Storia geopolitica di al Qaeda

11/07/2016

Nel 1988 i Sovietici annunciarono il ritiro dall’Afghanistan, che avvenne effettivamente nel 1989. I Sovietici erano entrati in Afghanistan nel 1979 in aiuto al governo locale marxista-leninista loro alleato. Contro il governo e contro i Sovietici combattevano gruppi armati di mujahidun (‘quelli che praticano jihad’), che si presentavano come soldati dell’Islam, paladini della sha’ria. Fra costoro c’era il saudita Osama Bin Laden. Gli islamisti erano sostenuti da una alleanza che oggi ci pare incongrua: dagli USA, che vedevano la guerra in Afghanistan come un episodio della Guerra Fredda contro l’Unione Sovietica, dall’Iran e dal Pakistan, che hanno sempre avuto una forte presenza e forti interessi nel confinante Afghanistan, e dalla Cina che, sostenendo gli islamisti contro l’Unione Sovietica, intendeva acquisir meriti a buon mercato presso le proprie minoranze islamiche, soprattutto gli Uiguri dello Xinjiang. Pachistani e Iraniani però sostenevano gruppi diversi di mujahidun, uniti soltanto nel combattere i Russi, ma aspramente divisi su questioni interne. I Sauditi erano schierati con il Pakistan, così come i Cinesi. Gli Iraniani avevano invece il sostegno dell’India, sempre in rivalità con il Pakistan per questioni di frontiera e spesso in guerra per il controllo del Kashmir. 

Quando i Sovietici annunciarono il ritiro, fu chiaro che sarebbe scoppiata una guerra civile fra le tribù e le fazioni all’interno dell’Afghanistan per il controllo del paese, e i paesi coinvolti dovettero rivedere il loro schieramento. Per giungere al ritiro dall’Afghanistan i Sovietici e gli USA avevano firmato un patto per cui entrambi si sarebbero astenuti da qualunque ulteriore intervento armato nel paese. Gli Americani si posero al di sopra delle parti e idearono progetti energetici per lo sviluppo economico e tecnologico del paese nella sua interezza, che avrebbero tolto spazi di manovra politica ai Pakistani e ai Sauditi e avrebbero dato vantaggi alle tribù tagiche, azere e uzbeche del nord, alleate dell’Iran. Si veda la mappa etnica delle tribù afghane qui a fianco, in cui le regioni a maggioranza pashtun (verdi nella mappa a fianco) sono alleate del Pakistan e sostengono i Talebani, le altre hanno maggioranze etniche filo-iraniane, ma accolgono all’interno anche molti Pashtun. I Baluci (in blu nella mappa) vivono a cavallo fra Afghanistan, Pakistan e Iran, sostengono in maggioranza i Pakistani e i Talebani, ma sono anche animati dal desiderio di crearsi uno stato indipendente, manovrando le parti a seconda delle convenienze.

La guerra civile scoppiò subito dopo il ritiro dei Sovietici. Nel 1992 ebbe il sopravvento la fazione alleata dell’Iran, che riuscì a costituire un governo. Ma nel 1996 il governo fu rovesciato dai Talebani, sostenuti dai Pakistani e dai Sauditi. I Talebani formarono il governo e presero ad analizzare anche le proposte americane per lo sviluppo di progetti energetici. I Cinesi fecero il possibile per mantenersi neutrali e non apparire rivali di nessuno: schierarsi con una fazione avrebbe significato che l’altra avrebbe preso a sobillare gli Uiguri alla rivolta in nome dell’islam.

Osama Bin Laden aveva creato al Qaeda nel 1988 e si era insediato con le sue schiere di combattenti nelle regioni a cavallo fra Afghanistan e Pakistan, aiutando i Talebani nella guerra civile fino alla vittoria e insediandosi stabilmente nel paese con le sue milizie. La sua influenza sui Talebani e i suoi attacchi agli USA (alle ambasciate in Kenya e Tanzania nel 1998, alle Torri Gemelle nel 2001) portarono alla guerra degli USA e della NATO contro l’Afghanistan e impedirono la possibile pacificazione della regione attraverso progetti di sviluppo che avrebbero legato gli interessi dei paesi dell’Asia Centrale, grandi produttori di gas e petrolio, a quelli dell’India, passando attraverso l’Afghanistan e il Pakistan. Questo asse di interessi comuni avrebbe potuto forse coinvolgere in un secondo tempo anche l’Iran, ma ai paesi arabi produttori di petrolio avrebbe portato soltanto competizione sul mercato.

Lo scopo di al Qaeda negli anni ’90 era duplice: evitare che l’Iran estendesse la sua egemonia in Afghanistan ed evitare che si realizzassero i progetti occidentali per portare l’energia dell’Asia Centrale sul mercato globale. 

Lo scopo di al Qaeda negli anni ’90 era duplice: evitare che l’Iran estendesse la sua egemonia in Afghanistan ed evitare che si realizzassero i progetti occidentali per portare l’energia dell’Asia Centrale sul mercato globale.

Il corridoio energetico dall’Asia Centrale all’Oceano Indiano si sarebbe potuto costruire senza coinvolgere Afghanistan e Pakistan, se l’India avesse avuto il controllo del Kashmir, grande valle himalaiana sempre contesa fra India e Pakistan (mappa a lato). Perciò al Qaeda creò un proprio gruppo armato in Kashmir e riacutizzò il conflitto. I Cinesi e i Russi lasciarono fare, sostennero anzi le ragioni degli islamici contro gli Indiani per convenienza. Ai Cinesi e ai Russi non conviene che i paesi dell’Asia Centrale possano portare petrolio e gas direttamente all’Oceano, perché ne sono i soli acquirenti e ottengono le condizioni che vogliono, finché i produttori non possono raggiungere altri clienti. Ma gli Indiani e gli abitanti dell’Asia Centrale trarrebbero grandi vantaggi reciproci dalla possibilità di scambi diretti attraverso il Kashmir. 

Fin dai primi anni ’90 al Qaeda costituì gruppi combattenti in Kenya e Tanzania per destabilizzare i governi e rendere insicuro il territorio al fine di impedire che, con l’aiuto e gli investimenti cinesi, il gas e il petrolio dell’Africa Centrale possano raggiungere la costa d’Africa sull’Oceano Indiano, in concorrenza con la produzione dei paesi arabi. Al Qaeda ha poi creato gruppi armati in tutti gli altri paesi che esportano gas o petrolio, dal Magreb alle Filippine (mappa a lato), oppure si è alleata con fazioni locali. In Nigeria ad esempio è alleata di Boko Haram, in Somalia con al Shabaab, nelle Filippine e in Malesia con i più forti gruppi islamisti locali.

Nell’ideologia originaria di al Qaeda la guerra doveva essere condotta contro i Crociati (identificati con i paesi NATO) e gli Indiani, mai contro altri islamici, anche se di denominazione non sunnita, neppure se erano alleati dei ‘crociati’, come la stessa monarchia saudita o il presidente egiziano Mubarak. Ma l’atteggiamento iniziò a cambiare nel 1991, in occasione della guerra del Golfo per il Kuwait, quando i Sauditi chiamarono gli Americani in loro aiuto contro Saddam Hussein. Allora Bin Laden prese le distanze dalla monarchia e iniziò a collaborare con l’Iran, grande concorrente regionale dei Sauditi non soltanto per il petrolio ma anche per l’egemonia religiosa e culturale. Quando gli interessi degli Arabi e dei Cinesi cominciarono a scontrarsi in Africa, al Qaeda prese a sobillare gli Uiguri in Cina, suscitando l’ira della monarchia saudita che invece voleva promuovere accordi di cooperazione con la Cina in tutti i campi.

Nel 1992 arrivò la rottura fra Bin Laden e la monarchia saudita. Privato della cittadinanza e cacciato anche dal Sudan per le pressioni saudite, nel 1996 Bin Laden si rifugiò in Afghanistan. Dall’Arabia Saudita continuarono ad affluire milioni di dollari nelle casse di al Qaeda, ma senza l’avallo della monarchia. La situazione era molto strana: al Qaeda collaborava con l’Iran negli altri paesi, ma era rivale dell’Iran e alleata dei Pakistani e dei Talebani in Afghanistan. La sua funzione in Afghanistan, che consisteva nell’impedire che il paese divenisse il cuore del corridoio energetico fra Asia Centrale e Oceano Indiano, faceva comodo ai Sauditi, agli Iraniani, ai Cinesi e ai Pakistani, che lo lasciavano fare. Un’altra ironica assurdità della situazione era che Sauditi e Pakistani era stretti alleati militari degli USA, per i quali al Qaeda era ormai il nemico pubblico numero uno.

Bin Laden ebbe notevoli difficoltà nel gestire tale ingarbugliata situazione dal punto di vista sia ideologico sia politico. I documenti ritrovati nel suo ultimo ‘covo’ dimostrano che non si fidava ormai di nessuno, neppure dei collaboratori più stretti. Viveva nella paura. Alcuni gruppi affiliati ad al Qaeda si staccarono e si diedero una propria politica, una propria bandiera e una propria ideologia del terrore, mirata a conquistare e controllare i giacimenti di petrolio. Così nacque l’ISIS, ad esempio. Ora al Qaeda rincorre i successi altrui, si aggrega, non è più a capo dei gruppi armati islamisti.

Al Qaeda ha sempre fatto propaganda contro Israele, demonizzandola per demonizzare i suoi sostenitori, ma non ha mai compiuto attentati contro Israele, che non ha ricchezze energetiche di cui impadronirsi. L’ISIS ha fatto altrettanto. Fino alla metà degli anni ’70 i Sauditi volevano portare il petrolio al Mediterraneo con la Trans-arabian Pipeline che sfociava in Israele, ma trovarono poi più conveniente imbarcarlo dalle coste del Mar Rosso, in territorio proprio, e trasportarlo attraverso il canale di Suez. Persero perciò ogni interesse nel combattere attivamente contro Israele. Attorno a Israele Hamas, sostenuto dalla Turchia e dal Qatar, ed Hezbollah, sostenuto dall’Iran, cercano invece attivamente di accaparrarsi tratti di costa per uso economico e militare e si oppongono entrambi a ogni interferenza di al Qaeda in quello che considerano il ‘loro’ territorio. Le rivalità sotterranee fra Turchia e Iran evitano però che Hamas ed Hezbollah collaborino fra di loro contro Israele, attaccandolo insieme da nord e da sud. Così la sicurezza di Israele si basa sui conflitti di interessi fra i nemici. 

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