L’ISIS ricorre al terrorismo perché sta perdendo

21/11/2015

L’avanzata dell’ISIS in Iraq e in Siria si è arresta da mesi, l’organizzazione adesso è sulla difensiva, perde terreno ogni settimana. Questo rischia di farle perdere la fiducia dei militanti, che corrono a uccidere e a morire nella convinzione millenaristica di star facendo il volere di Dio, di essere perciò invincibili. L’ISIS cerca di tenere alta l’immagine della propria onnipotenza con atti terroristici di grande risonanza: l’abbattimento dell’aereo russo, gli attentati nel cuore dell’Europa. L’attentato del 13 novembre a Parigi è soltanto uno dei tanti attentati pianificati in Europa negli ultimi mesi: gli altri sono stati sventati da operazioni di intelligence.

Ma nessuna organizzazione pensa di conquistare davvero il potere con il terrorismo. La teoria rivoluzionaria sostiene che il terrorismo è un mezzo per alimentare insurrezioni e per spaventare e indebolire il nemico. La conquista del potere reale si fa però sul terreno, combattendo direttamente con le forze nemiche. Quando l’avanzata sul terreno è in stallo, o addirittura si perde terreno, il ricorso al terrorismo serve per mantenere viva la fede nei militanti e per continuare a essere una realtà con cui il nemico deve fare i conti.

Anche al Shabaab ricorre a grandi atti di terrorismo in Uganda e in Kenya, cioè nei paesi che hanno inviato soldati a combattere in Somalia, da quando questi soldati hanno ricacciato al Shabaab da tutte le città somale che avevano conquistato.

Anche lo Stato Islamico nel Wilayet al Sudan al Gharbi, meglio noto come Boko Haram, ha moltiplicato gli attentati suicidi (di donne, che sono più spendibili) da quando ha perso quasi tutto il territorio conquistato nel 2013 e nella prima metà del 2014 nel nord della Nigeria. Gli atti di terrorismo suicida compiuti da Boko Haram quest’anno sono già più di 100. Finché era all’attacco non ricorreva al terrorismo suicida, ma arrivava nei villaggi e sterminava attivamente parte della popolazione per sottometterla e prendere possesso del territorio. Neppure alQaeda ricorreva ad attacchi terroristici suicidi quando conquistava terreno in Afghanistan e sperava di farsi stato.

Tutti i gruppi rivoluzionari ricorrono agli attentati terroristici suicidi quando non hanno altro mezzo per mostrare che sono ancora attivi, che sono forti. Questo non significa che l’ISIS non sia pericoloso: significa che il terrorismo suicida non vince, in nessuna delle sua forme e in nessun luogo, ma uccide per mostrare di essere ancora vivo.

L’Occidente ha conosciuto il terrorismo suicida degli anarchici a cavallo fra ‘800 e ‘900 – che non ha mai detenuto nessuna forma di potere reale nella società. O il terrorismo delle Brigate Rosse, che ha ucciso tanto senza mai costruire nulla, neppure un partito politico duraturo.

 

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