Giordania: c’è pericolo nelle nuove elezioni?

23/09/2016

Le elezioni in Giordania sono raramente foriere di cambiamenti. La Giordania è una piccola monarchia costituzionale stabile confinante con paesi consumati da gravissime instabilità. Il parlamento, in particolare la Camera bassa, ha di fatto poteri limitati e spesso si limita ad approvare senza dissentire le decisioni prese dal re Abdullah II e dai ministri da lui designati. Ma il 20 settembre le elezioni della Camera bassa sono state regolate da un nuovo sistema elettorale, che potrebbe cambiare le cose.

Ad ogni elezione parlamentare il governo introduce piccoli cambiamenti e li presenta con campagne di sensibilizzazione che sottolineano quanto queste riforme migliorino la rappresentazione popolare e portino il governo a rispondere maggiormente del proprio operato. Negli ultimi anni queste riforme hanno portato all’aumento del numero dei deputati della Camera bassa – che ora sono 130 – e dei seggi riservati alle donne e alle minoranze.

Il nuovo sistema elettorale mira ad attirare gli elettori disincantati. Secondo un sondaggio di aprile l’87% dei cittadini riteneva che la legislatura uscente non avesse prodotto politiche degne di nota. La nuova legge elettorale permette agli elettori di scegliere non soltanto una lista, ma anche i candidati all’interno della lista, e il governo ha sollecitato la presentazione di ben 49 liste diverse per evitare la formazione di blocchi partitici importanti.

I Giordani sono poco meno di 8 milioni; 59% sono giordani di origine, 28% sono palestinesi, 9,22% sono siriani, poco meno del 2% sono egiziani. Tendono a votare in base a legami tribali e famigliari – spesso influenzati da banchetti e intrattenimenti pagati dai candidati.

Il consenso per i partiti islamisti, soprattutto per la Fratellanza Musulmana, è in grande crescita; il Re ha cercato modi per permettere loro di partecipare al voto, ma in modo frammentato e disperso. Benché la Fratellanza Musulmana sia stata dichiarata illegale, il Fronte di azione islamica – che ne è il braccio politico – può partecipare alle elezioni. Il Re sa che i partiti islamisti hanno il sostegno popolare, ma non vuole che gli islamisti vincano le elezioni. Invece di reprimerli, il nuovo sistema mira a diluire il loro potere. I politici islamisti sono piuttosto pragmatici e si sono adattati alle nuove regole. I partiti islamisti in lizza sono molti, ognuno mira a un elettorato diverso. Alcuni si rivolgono soltanto ai giovani, altri alle donne, altri ancora sono anche fortemente nazionalisti e oppongono l’identità giordana all’identità palestinese. I partiti islamisti includono nelle liste anche candidati donne (che per legge debbono rappresentare almeno il 15% dei candidati) e candidati cristiani. Lo slogan dei Fratelli Mussulmani quest’anno è cambiato: non è più “L’Islam è la soluzione”, bensì “Riforme!”.

Re Abdullah II e suo padre sono riusciti a evitare l’instabilità, ricorrendo alla politica del rischio calcolato. Non è detto che riescano a mantenere la stabilità in futuro. 

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