L’attrattiva dello Stato Islamico
secondo Scott Stewart, di Stratfor

29/03/2015

L’espansione dello Stato Islamico è un argomento di scottante attualità che desta non poche preoccupazioni. Il 18 marzo la sparatoria al museo Bardo di Tunisi ha provocato 23 morti, di cui 20 turisti stranieri. Il 20 marzo un triplo attacco suicida in due moschee di Sana’a ha fatto almeno 142 vittime. Infine, il 23 marzo combattenti di al Qaeda nel Maghreb Islamico e membri di al Shaabab in Somalia sarebbero entrati nelle fila dello Stato Islamico. È inoltre di poche settimane fa la notizia dell’affiliazione allo Stato Islamico di Boko Haram e di altri gruppi jihadisti di Pakistan, Algeria, Libia ed Egitto.           

Per capire l’ascesa del gruppo, bisogna prima analizzarne l’attrattiva.

 

La creazione di un nuovo modello

Dopo l’11 settembre numerosi gruppi jihadisti si affiliarono ad alQaeda per beneficiare della sua popolarità e del suo successo: tra questi l’organizzazione guidata da al-Zarqawi, Al-Jama'at al-Tawhid wa al-Jihad, divenuto nel 2004 alQaeda nella Terra dei due Fiumi o al Qaeda in Iraq, quindi Stato Islamico dell’Iraq e del Levante e infine Stato Islamico. Il Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento in Algeria nel 2006 divenne alQaeda nel Maghreb Islamico. Alcuni gruppuscoli yemeniti nel 2009 si raggrupparono sotto la guida di Nasir al-Wahayshi e diventarono alQaeda nella Penisola arabica.

Per questi gruppi jihadisti aderire al modello di al Qaeda significava rinvigorirsi e fare leva su un “marchio” di successo per avere maggiore attenzione, finanziamenti e reclute. Ma gli Stati Uniti e i loro alleati riuscirono a contrastare la leadership di alQaeda e a ridurre di molto la sua capacità di attacco. Così mentre i gruppi affiliati diventavano più forti e influenti, il nucleo centrale perdeva importanza, sia sul campo sia sul piano ideologico. Le tensioni tra alQaeda e i suoi affiliati si sentivano già nel 2005, come testimoniano le interazioni tra al-Zawahiri e al-Zarqawi. Nel 2013 il prestigio di alQaeda era così scemato che lo Stato Islamico ne rifiutò apertamente le direttive, si staccò definitivamente a gennaio 2014 e proclamò il Califfato a giugno 2014.

Il motivo principale del declino di alQaeda è stato il senso di frustrazione crescente provato dagli jihadisti nei confronti di proclami e minacce senza risultato. Dopo l’attacco dell’11 settembre, il gruppo non è più riuscito a mettere a segno grandi attentati. Negli ultimi anni persino Osama Bin Laden venne accusato di codardia da parte di jihadisti che gli rimproveravano di nascondersi dagli Americani invece di attaccarli. Nel giro di poco più di un decennio, alQaeda era diventato irrilevante come modello per gli jihadisti.

La stessa dinamica si riscontra di solito anche negli altri gruppi radicali, dal movimento per la Supremazia Bianca agli ambientalisti e animalisti. I membri giovani subiscono con frustrazione l’inattività della vecchia guardia, quindi si staccano per fondare sezioni più radicali. I nuovi gruppi si scontrano a loro volta con le difficoltà, soprattutto se sono braccati dalle forze dell’ordine e dai servizi di sicurezza, e ricadono nell’inefficienza che caratterizzava i gruppi originari dai quali si erano staccati.

AlQaeda proclamava che “a forza di attacchi, prima o poi realizzeremo il Califfato”, ma i risultati non si vedevano e la frustrazione cresceva. Lo Stato Islamico ha invece proposto il messaggio, “Il Califfato è qui”. I successi dello Stato Islamico, ottenuti sul campo in Iraq, hanno fatto da cassa di risonanza e hanno convinto gli jihadisti che ciò che stavano aspettando era finalmente arrivato.

Realizzare il Califfato è un compito così forte da giustificare i mezzi utilizzati, benché estremamente violenti e atroci. Per citare Simon Sinek, esperto di leadership, “Le persone non ti seguono per ciò che fai, ma per il motivo per cui lo fai. Ciò che fai dimostra semplicemente ciò che credi”. Il motivo delle azioni dello Stato Islamico esercita un’attrattiva molto forte sui movimenti jihadisti di tutto il mondo. Le atrocità commesse dimostrano che i combattenti dello Stato Islamico sono veri credenti che non temono conseguenze né ripercussioni.

Il messaggio dello Stato Islamico conquista soprattutto individui emarginati, emotivamente sedotti dall’idea di appartenere a un gruppo radicale. Si pensi non soltanto agli aspiranti combattenti, o alle giovani aspiranti spose che partono per la Siria, ma anche ai lupi solitari che organizzano attacchi. L’attrattiva dello Stato Islamico però fa presa su una fetta limitata di popolazione: molti destinatari del loro messaggio condannano le atrocità e i brutali attacchi dello Stato Islamico contro altri musulmani.

 

Impatto dell’attrattiva

Numerosi gruppi, come Boko Haram, cercavano di copiare il metodi operativi dell’IS anche prima di affiliarsi: sequestri di ragazze, attacchi contro i musulmani ‘apostati’, conquista di vaste porzioni di territorio su cui istituire un Califfato islamico. Anche i recenti attacchi suicidi nelle moschee di Sana’a in Yemen sembrano influenzati dai metodi di IS.

Lo Stato Islamico sa anche sfruttare i social media molto meglio di alQaeda. L’attività sui social media accompagna l’avanzata sul campo, attrae investimenti e aspiranti combattenti dall’estero, oltre a incitare gli islamisti facenti parte di comunità musulmane locali a condurre attacchi in occidente.

Non è passato nemmeno un anno da quando l’IS ha annunciato l’istituzione del Califfato. Ora il gruppo sta già registrando sconfitte significative sul campo. I leader giustificano le perdite con le profezie, perché per la loro ideologia apocalittica soltanto uno sparuto gruppo di veri credenti sopravvivrà per combattere la battaglia finale a Dabiq, in Siria, dove, sotto la guida del profeta Isa (Gesù), sconfiggerà “i Crociati” guidati dall’Anticristo. Tuttavia l’entusiasmo dei più scemerà quando si renderanno conto che lo Stato Islamico non riesce a mantenere le promesse. Si dice che molti combattenti stranieri siano già stati giustiziati per aver tentato di lasciare lo Stato Islamico e tornare a casa.

È inoltre importante notare che quando lo Stato Islamico annuncia l’istituzione di una nuova affiliazione – viene usato il termine wilayat, provincia – al di fuori di Siria e Iraq, si riferisce a gruppi jihadisti pre-esistenti, raramente a gruppi di nuova formazione.

In Tunisia sin dal 2012 è viva la guerriglia condotta da Ansar al-Sharia nella provincia di Kasserine. La brigata Uqba ibn Nafi, che il governo tunisino ritiene responsabile dell’attacco al museo Bardo, ha da poco annunciato la propria affiliazione allo Stato Islamico, ma proviene da Ansar al-Sharia. Altri esempi di gruppi pre-esistenti che hanno proclamato la loro affiliazione allo Stato Islamico sono Jund al-Khalifa in Algeria (fazione di al- Qaeda nel Maghreb Islamico); la fazione di Ansar Beit al-Maqdis attiva in Sinai; Boko Haram; alcuni elementi dei talebani pakistani; la fazione daghestana dell’Emirato del Caucaso; una fazione di Abu Sayyaf nelle lontane Filippine!

L’ascesa e i successi dello Stato Islamico hanno accelerato il processo di frazionamento di alQaeda. Lo Stato Islamico sta in sostanza inglobando gruppi jihadisti che in precedenza facevano capo ad alQaeda. Inoltre in Siria, Pakistan e Libia i gruppi affiliati all’IS stanno attaccando altri jihadisti. La tendenza alla divisione in fazioni e le uccisioni di jihadisti da parte di altri jihadisti portano a pensare che prima o poi il movimento jihadista globale, invece di trionfare, subirà una netta sconfitta.

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