Trump, immigrazione, razzismo e legalità

07/02/2017

Da giorni si sentono parole piene d’ira contro i provvedimenti di Trump sull’immigrazione, accusati di essere razzisti, illegali e contro le tradizioni americane, oltre a recar danno all’economia. Ma è proprio così?

Gli Americani che hanno votato Trump non sono necessariamente razzisti, né ostili agli immigrati. Se lo fossero, esprimerebbero ostilità anche per altri gruppi: per gli Ebrei, o per i 3,7 milioni di immigrati di prima e seconda generazione giunti dall’India, che oggi costituiscono la comunità americana più ricca e più competitiva in tutti i campi, o per i circa 4 milioni di immigrati di origine cinese, o per gli oltre 30 milioni di immigrati messicani regolari, non clandestini. Se fossero razzisti suprematisti, probabilmente esprimerebbero ostilità anche per gli omosessuali, di cui Trump sostiene i diritti. L’ostilità e il rifiuto riguardano invece soltanto due gruppi:

-          i Musulmani che provengono da paesi in cui i soldati o la marina americana sono impegnati da lungo tempo in operazioni militari contro milizie islamiste, o che dichiarano apertamente ostilità e disprezzo per l’America, come l’Iran;

-          i circa 11,5 milioni di Messicani che vivono e lavorano illegalmente in USA (secondo dati recenti del Pew Research Center).

I motivi dell’ostilità verso questi due gruppi possono non piacere, ma non sono razziali.

I Musulmani sono considerati pericolosi dagli Americani medio-poveri, provenienti da famiglie o da quartieri da cui provengono anche quei soldati che da decenni combattono contro gli Islamisti. La quasi totalità dei Musulmani che cercano di raggiungere gli USA non sono ovviamente nemici, ma la percezione comune, visto il susseguirsi di attentati e stragi anche in Europa, è che possano diventar pericolosi nel tempo, anche alla seconda generazione. È successo anche in passato: durante la Prima Guerra Mondiale gli USA rinchiusero in campi speciali gli immigrati di origine tedesca che ancora parlavano tedesco; durante la Seconda Guerra Mondiale rinchiusero in campi gli immigrati di origine giapponese. Il paese era in guerra con Tedeschi e Giapponesi e molti temevano che gli immigrati potessero agire da quinta colonna interna in favore dei nemici. Si trattò di provvedimenti non necessari e ingiusti – ma non per razzismo, bensì per la paura e il sospetto di una società in guerra.

Contro gli immigrati senza permesso di residenza e di lavoro, che arrivano via terra dal Messico e lavorano in nero, facendo concorrenza ad altri sotto-occupati o disoccupati con permesso di residenza, non c’è un atteggiamento razzista, ma il dispetto e l’ira perché le leggi non vengono applicate allo stesso modo nei confronti di tutti e i clandestini fanno concorrenza ‘sleale’ a chi è in regola con le leggi.

Utilizzare parole sbagliate per definire situazioni che non piacciono, al fine di farne percepire tutta la negatività, non aiuta a capire la realtà, confonde le idee. 

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