South Stream: la mossa di Putin
rafforza la posizione della Turchia

04/12/2014

Il primo dicembre il presidente Putin ha annunciato la cancellazione del progetto South Stream, accusando la Commissione Europea di avere un atteggiamento “non cooperativo.” Si farà invece – ma per ora si tratta di annunci - un gasdotto da 63 miliardi di metri cubi che porterà il gas russo alla Turchia, e di qui giungerà al confine con la Grecia, dunque al confine meridionale dell’UE. 

Ogni ulteriore transito nella penisola balcanica è possibile, ma dipenderà da decisioni europee. Putin esce così da un impasse con il tono del vincitore: costretto a rinunciare al progetto per gli ostacoli posti dall’UE con il Terzo Pacchetto dell’energia (che proibisce che le infrastrutture di trasporto dell’energia appartengano alle aziende che producono e vendono energia) e poi con le sanzioni, annuncia la rinuncia come una vittoria politica: la costruzione di stretti rapporti con la Turchia.

Corteggiando Ankara, Mosca spera di allontanarla dalla sfera d’influenza occidentale e in particolare di sabotare i piani degli USA, che da tempo effettuano pressioni sulla Turchia perché svolga un ruolo chiave sia nel contenimento delle guerre civili in atto in Siria, sia nella strategia di diversificazione energetica dell’Europa. La Turchia inoltre è tradizionalmente un paese chiave in qualunque strategia di contenimento della Russia sul Mar Nero. 

La Turchia importa una grande parte dell’energia che consuma dalla Russia, ed ha comunque l’interesse a ritagliarsi un ruolo “neutrale” per ottenere il massimo da entrambi i contendenti. Attraverso il suolo turco già transita il petrolio diretto in Europa e presto potrebbe scorrere il gas azero e turkmeno – se il gasdotto Trans-Caspian vedrà la luce.

La recente proposta russa offre ad Ankara una nuova carta da giocare nelle relazioni internazionali: in particolare per spingere gli Stati Uniti ad accettare le richieste della Turchia per in Medio Oriente. La Turchia esita ad assumere un ruolo di peso contro lo Stato islamico perchè vuole l’impegno dell’Occidente a promuovere il rovesciamento di Assad in Siria, e la garanzia che non si favorisca in nessun modo la creazione di un stato indipendente curdo in Iraq, che potrebbe attrarre nella sua orbita anche i Curdi di Siria e Turchia. Ankara è certamente soddisfatta dell’accordo appena raggiunto fra il Governo Regionale Curdo e il governo centrale in Iraq per l’esportazione del petrolio direttamente da Kirkuk alla Turchia: dal 2015 la Turchia riceverà 300.000 barili di petrolio il giorno attraverso l’oleodotto della regione curda, ma con l’accordo di Bagdad, che incasserà il controvalore dalla Turchia. Bagdad in cambio sovvenzionerà con 1 miliardo di dollari i Peshmerga curdi che combattono contro lo Stato Islamico, e attribuirà il 17% del budget statale iracheno al Governo Regionale Curdo, per pagare i costi dei servizi pubblici. 

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