Psicologia delle folle
di Gustave Le Bon

18/11/2014

Pubblicato nel 1895, questo saggio ebbe un’enorme influenza sulle generazioni di uomini politici che si formarono nei primi decenni del ‘900, inclusi Lenin, Mussolini e – soprattutto − Hitler. Costoro utilizzarono le osservazioni di Le Bon nella propria carriera politica per conquistare e mantenere il consenso popolare che fu la base del loro potere.

Gustave Le Bon non poteva prevedere le conseguenze di questo suo saggio. Fu un conservatore disincantato, un acuto osservatore, uno studioso e sperimentatore in vari campi. Il suo saggio riflette, come direbbe lui stesso, le opinioni radicate del suo tempo, fra cui la convinzione − che non è più ragionevolmente sostenibile − che esista un rapporto fra le credenze dei popoli, il loro territorio, le loro istituzioni politiche e sociali e la loro discendenza per sangue. Ma le osservazioni di Le Bon sulla psicologia delle folle e sulle caratteristiche della comunicazione manipolatrice sono molto acute e hanno influenzato schiere di studiosi che dopo di lui scrissero sugli stessi argomenti, da Freud, a Canetti a Mc Luhan. 

Il  saggio è suddiviso in tre libri, ogni libro in più capitoli. Estrapoliamo dal testo una serie di frasi che aiutino a capire il contenuto del testo nel suo insieme, e soprattutto le idee che più influenzarono la comunicazione politica dei dittatori del ‘900.

 

LIBRO PRIMO - L’ANIMA DELLE FOLLE

Capitolo primo

Un agglomerato di uomini possiede caratteristiche nuove ben diverse da quelle dei singoli individui che lo compongono […] i sentimenti e le idee di tutte le unità si orientano nella medesima direzione. Si forma così un’anima collettiva.. […] la stessa cosa accade in chimica…’  e questo è possibile perché ‘la parte consapevole dello spirito ha una parte minima rispetto alla vita inconsapevole di esso. ‘Nell’anima collettiva […] i caratteri inconsci predominano’. Perciò ‘le folle non sono in grado di compiere atti che esigano una grande intelligenza’.

Che caratteristiche ha la folla?

-          A) ‘L’individuo in una folla acquista, per il solo fatto del numero, un sentimento di potenza invincibile’ eil senso di responsabilità scompare del tutto’.

-          B) ‘Ogni sentimento, ogni atto è contagioso in una folla […] a tal punto che l’individuo sacrifica molto facilmente il proprio interesse personale all’interesse collettivo’.

-          C) È estremamente suggestionabile. ‘Per il solo fatto di appartenere a una folla, l’uomo scende di parecchi gradini la scala della civiltà’ e mostra ‘facilità a lasciarsi impressionare dalle parole e dalle immagini, a farsi trascinare in atti lesivi dei suoi più evidenti interessi. L’individuo nella folla è un granello di sabbia tra altri granelli di sabbia che il vento solleva a suo piacere’.

Perciò ‘la folla è sempre intellettualmente inferiore all’uomo isolato’.

 

Capitolo secondo

Nelle folle non c’è premeditazione’ […] ‘somigliano alle foglie che l’uragano solleva, disperde e poi lascia ricadere’. ‘La folla pensa per immagini, e l’immagine evocata evoca a sua volta una serie di altre immagini senza alcun nesso logico con la prima’.

I suoi sentimenti sono semplici ed esagerati, perciò ‘l’oratore che vuole sedurla deve abusare di dichiarazioni violente. Esagerare, affermare, ripetere e mai tentare di dimostrare alcunché con il ragionamento’.  Le folle ‘accettano oppure respingono in blocco le opinioni’ […] ‘L’individuo può accettare di essere contraddetto e di discutere, la folla non lo tollera mai.’

Le loro simpatie non sono mai andate ai padroni troppo buoni, ma ai tiranni che le hanno con vigore dominate’ […] ‘Sempre ponta a sollevarsi contro un’autorità debole, la folla si inchina servile davanti ad un’autorità forte’.

Le folle ‘hanno istinti conservatori irriducibili e, come tutti i primitivi, un rispetto feticistico per le tradizioni, un orrore inconscio delle novità capaci di modificare le reali condizioni di vita’.

La folla è capace di uccidere, di incendiare e di commettere ogni sorta di crimini.  Eppure ‘soltanto le collettività sono capaci di grande abnegazione e di grande disinteresse’.

 

Capitolo terzo

‘Ogni civiltà deriva da un piccolissimo numero di idee fondamentali raramente rinnovate […] Le idee fondamentali acquistano grande stabilità grazie all’ambiente, all’ereditarietà e alla pubblica opinione’.

Le idee suggerite alle folle ‘possono diventare predominanti soltanto se rivestono una forma semplicissima, che per di più sia traducibile in immagini’ […] ‘esse possono sostituirsi l’una all’altra come le lastre della lanterna magica che l’operatore toglie dalle scatole dove erano conservate una sull’altra. […] Seguendo l’impulso del momento la folla sarà influenzata dall’una o dall’altra delle diverse idee immagazzinate nel suo cervello e commetterà, di conseguenza, gli atti più disparati’. Ma questa non è una caratteristica che deve stupire davvero, in quanto ‘soltanto le idee ereditarie sono abbastanza potenti nell’individuo isolato per diventare veri motivi di comportamento’.

‘Per il solo fatto di arrivare fino alle folle e commuoverle, un’idea viene privata di tutto ciò che la rendeva elevata e grandiosa’ […] ‘L’idea può agire soltanto se … riesce a penetrare nell’inconscio e a diventare un sentimento’ ,  ma ‘allorché un’idea finisce per incrostarsi nell’anima delle folle, acquista un potere inarrestabile come avvenne per le idee di uguaglianza sociale all’epoca della Rivoluzione francese.

Associazioni di cose dissimili prive di rapporti apparenti e generalizzazioni immediate di casi particolari, tali sono le caratteristiche della logica collettiva’.

‘L’irreale predomina sul reale’, come a teatro, quando ‘tutta la sala prova contemporaneamente le stesse emozioni’. Per questo i grandi uomini di stato ‘hanno sempre considerato l’immaginazione popolare come il sostegno del loro potere’ […]Tutto ciò che colpisce le folle si presenta sotto forma di un’immagine impressionante e precisa’ […] ‘una grande vittoria, una grande miracolo, un grande delitto, una speranza’. ‘Conoscere l’arte di impressionare l’immaginazione delle folle, vuol dire conoscere l’arte di governare’.

 

Capitolo quarto

‘Le convinzioni delle folle acquistano sempre una forma speciale, che non saprei meglio definire se non come sentimento religioso’ […] ‘ Le folle rivestono di uno stesso potere misterioso la formula politica o il capo vittorioso da cui sono momentaneamente fanatizzate’ […] ‘Al tempo del Terrore, i Giacobini possedevano una religiosità profonda quanto quella dei cattolici al tempo dell’Inquisizione, e il loro crudele ardore derivava dalla stessa fonte’. ‘L’eroe che la folla acclama è per essa veramente un dio. Napoleone lo fu per quindici anni, e mai divinità alcuna ebbe adoratori più convinti. Nessuno poté mandare più facilmente gli uomini alla morte.’ […] ‘Si arriva a comprendere in qualche modo la filosofia della storia solo dopo aver ben capito questo punto fondamentale della filosofia delle folle: che per esse o si è un dio, o non si è nulla’. […] ‘Le credenze politiche, divine e sociali si diffondono alla sola condizione di rivestire una forma religiosa che le ponga al riparo della discussione’ […] ‘Non furono i re a provocare la notte di San Bartolomeo o le guerre di religione, come non furono Robespierre, Danton o Saint-Just gli autori del Terrore. Dietro simili avvenimenti c’è sempre l’anima delle folle’.

 

LIBRO SECONDO: LE OPINIONI E LE CREDENZE DELLE FOLLE

Capitolo primo

‘Alcuni fattori remoti hanno carattere generale perché si ritrovano al fondo di tutte le credenze e opinioni delle folle. Sono: la razza, le tradizioni, il tempo, le istituzioni, l’educazione’.

(Le Bon usa il termine ‘razza’ non in senso puramente biologico, ma come noi oggi usiamo la parola ‘etnia’, per indicare l’ insieme − piuttosto vago e confuso − di caratteristiche di un gruppo umano).

‘Le tradizioni rappresentano le idee, i bisogni, i sentimenti del passato. Sono la sintesi della razza e gravano su noi con tutto il loro peso’. ‘Un popolo è un organismo creato dal passato. Come ogni organismo non può modificarsi se non attraverso lente accumulazioni ereditarie- […] La vera guida dei popoli sono le tradizioni. Senza tradizioni, vale a dire senza anima nazionale, non è possibile alcuna forma di civiltà’.

I conservatori più tenaci delle idee tradizionali sono proprio le folle’.

‘Il tempo è il vero creatore e il vero distruttore. Per trasformare un fenomeno qualsiasi basta fare trascorrere i secoli. […] se una formica ne avesse il tempo, potrebbe radere al suolo il Monte Bianco.’ ‘Il tempo prepara le opinioni e le credenze delle folle. […] Le idee sono figlie del passato, madri dell’avvenire, sempre schiave del tempo. Quest’ultimo è dunque il nostro vero padrone. Le organizzazioni politiche e sociali sono costruzioni che richiedono secoli. […] Un popolo non sceglie le istituzioni a suo piacimento così come non sceglie il colore degli occhi o dei capelli. Le istituzioni e i governi rappresentano il prodotto della razza. Sono creati da un’epoca e non la creano. I popoli non vengono governati secondo i capricci del momento, ma come il loro carattere impone’ (è il concetto hegeliano che esista un legame diretto fra discendenza di sangue, appartenenza al territorio, tradizioni,  istituzioni nazionali e caratteri nazionali. L’esistenza stessa di paesi come gli USA, il Canada, l’Australia ed altri ‘melting pot’ dimostrano l’inconsistenza di tale teoria, ndc).

‘Le istituzioni non hanno virtù intrinseche; non sono in sé né buone né cattive’. […] Il destino dei popoli è determinato dal loro carattere e non dai loro governi’. È inutile perciò ‘perdere il proprio tempo a fabbricare costituzioni’. (Falso: istituzioni che permettano l’espressione di più voci e di più interessi si sono sempre rivelate migliori tutrici dell’interesse generale rispetto alle istituzioni assolutiste, e lo stesso Le Bon ipotizzerà che così possa essere, nell’ultimo capitolo del libro).

L’istruzione non rende l’uomo né più morale né più felice, non ne cambia gli istinti e le passioni ereditarie […] può, se mal diretta, diventare molto più dannosa che utile. […] l’attuale educazione trasforma in nemici della società un gran numero di coloro che l’hanno ricevuta’. Perché può ‘ispirare a chi l’ha ricevuta un disgusto violento della condizione in cui è nato, e l’intenso desiderio di uscirne. L’operaio non vuole più restare operaio, il contadino non vuole più essere contadino, e l’ultimo dei borghesi ritiene che l’unica carriera possibile per i suoi figli sia quella statale. […] Nei gradini bassi della scala sociale, essa crea gli eserciti proletari malcontenti della loro sorte … in quelli alti una borghesia frivola,.. impregnata di una fiducia superstiziosa nello Stato provvidenziale – … sempre pronta a scaricare sul governo la colpa dei propri errori, incapace di intraprendere qualunque cosa senza l’intervento dell’autorità. Lo stato che fabbrica a colpi di manuali tutti questi diplomati può utilizzarne soltanto una piccola parte’. ‘Con l’acquisizione di conoscenze inutilizzabili l’uomo si trasforma sempre in ribelle’. Le Bon loda invece la formazione professionale e tecnica sul campo, e sostiene che ‘questo procedimento è molto più democratico e utile alla società di quello che fa dipendere tutta la carriera di un individuo da un esame di qualche ora subito fra i diciotto e i vent’anni’.

L’insegnamento dato alla gioventù di un paese permette di prevedere in qualche misura il destino di quel paese. […] La scuola crea oggi i malcontenti e gli anarchici, e prepara per i popoli latini le ore della decadenza’.

 

Capitolo secondo

Il potere di una parola non dipende dal suo significato, ma dall’immagine che essa suscita. I termini dal significato più confuso possiedono a volte il più grande potere. Così ad esempio i termini democrazia, socialismo, eguaglianza, libertà, eccetera, il cui significato è tanto vago che grossi volumi non bastano a precisarlo. Eppure, un potere veramente magico si lega a quelle brevi sillabe, come se contenessero la soluzione di ogni problema’ […]Le immagini evocate dalle parole variano da un’epoca all’altra, da un popolo all’altro, pur restando identiche le formule’. […] Gli uomini della Rivoluzione francese, che si figuravano di imitare i Greci e i Romani, non facevano altro che dare alle parole antiche un senso che non avevano mai posseduto’. ‘Quando le folle finiscono col professare un’antipatia profonda per le immagini evocate da certe parole, il primo dovere di un autentico uomo di Stato è quello di cambiare tali parole senza, beninteso, mutare nulla nella sostanza’.

L’arte degli uomini di governo […] consiste soprattutto nel sapiente uso delle parole. Arte difficile giacché, nella medesima società, le parole assumono spesso significati diversi nei diversi strati sociali. Questi, in apparenza usano le stesse parole, in realtà parlano lingue diverse.[…] In una stessa epoca, presso popoli di pari civiltà ma di razza diversa, a parole identiche corrispondono assai spesso idee estremamente dissimili’. (Le Bon fa l’esempio del significato diverso di ‘democrazia’ e ‘socialismo’ per le culture latine e per le culture anglosassoni).

‘Fin dall’aurora della civiltà, i popoli hanno sempre subito l’influenza delle illusioni, e in onore di chi creò le illusioni hanno innalzato il maggior numero di templi, di statue, di altari. […] Tutti i nostri concetti artistici, politici o sociali portano senza eccezioni la loro impronta. […] Poiché però le illusioni sono necessarie ai popoli, questi vanno per istinto incontro ai retori che gliele offrono, così come un insetto va incontro alla luce. […] Le folle non hanno mai avuto sete di verità. Davanti alle evidenze sgradevoli, si ritraggono, preferendo deificare l’errore, se questo le seduce. Chi sa illuderle diventa facilmente il loro padrone; chi tenta di disilluderle è sempre la loro vittima’.

‘Le folle non sono influenzabili dai ragionamenti, ma soltanto da grossolane associazioni di idee. […] Ecco perché gli oratori che sanno impressionarle fanno appello ai sentimenti e mai al raziocinio’.

‘Non è sicuro che la ragione umana sarebbe riuscita a trascinare l’umanità verso la via della civiltà con l’ardore e la baldanza suggeriti dalle chimere. Figlie dell’inconscio che ci guida, tali chimere erano probabilmente necessarie’ […] ‘ Sembra a volte che i popoli siano sottomessi a forze segrete che ancora non siamo in grado di conoscere, simili a quelle che obbligano la ghianda a trasformarsi in quercia o la cometa a seguire la sua orbita’.

 

Capitolo Terzo

Non appena un certo numero di esseri viventi sono riuniti – si tratti di una mandria di animali o di una folla d’uomini – ricercano d’istinto l’autorità di un capo, di un trascinatore. […] La sua volontà costituisce il nucleo attorno al quale si formano e si identificano le opinioni. La folla è un gregge che non può fare a meno di un padrone. Nella maggior parte dei casi il capo è stato dapprima soltanto un gregario, ipnotizzato dall’idea di cui in seguito è diventato l’apostolo. Questa idea l’ha invaso in modo tale che nulla più esiste al di fuori di essa. […] Così Accadde a Robespierre’.

Il più delle volte i capi non sono uomini di pensiero, ma d’azione. […] vengono reclutati soprattutto fra quei nevrotici, esagitati, semi-alienati che vivono al limite della follia. Per quanto assurda sia l’idea che difendono […] qualunque ragionamento si infrange contro le loro convinzioni. […] Persino l’istinto di conservazione è distrutto, al punto che il martirio costituisce spesso l’unica ricompensa alla quale quegli individui ambiscano. L’intensità della fede conferisce grande forza di suggestione alle loro parole. La moltitudine dà sempre ascolto all’uomo dotato di forte volontà. Gli individui riuniti in folla perdono la volontà e quindi si rivolgono per istinto verso chi ne possiede una. Creare la fede […] ecco soprattutto il compito dei grandi capi. Fra tutte le forze di cui l’umanità dispone, la fede è sempre stata una delle più considerevoli, e con ragione il Vangelo attribuisce ad essa il potere di sollevare le montagne’.

‘L’autorità dei capi è assai dispotica, e anzi riesce a imporsi sol grazie al dispotismo’. […] È sempre un bisogno di servire, non un bisogno di libertà, a dominare l’anima delle folle. La sete di obbedienza le spinge a sottomettersi per istinto a chi se ne dichiara padrone. Spesso non ci si rende conto abbastanza di quel che significhi una volontà forte e costante. Niente le resiste, né la natura, né gli dei, né gli uomini’.

Per convincere le folle, i capi fanno ricorso a tre procedimenti: ‘l’affermazione, la ripetizione, il contagio’.

L’affermazione pura e semplice, svincolata da ogni ragionamento e da ogni prova, costituisce un mezzo sicuro per far penetrare un’idea nello spirito delle folle. Quanto più l’affermazione è concisa, sprovvista di prove e di dimostrazioni, tanto maggiore è la sua autorità. I testi sacri e i codici di ogni tempo hanno sempre proceduto per affermazioni.’ […] ‘Napoleone diceva che esiste una sola figura retorica seria: la ripetizione. Ciò che si afferma finisce, grazie alla ripetizione, col penetrare nelle menti al punto da essere accettato come verità dimostrata’ […] la cosa ripetuta finisce con l’incrostarsi nelle regioni profonde dell’inconscio, in cui si elaborano i moventi delle nostre azioni. Dopo qualche tempo, dimenticando chi è l’autore dell’asserzione ripetuta, finiamo col crederci. Così si spiega la forza straordinaria della pubblicità’.

‘Quando una affermazione è stata ripetuta a sufficienza, e sempre nello stesso modo, […] interviene il potente meccanismo del contagio. Le idee, i sentimenti, le emozioni, le credenze possiedono fra le folle un potere contagioso intenso, quanto quello dei microbi’.

Le folle si guidano con dei modelli, non con degli argomenti. In ogni epoca, un piccolo numero di personalità imprimono la loro iniziativa, poi imitate dalle massa incosciente. Tali individualità non devono tuttavia discostarsi troppo dalle idee accettate’. […] ‘La duplice azione del passato e dell’imitazione reciproca finisce col rendere tutti gli uomini di uno stesso paese e di una stessa epoca talmente simili, che anche tra i filosofi, gli scienziati e i letterati il pensiero e lo stile hanno sempre un’aria di famiglia, tale da far riconoscere il tempo al quale appartengono’.

‘Le opinioni e le fedi si propagano per effetto del contagio, quasi mai del ragionamento. […] Ogni opinione popolare finisce col prevalere anche negli strati sociali più alti, per quanto evidente possa essere l’assurdità del suo trionfo’.

‘Le opinioni diffuse per mezzo dell’affermazione, della ripetizione e del contagio, hanno un grande potere perché finiscono con l’acquisire la virtù misteriosa del prestigio. Un fascino che paralizza tutte le nostre facoltà critiche e ci colma di stupore e di rispetto. Il prestigio è la molla più forte di ogni potere’.

‘Pascal aveva giustamente notato quanto fossero necessarie ai giudici le toghe e le parrucche, senza le quali essi perderebbero gran parte della loro autorità’.

Il prestigi secondo Le Bon è spesso il frutto di una serie di ripetizioni. Dato che ‘la storia consiste nella ripetizione di una serie di giudizi che nessuno cerca di controllare, ciascuno finisce col ripetere quello che ha imparato a scuola. Esistono nomi e cose che nessuno oserebbe toccare. […] La caratteristica del prestigio è quella di impedirci di vedere le cose quali sono, di paralizzare i nostri giudizi. […] Il successo delle opinioni è indipendente della parte di verità o di errore che contengono; poggia unicamente sul loro prestigio’.

‘Gli dei, gli eroi e i dogmi si impongono e non si discutono: quando si discutono, svaniscono’.

Maltrattate gli uomini, massacrateli a milioni, provocate invasioni su invasioni, tutto vi è permesso se possedete un sufficiente grado di prestigio e il talento necessario per mantenerlo’ (osservazione scritta a proposito del prestigio e della popolarità di Napoleone).

Il prestigio rappresenta l’elemento fondamentale della persuasione. L’essere, l’idea o la cosa dotati di prestigio sono, grazie al contagio, immediatamente imitati’ (lo riscoprirà Mc Luhan nel 1967 ne ‘Gli strumenti del comunicare’). ‘Nella maggior parte dei casi, l’imitazione è inconscia’.

L’uomo che ha successo, l’idea che si impone, cessano, per questo solo fatto, di essere contestati. L’insuccesso, viceversa, distrugge sempre il prestigio’. […] ‘Robespierre, mentre faceva mozzar le teste dei suoi compagni e di molti contemporanei, possedeva un enorme prestigio. Uno spostamento di pochi voti glielo fece perdere immediatamente, e la folla lo accompagnò alla ghigliottina con le stesse imprecazioni riservate il giorno innanzi alle vittime di lui. I credenti spezzano sempre con furore le statue dei loro ex-dei. Il prestigio rovinato dall’insuccesso scompare di colpo. Il prestigio messo in discussione non è più prestigio. Gli dei e gli uomini che hanno saputo conservare più a lungo il prestigio non hanno mai tollerato la discussione’.

 

Capitolo quarto

Assai limitato è il numero delle grandi credenze generali. La loro formazione e la loro scomparsa costituiscono i punti culminanti della storia della civiltà di ogni razza. Sono la vera impalcatura di ogni civiltà’ […] ‘Le rivoluzioni che cominciano sono in realtà credenze che finiscono. Una grande credenza è condannata a morte il giorno stesso in cui il suo valore comincia a essere discusso. Le credenze generali infatti quasi non sono che finzioni e possono sussistere unicamente se sfuggono a un esame. Ma, anche quando una credenza è molto scossa, le istituzioni che ne derivano conservano il loro potere e si eclissano lentamente’. […] ‘Le credenze generali sono il sostegno necessario delle civiltà; imprimono un orientamento alle idee e sono le sole a ispirare la fede e il senso del dovere’. […] ‘Fu per fondare e preservare credenze generali che il medioevo innalzò tanti roghi’. […] ‘Appena un nuovo dogma si radica nell’animo delle folle, ne ispira le istituzioni, le arti e il comportamento’.

Non deploriamo troppo questo sbriciolamento generale delle opinioni. Non dimentichiamo che, dato l’attuale potere delle folle, se una sola opinione acquistasse abbastanza prestigio da imporsi, sarebbe presto rivestita di una forza così tirannica che tutto dovrebbe piegarsi davanti ad essa. L’epoca della libera discussione finirebbe allora per sempre’. […]Solo l’estrema mobilità delle opinioni e l’indifferenza crescente delle folle verso tutte le credenze generali potrà ritardare l’ora della catastrofe’.

 

LIBRO TERZO- CLASSIFICAZIONE E DESCRIZIONE DELLE DIVERSE CATEGORIE DI FOLLE

Capitolo primo

(Qui è chiaro che per le Bon razza significa etnia, e che è un concetto quasi sovrapponibile a nazione).

‘Una moltitudine composta di individui qualunque, ma che siano tutti inglesi o cinesi, sarà molto diversa da un’altra moltitudine composta di individui qualunque, ma di diverse razze: russi, francesi, spagnoli, eccetera. Una folla latina, sia essa rivoluzionaria o conservatrice, farà invariabilmente appello all’intervento dello Stato per realizzare le proprie esigenze. Una folla inglese o americana, al contrario, ignora lo Stato e si rivolge all’iniziativa privata. Una folla francese si preoccupa soprattutto dell’uguaglianza, ed una folla inglese della libertà. Le differenze fra le razze generano quasi tante specie di folle quante sono le nazioni’. […] ‘Acquistando un’anima solidamente costituita, la razza si sottrae sempre più alla potenza irriflessiva delle folle ed esce dalla barbarie’.  

 

Capitolo secondo

I delitti delle folle sono generalmente determinati da una suggestione fortissima, e gli individui che vi presero parte sono persuasi di aver adempiuto ad un dovere’.

 

Capitolo quarto

‘La prima qualità che un candidato (alle elezioni) deve possedere è il prestigio. […] L’elettore desidera essere lusingato nelle sue brame e nelle sue vanità’ perciò il candidato deve ‘promettergli senza esitazione le cose più fantastiche’. ‘Le promesse esagerate producono sul momento un grande effetto e non impegnano affatto per l’avvenire’.

Occorre ‘tener conto della forza invincibile che hanno le idee quando si trasformano in dogmi’. […] ‘il dogma del suffragio universale possiede la forza che ebbero un tempo i dogmi cristiani. Bisogna dunque considerarlo come un dogma religioso’. Le Bon non si oppone al suffragio universale. Ritiene che le decisioni prese a suffragio universale e quelle prese da oligarchie o da esperti si equivalgano, perché ‘quando appartengono a una folla, […] gli uomini si equivalgono sempre e, di fronte ai problemi di carattere generale, il voto di quaranta accademici non è migliore di quello di quaranta acquaiuoli’. […] ‘Tutti i nostri economisti sono persone istruite, e per lo più sono professori e accademici. Ma c’è una sola questione generale […] sulla quale si siano trovati d’accordo?’.

Lascia un commento

Vuoi partecipare attivamente alla crescita del sito commentando gli articoli e interagendo con gli utenti e con gli autori?
Non devi fare altro che accedere e lasciare il tuo segno.
Ti aspettiamo!

Accedi

Non sei ancora registrato?

Registrati

I vostri commenti

Per questo articolo non sono presenti commenti.