Nazionalismo e democrazia liberale

07/03/2017

Oggi tendiamo a vedere nel nazionalismo la base di sistemi di governo autoritari e illiberali o addirittura la causa di politiche di aggressione, perché lo consideriamo la causa delle Guerre mondiali del XX secolo. Ma storicamente il nazionalismo è nato nel XVIII secolo dalla stessa radice del liberalismo democratico, cioè dal rifiuto dell’autoritarismo monarchico.

Fino a metà del XVIII secolo gli stati europei erano monarchie, i territori e i beni degli stati erano quelli che le dinastie regnanti si erano conquistati e costruiti attraverso guerre e incroci dinastici. I sudditi appartenevano a diverse nazioni, cioè parlavano lingue diverse e avevano tradizioni diverse, così come ogni nazione era per lo più sparsa in stati diversi. Le popolazioni non avevano quasi voce nella gestione dello stato, né esisteva il diritto dei popoli all’autodeterminazione.

Le grandi rivolte del 1848 in Europa avvennero tutte in nome della libertà, intesa come diritto dei popoli all’autogoverno. Per popolo si intendevano gli appartenenti allo stesso gruppo nazionale – reale o presunto. Così iniziarono le lotte per liberarsi di re e imperatori. Il concetto di nazionalismo fu a lungo legato direttamente al concetto di autogoverno dei popoli e ai diritti dei cittadini, fino all’insorgere di fascismo e nazismo.

Il processo di internazionalizzazione e di globalizzazione in atto da settant’anni ci ha portati a considerare desueto, ridicolo o addirittura pericoloso il senso di appartenenza alla nazione. Abbiamo costruito con entusiasmo e fiducia organismi sovranazionali gestiti da tecnocrazie illuminate: l’Unione Europea, l’ONU, il WTO. Ma iniziamo a renderci conto che se non si coltiva con costanza il senso di appartenenza a una comunità coesa, basata su valori condivisi e su di una storia condivisa, l’autogoverno e la democrazia rischiano di degenerare in separatismo settario o addirittura in guerre civili. Lo abbiamo visto nel sanguinoso processo di dissoluzione della Yugoslavia, nella separazione fra Cechia e Slovacchia, nelle tendenze separatiste in Spagna, nel Regno Unito e in Ucraina. Lo vediamo nei bagni di sangue del Medio Oriente.

Oggi l’incapacità delle tecnocrazie sovranazionali di continuare a garantire lo sviluppo economico dell’Occidente e imporre la pace nel mondo islamico induce i popoli occidentali a tornare a credere nell’efficienza dello stato nazionale. Molti ne sono spaventati e parlano di fascismo, di fine della democrazia. È invece possibile che si tratti di una fase di laborioso ripensamento delle istituzioni politiche, economiche e sociali, alla ricerca di sistemi che possano gestire la globalizzazione con maggiore efficacia, salvaguardando anche il principio di autodeterminazione dei popoli (cioè la democrazia) e i diritti della persona. Non sarà affatto facile, non abbiamo ricette certe – ma non sarà un ritorno al fascismo: la storia evolve sempre, non torna al passato.

Se non si coltiva con costanza il senso di appartenenza a una comunità coesa l’autogoverno e la democrazia rischiano di degenerare in separatismo settario o addirittura in guerre civili

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