Il 'nuovo' antisemitismo
Parte I – Una scia di sangue

12/05/2015

Dopo l’attacco del 9 gennaio 2015 all’Hyper-kosher di Parigi, legato alla strage compiuta due giorni prima nella sede di Charlie Hebdo, i media europei hanno preso a parlare di “nuovo antisemitismo”.  Le indagini condotte da università e istituzioni negli ultimi dieci anni confermano che nell’opinione pubblica i pregiudizi antisemiti sono in costante e rapida crescita. L’indagine conoscitiva condotta dal Parlamento italiano e presentata alle Commissioni Riunite nell’ottobre 2011, cui hanno partecipato i migliori centri di ricerca italiani e internazionali, si è chiusa con la conclusione che circa il 22 % dei giovani italiani hanno radicate convinzioni antisemite e che ben il 44 % della popolazione italiana mostra qualche pregiudizio o atteggiamento ostile agli Ebrei. Basta guardarsi intorno: in tutta Europa le scuole ebraiche, le sinagoghe e i centri di cultura ebraica debbono essere protette con uomini armati, perché è possibile che qualcuno entri e spari ai visitatori di un museo o ai bambini che entrano in una scuola, oppure mitragli chi custodisce l’ingresso alla sinagoga.

Gli Europei hanno tardato troppo a preoccuparsi: l’antisemitismo in Europa è rampante sin dai primi anni ’80, e si manifesta frequentemente con atti di violenza terroristica − ai quali l’opinione pubblica ha dato poca attenzione. Perché? Perché la popolazione e i media europei trovano comprensibile, quasi ‘normale’, l’assassinio di Ebrei o gli attentati a luoghi in cui è probabile si trovino Ebrei?

Dagli anni ’90 gli attentati si sono estesi anche fuori Europa. L’attentato al centro culturale della comunità ebraica di Buenos Aires del 1994 uccise 85 persone e ne ferì centinaia. Ora sappiamo che l’attentato fu organizzato e compiuto dall’Iran e che il governo Kirchner decise di coprirne le responsabilità. Il procuratore Alberto Nisman, che ne aveva trovato le prove e stava per chiedere l’incriminazione del capo del governo, fu ucciso in casa da un colpo di pistola il 18 gennaio 2015.

Neppure alcuni episodi di particolare ferocia allarmarono davvero l’opinione pubblica occidentale. Il 23 gennaio 2002 il giornalista americano Daniel Pearl venne rapito a Karachi, in Pakistan. Il video dalla sua decapitazione, in cui Daniel appariva costretto a ‘confessare’ di essere ebreo, venne pubblicato su internet dai suoi assassini. Ispirati da quel video, a gennaio 2006 alcuni giovani islamisti parigini che chiamavano se stessi ‘i barbari’ sequestrarono il giovane ebreo marocchino Ilan Halimi, lo torturarono per tre settimane e lo lasciarono poi in una discarica dove, credendolo morto, tentarono di dargli fuoco. Morì il 13 febbraio 2006, subito dopo il ritrovamento.

La sostanziale indifferenza degli Europei di fronte agli attentati di lampante matrice antisemita deriva dalla convinzione che si tratti non di profondo odio ideologico, pericoloso come quello nazista, ma di episodi nella lotta di liberazione dei Palestinesi dallo stato di Israele.  Iniziò negli anni ’70. Dopo la strage della squadra olimpica israeliana a Monaco nel 1972, le olimpiadi non vennero neppure interrotte. L’episodio venne rapidamente dimenticato come uno dei frequenti atti di terrorismo politico degli anni ’70, definiti di natura ‘rivoluzionaria’. Quella strage fu la prova generale della nuova tattica araba, poi adottata ed esasperata anche dall’Iran negli anni ’90, di usare l’antisemitismo per creare coesione emotiva fra gli Arabi di tutti gli stati e di tutti i gruppi diversi, dopo il fallimento del panarabismo. L’ ideologia antisemita garantiva inoltre che il rifiuto di Israele come stato degli Ebrei assumesse risvolti così profondamente religiosi e identitari da non poter più essere superato dalla politica − e così fu. Inoltre agevolava alleanze ideologiche e operative con le minoranze estremiste in Europa.

L’antisemitismo nel mondo arabo ha una doppia origine: c’è un antisemitismo radicato nel Corano, che tocca tutti i popoli islamici del mondo, anche se non sono arabi. E c’è un antisemitismo arabo assorbito nel contatto con la cultura europea in epoca coloniale e soprattutto con la massiccia propaganda nazista presso i popoli del medio oriente durante la Seconda Guerra Mondiale.

Quando nel 622 Maometto si trasferì a Medina, nella città vivevano tre tribù ebraiche. Dapprincipio intrattennero rapporti pacifici con il Profeta, il quale sperò di renderseli alleati. Le sure coraniche di questo periodo raccomandano di trattare con rispetto ‘le genti del libro’. Ma poi Maometto ritenne che gli Ebrei  si fossero alleati con i suoi nemici della Mecca. Perciò in parte li scacciò, incamerando i loro beni, in parte li uccise, in parte li rese schiavi. Le sure del Corano successive all’anno 625 contengono maledizioni e espressioni violente di disprezzo per gli Ebrei, che oggi sono quotidianamente usate dai predicatori islamisti per indottrinare i bambini e gli adulti, non soltanto in Palestina, ma anche in larga parte del mondo islamico. Si crea così da decenni nei bambini un senso di odio, disprezzo e paura degli Ebrei, che la razionalità non riesce più ad estirpare, neppure in età adulta. Tanto più che i rappresentanti delle istituzioni ribadiscono costantemente gli stessi concetti.

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