Pakistan e terroristi: alleati e nemici a un tempo

01/03/2017

Il Pakistan è sempre nel caos e nel terrorismo. La storia della lotta al terrorismo in Pakistan è lunga, variegata e contraddittoria. Talebani e al Qaeda vi sono di casa. Obama Bin Laden visse indisturbato fino al 2011 ad Abbottabad accanto a una grande caserma militare i cui comandanti sapevano certamente tutto del loro vicino, che era ufficialmente oggetto di mandato di cattura ‘a tutti i costi’. Fu la collaborazione del dottor Shakil Afridi, anch’egli pakistano, a permettere agli Americani di trovare Bin Laden. Organizzò una finta campagna di vaccinazione per raccogliere il DNA di quella famiglia e avere la certezza che si trattasse di Bin Laden. Avutane certezza, gli agenti americani fecero irruzione nella casa e uccisero Bin Laden, badando bene di non allarmare i servizi segreti pakistani che lo tenevano d’occhio. I Pakistani hanno premiato il dott. Afridi con vent’anni di prigione per il suo ruolo nella cattura di Bin Laden, responsabile della morte di 3000 persone con l’attacco alle Torri Gemelle, oltre che di centinai di altri attacchi terroristici. Durante la campagna elettorale Trump promise di ottenere la liberazione del dott. Afridi, suscitando le ire del governo pakistano.

I servizi segreti pakistani hanno un lunga storia di doppia lealtà: una parte è con il governo, una parte simpatizza con gli islamisti anti-governo. Gli attentati non riusciti contro i Presidenti negli anni ’80 e ’90 furono tantissimi. Due attentati orchestrati con l’aiuto di una parte dei servizi segreti riuscirono e due presidenti morirono: Zia-ul-Haq nel 1988, che morì in un incidente aereo insieme ai suoi principali collaboratori, all’Ambasciatore americano e al consigliere militare dell’Ambasciata, e Benazir Bhutto, uccisa da una bomba nel 2007.

Perché questa doppia lealtà nell’intelligence pakistana? Perché una parte degli agenti fu arruolata fra membri di gruppi jihadisti, considerati alleati per compiere attentati contro gli Indiani in Kashmir (India e Pakistan rivendicano entrambi il Kashmir e lungo la linea di divisione fra le due zone si accendono spesso incidenti). I jihadisti vennero usati anche per mantenere un certo controllo sugli avvenimenti in Afghanistan, sia direttamente sia tramite l’alleanza con i Talebani. Quando il potere dei Talebani e dei jihadisti divenne eccessivo, condizionando troppo la politica del governo pakistano, il governo optò per la repressione del terrorismo, ma larghe parti dell’esercito e dei servizi di intelligence considerò la nuova politica un imperdonabile tradimento.

Esemplare è il caso di Hafiz Saeed, capo del gruppo Lashkar-e-Taiba  negli anni ’90, che compiva attentati contro gli Indiani in Kashmir con l’appoggio dei servizi pakistani. Nel 2008 rivendicò con orgoglio l’organizzazione del massacro di Mumbai (Bombay) in cui furono barbaramente uccisi 166 civili, fra i quali 6 cittadini americani. Il governo americano mise una taglia di 10 milioni di dollari sulla sua testa, ma Saeed continuò a vivere indisturbato in Pakistan, concedendo persino interviste. A gennaio 2017 tutto d’un tratto è stato messo agli arresti domiciliari, non si sa perché. Forse il governo lo considera un possibile oggetto di scambio con il nuovo governo americano? 

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