del generale Haftar, tanto più ora che sta sviluppando una partnership economica e militare privilegiata con l’Egitto.

Potenze occidentali sono impegnate militarmente con funzioni di addestramento e di consiglio: noi Italiani addestriamo l’esercito del GNA (il che ha comportato l’ostilità di Haftar); gli USA hanno condotto oltre 500 attacchi dai cieli contro l’ISIS, in sostegno dei contemporanei attacchi sul terreno da parte delle milizie di Misurata e dell’esercito del GNA. A luglio 2016 è stato abbattuto un elicottero militare francese che operava segretamente in sostegno di Haftar.

Ora l’interesse maggiore dell’Italia e dell’Europa nello stabilizzare la Libia è legato alla necessità di controllare l’esodo di migranti che dalle coste della Libia cercano di raggiungere le coste italiane, contando anche sul fatto che alcune ONG vanno a raccoglierli con le navi a pochi chilometri dalla costa per ‘salvarli’ da gommoni su cui probabilmente non si avventurerebbero se non sapessero di aver un’alta probabilità di essere raccattati poco dopo, e trasferiti in Italia. 

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