Lo sviluppo dell'Africa subsahariana, soluzione del problema dei migranti

03/06/2016

L’Africa subsahariana comprende sei paesi privi di sbocco sul mare, quasi privi di trasporti interni e di collegamenti con i paesi vicini: Uganda, Ruanda, Burundi, Sud Sudan, Chad, Repubblica Centroafricana (RCA). Benché questi paesi abbiano territori fertili e ricchezze minerarie importanti, la mancanza di trasporti e comunicazioni, con la conseguente grande limitazione di scambi sia economici sia culturali, fa di questi paesi una cintura di povertà e di sottosviluppo che attraversa l’Africa da est a ovest. È la regione da cui molti migranti intraprendono il lungo viaggio verso le coste del Mediterraneo, alla ricerca di una vita migliore; è la zona più tormentata da guerre civili fra fazioni che, utilizzando legittimazioni di natura etnica o religiosa, vogliono impossessarsi delle ricchezze minerarie. Eppure il territorio potrebbe sostenere un’economia prospera e popolazioni ben più numerose di quelle attualmente presenti. Ma la costruzione di infrastrutture di trasporto e di comunicazione è la premessa indispensabile per lo sviluppo della regione. 

Il Great Equatorial Land Bridge convoglierebbe tutte le ingenti risorse dell’Africa Subsahariana verso i due oceani aperti a est e a ovest dell’Africa, lontano dalle rotte controllate dai paesi del Mediterraneo, del Golfo Persico, del Mar Rosso e del Mar Arabico, togliendo ai paesi che si affacciano su questi mari larga parte della loro attuale importanza strategica per l’economia mondiale.

Nel 2012 la Cina, d’accordo con il Kenia, l’Uganda, l’Etiopia e il Sud Sudan, ha avviato il megaprogetto per la realizzazione, entro il 2030, del Great Equatorial Land Bridge (che noi chiamiamo Grande Corridoio Equatoriale) il quale, partendo dal porto di Lamu in Kenya, dovrebbe passare attraverso Juba in Sud Sudan, Bangui nella Repubblica Centro Africana e Douala in Camerun. La prima parte del progetto, chiamata LAPSSET (Lamu Port and Lamu-Southern Sudan-Ethiopia Transport Corridor) è già in via di realizzazione e include anche una rete di oleodotti e gasdotti (vedasi mappa a fianco), oltre al potenziamento e ammodernamento dei porti e alla costruzione di circa 1700 chilometri di strade e ferrovie. I Cinesi sono molto interessati allo sviluppo dell’Africa, da cui possono ricevere materie prime e prodotti agricoli in cambio di manufatti industriali. L’Africa è la parte del globo dove è non soltanto possibile ma necessario sviluppare produzione e commerci a ritmo accelerato, perciò i Cinesi stanno sapientemente investendo molto in Africa.

L’attuazione del megaprogetto si scontra con innumerevoli difficoltà: il rallentamento economico globale, le rivalità e le guerre fra vari paesi (ad esempio fra Sud Sudan e Sudan), la corruzione, le rivalità fra diverse fazioni impegnate in guerre civili nella regione, l’insicurezza diffusa, gli ostacoli naturali e le difficoltà tecniche, le proteste degli ambientalisti e dei sostenitori dei diritti delle popolazioni indigene in Occidente, l’ostilità dei paesi arabi e dell’Iran, che temono la concorrenza diretta dell’Africa sul mercato globale dell’energia. Ora ad esempio Iran e Arabia Saudita comprano la carbonella (carbone di legno) della Somalia, che ne è il maggiore produttore al mondo, dal gruppo jihadista al Shabaab  (che si finanzia con queste esportazioni e con la pirateria in mare, ma in quanto gruppo terrorista non può vendere direttamente sul mercato internazionale) e la rivendono sul mercato internazionale. Non dobbiamo mai dimenticare che i gruppi jihadisti si sviluppano e si radicano sempre nelle regioni ricche di giacimenti minerari e petroliferi e hanno sempre alle spalle qualche paese disposto ad acquistare i minerali di cui i jihadisti riescono a impadronirsi.

Come si vede nella mappa globale a fianco, il Great Equatorial Land Bridge convoglierebbe tutte le ingenti risorse dell’Africa Subsahariana verso i due oceani aperti a est e a ovest dell’Africa, lontano dalle rotte controllate dai paesi del Mediterraneo, del Golfo Persico, del Mar Rosso e del Mar Arabico, togliendo ai paesi che si affacciano su questi mari larga parte della loro attuale importanza strategica per l’economia mondiale. Perciò già ora centinaia di milioni di petrodollari dei paesi del Medio Oriente sono investiti in campagne, sia di opinione sia di terrorismo, contro la realizzazione del Grande Corridoio Equatoriale.

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